Il saggio affronta la tematica dei beni comuni che la teoria economica tradizionale ha definito come quei beni caratterizzati da non escludibilità, ma rivalità nel consumo, ignorandone tuttavia il sostrato fisico. Per queste caratteristiche essi sono generalmente condannati alla " tragedia" (congestione, conflitto, ipersfruttamento, distruzione, degrado, free riding ), come nel famoso esempio del pascolo aperto a tutti, formulato da Garett Harding , che ha dato il nome a tutta la problematica. Il saggio procede alla definizione di una tassonomia delle varie tipologie di beni comuni (i beni comuni tradizionali, i beni comuni sociali, i beni comuni culturali, i beni comuni di nuova generazione), classificandoli secondo le dimensioni natura/cultura, globale/locale e passando in rassegna, per ciascuna tipologia, gli specifici fallimenti del mercato a cui sono sottoposti ed i rimedi da adottare, pur nella consapevolezza che essi necessitano, a livello teorico, di una prospettiva transdisciplinare e, per la loro salvaguardia, di politiche multidimensionali ed integrate. La " tragedia" dei beni comuni può essere evitata attraverso l'attribuzione di regimi alternativi di diritti di proprietà (privata, pubblica, comune), anche se vanno sempre più diffondendosi forme miste di gestione pubblico-comune o pubblico-privato. La proprietà comune (né privata né pubblica), per essere gestita in modo tale da evitare la tragedia, richiede una forte azione collettiva, meccanismi di auto-governo, accordi istituzionali, nonché un elevato livello di capitale sociale (valori e principio di reciprocità). Il saggio dimostra che i “principi di progettazione" scoperti da Elinor Ostrom che guidano la creazione delle istituzioni di governo dei beni comuni, nell'ambito di un regime di proprietà comune, manifestano molte analogie con quelle che potremmo chiamare “politiche di bene comune” (al singolare). I riusciti esempi di gestione da parte delle comunità di questi beni dimostrano che le loro vicende non sempre si trasformano in " tragedia", ma anche in “commedia" e che gli agenti umani non sono mossi solo da individualismo ed egoismo come il mainstream economico vorrebbe invece dipingerli. Quindi la questione dei beni comuni sembra essere più “una questione di rapporto di cooperazione tra le persone” (secondo la innovativa interpretazione “relazionale” che il saggio offre dei beni comuni), anziché una questione che attiene al rapporto tra il bene (non escludibile, ma rivale) ed il suo usufruitore secondo l'interpretazione classica proposta dall’ economia tradizionale. A tal proposito il saggio individua gli elementi di affinità e di differenziazione tra i beni comuni ed i beni relazionali, che entrano in gioco non solo nella fase di fruizione, ma anche di riconoscimento di un bene comune (costruzione sociale dei beni comuni). Questa affinità rende possibile dare anche un’interpretazione dinamica dei beni comuni dato che la dimensione temporale (cioè la storia pregressa del legame tra persone, la possibilità di reiterare la relazione nel tempo, le congetture sulla durata della relazione nel futuro) può incidere positivamente sulla loro modalità di consumo/manutenzione. Il saggio individua anche i punti di contatto tra i beni comuni ed il dono (relazionale e puro) e tra i beni comuni ed il bene comune. Preso atto che, quando si invera, la "commedia" dei beni comuni ci dimostra che il genere umano non è guidato, come nel caso dell'homo oeconomicus, solo dall’interesse personale, il saggio procede ad una innovativa classificazione delle modalità alternative di risoluzione dei problemi di azione collettiva che riguardano i beni comuni secondo le dimensioni obbligo/libertà ed egoismo/amorevolezza, dimostrando l’esistenza di una pluralità di principi di regolazione, di motivazioni, di razionalità. di forme di management di tali beni.

I beni comuni al crocevia tra simpatia per il prossimo ed interesse personale

MONTESI, Cristina
2013

Abstract

Il saggio affronta la tematica dei beni comuni che la teoria economica tradizionale ha definito come quei beni caratterizzati da non escludibilità, ma rivalità nel consumo, ignorandone tuttavia il sostrato fisico. Per queste caratteristiche essi sono generalmente condannati alla " tragedia" (congestione, conflitto, ipersfruttamento, distruzione, degrado, free riding ), come nel famoso esempio del pascolo aperto a tutti, formulato da Garett Harding , che ha dato il nome a tutta la problematica. Il saggio procede alla definizione di una tassonomia delle varie tipologie di beni comuni (i beni comuni tradizionali, i beni comuni sociali, i beni comuni culturali, i beni comuni di nuova generazione), classificandoli secondo le dimensioni natura/cultura, globale/locale e passando in rassegna, per ciascuna tipologia, gli specifici fallimenti del mercato a cui sono sottoposti ed i rimedi da adottare, pur nella consapevolezza che essi necessitano, a livello teorico, di una prospettiva transdisciplinare e, per la loro salvaguardia, di politiche multidimensionali ed integrate. La " tragedia" dei beni comuni può essere evitata attraverso l'attribuzione di regimi alternativi di diritti di proprietà (privata, pubblica, comune), anche se vanno sempre più diffondendosi forme miste di gestione pubblico-comune o pubblico-privato. La proprietà comune (né privata né pubblica), per essere gestita in modo tale da evitare la tragedia, richiede una forte azione collettiva, meccanismi di auto-governo, accordi istituzionali, nonché un elevato livello di capitale sociale (valori e principio di reciprocità). Il saggio dimostra che i “principi di progettazione" scoperti da Elinor Ostrom che guidano la creazione delle istituzioni di governo dei beni comuni, nell'ambito di un regime di proprietà comune, manifestano molte analogie con quelle che potremmo chiamare “politiche di bene comune” (al singolare). I riusciti esempi di gestione da parte delle comunità di questi beni dimostrano che le loro vicende non sempre si trasformano in " tragedia", ma anche in “commedia" e che gli agenti umani non sono mossi solo da individualismo ed egoismo come il mainstream economico vorrebbe invece dipingerli. Quindi la questione dei beni comuni sembra essere più “una questione di rapporto di cooperazione tra le persone” (secondo la innovativa interpretazione “relazionale” che il saggio offre dei beni comuni), anziché una questione che attiene al rapporto tra il bene (non escludibile, ma rivale) ed il suo usufruitore secondo l'interpretazione classica proposta dall’ economia tradizionale. A tal proposito il saggio individua gli elementi di affinità e di differenziazione tra i beni comuni ed i beni relazionali, che entrano in gioco non solo nella fase di fruizione, ma anche di riconoscimento di un bene comune (costruzione sociale dei beni comuni). Questa affinità rende possibile dare anche un’interpretazione dinamica dei beni comuni dato che la dimensione temporale (cioè la storia pregressa del legame tra persone, la possibilità di reiterare la relazione nel tempo, le congetture sulla durata della relazione nel futuro) può incidere positivamente sulla loro modalità di consumo/manutenzione. Il saggio individua anche i punti di contatto tra i beni comuni ed il dono (relazionale e puro) e tra i beni comuni ed il bene comune. Preso atto che, quando si invera, la "commedia" dei beni comuni ci dimostra che il genere umano non è guidato, come nel caso dell'homo oeconomicus, solo dall’interesse personale, il saggio procede ad una innovativa classificazione delle modalità alternative di risoluzione dei problemi di azione collettiva che riguardano i beni comuni secondo le dimensioni obbligo/libertà ed egoismo/amorevolezza, dimostrando l’esistenza di una pluralità di principi di regolazione, di motivazioni, di razionalità. di forme di management di tali beni.
2013
9788823017849
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1224420
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