Il saggio muove dalla recente trasposizione italiana della direttiva 2007/36/CE, sui diritti degli azionisti delle società quotate, per verificare se le innovazioni apportate al codice civile e al testo unico della finanza in tema di legittimazione all'intervento in assemblea e di esercizio del diritto di voto, anche per delega, abbiano una rilevanza soltanto d'ordine procedimentale o non siano, piuttosto, capaci di riflettersi sulle stesse logiche con le quali si governa la società per azioni, mettendo in discussione il principio "plutocratico" o "capitalistico" di funzionamento della società per azioni. La riflessione passa al vaglio in particolare l'adozione del meccanismo del record date, d'ispirazione anglosassone, quale criterio di legittimazione dell'azionista, e la sostituzione in più luoghi della parola "soci" con "coloro ai quali spetta il diritto di voto", per verificare se anche soggetti non più soci (perché hanno venduto le azioni post record date) o non aventi un rapporto qualificato con le azioni (come i possessori di strumenti finanziari c.d. partecipativi) abbiano un titolo giuridico per partecipare al procedimento assembleare, contendendo ai soci il governo della società. La conclusione è che, nonostante le suddette innovazioni, resta fermo il principio che anche chi vende le azioni dopo il record date sia l'unico che possa opporre la qualità di "azionista" alla società e dunque voti in quanto azionista; inoltre, che anche gli altri soggetti legittimati a partecipare al procedimento assembleare lo siano pur sempre in virtù di un rapporto qualificato con le "azioni" (e non con altri strumenti finanziari, per quanto "partecipativi" e dotati del diritto di voto in ordine alla nomina di un amministratore o di un sindaco "indipendente", in quanto "non-dipende" dall'assemblea); il che è quanto basta per escludere che le recenti innovazioni costituiscano un vulnus al principio capitalistico e che gli stakeholder possano contendere ai soci il governo della società. Del resto, se resta fermo che i voti esercitabili nel procedimento assembleare sono solo quelli derivanti dalle azioni, resta fermo anche il principio plutocratico di funzionamento della società per azioni, che vede i voti assegnati in funzione del numero delle azioni, nel senso che, per quanto il principio "un'azione, un voto" sia modulabile o calmierabile attraverso tetti massimi o il voto scalare, rendendo il voto "meno che proporzionale" al numero delle azioni, tale principio non può mai essere sostituito da un principio opposto (capitalistico o democratico), che renda del tutto inviarianti i voti rispetto al numero delle azioni e renda indifferente il potere alla grandezza della partecipazione sociale. Tali conclusioni non sono, peraltro, smentite neppure dalla recentissima introduzione del "voto plurimo" (art. 2351, comma 4, c. civ.) e della "maggiorazione del voto " (art. 127-quinquies, Tuf), trattandosi di meccanismo volti, non già a recidere il rapporto azioni/voti, bensì a renderlo "più che proporzionale", i voti - anche in tali ipotesi - essendo assegnati “a ciascuna azione”.

Governo societario ed esercizio del diritto di voto

SCHIUMA, Laura
2014

Abstract

Il saggio muove dalla recente trasposizione italiana della direttiva 2007/36/CE, sui diritti degli azionisti delle società quotate, per verificare se le innovazioni apportate al codice civile e al testo unico della finanza in tema di legittimazione all'intervento in assemblea e di esercizio del diritto di voto, anche per delega, abbiano una rilevanza soltanto d'ordine procedimentale o non siano, piuttosto, capaci di riflettersi sulle stesse logiche con le quali si governa la società per azioni, mettendo in discussione il principio "plutocratico" o "capitalistico" di funzionamento della società per azioni. La riflessione passa al vaglio in particolare l'adozione del meccanismo del record date, d'ispirazione anglosassone, quale criterio di legittimazione dell'azionista, e la sostituzione in più luoghi della parola "soci" con "coloro ai quali spetta il diritto di voto", per verificare se anche soggetti non più soci (perché hanno venduto le azioni post record date) o non aventi un rapporto qualificato con le azioni (come i possessori di strumenti finanziari c.d. partecipativi) abbiano un titolo giuridico per partecipare al procedimento assembleare, contendendo ai soci il governo della società. La conclusione è che, nonostante le suddette innovazioni, resta fermo il principio che anche chi vende le azioni dopo il record date sia l'unico che possa opporre la qualità di "azionista" alla società e dunque voti in quanto azionista; inoltre, che anche gli altri soggetti legittimati a partecipare al procedimento assembleare lo siano pur sempre in virtù di un rapporto qualificato con le "azioni" (e non con altri strumenti finanziari, per quanto "partecipativi" e dotati del diritto di voto in ordine alla nomina di un amministratore o di un sindaco "indipendente", in quanto "non-dipende" dall'assemblea); il che è quanto basta per escludere che le recenti innovazioni costituiscano un vulnus al principio capitalistico e che gli stakeholder possano contendere ai soci il governo della società. Del resto, se resta fermo che i voti esercitabili nel procedimento assembleare sono solo quelli derivanti dalle azioni, resta fermo anche il principio plutocratico di funzionamento della società per azioni, che vede i voti assegnati in funzione del numero delle azioni, nel senso che, per quanto il principio "un'azione, un voto" sia modulabile o calmierabile attraverso tetti massimi o il voto scalare, rendendo il voto "meno che proporzionale" al numero delle azioni, tale principio non può mai essere sostituito da un principio opposto (capitalistico o democratico), che renda del tutto inviarianti i voti rispetto al numero delle azioni e renda indifferente il potere alla grandezza della partecipazione sociale. Tali conclusioni non sono, peraltro, smentite neppure dalla recentissima introduzione del "voto plurimo" (art. 2351, comma 4, c. civ.) e della "maggiorazione del voto " (art. 127-quinquies, Tuf), trattandosi di meccanismo volti, non già a recidere il rapporto azioni/voti, bensì a renderlo "più che proporzionale", i voti - anche in tali ipotesi - essendo assegnati “a ciascuna azione”.
2014
9788813341411
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1339511
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