Alla vigilia della prima guerra mondiale pochi paesi come la Romania potevano vantare in politica estera altrettanti punti in comune con l’Italia. Entrambi gli Stati avevano un accordo con la Triplice Alleanza. Nonostante ciò, essi rivendicavano terre irredente nei confini dell’Austria-Ungheria. Allo scoppio della guerra, sia l’Italia che la Romania decisero di restare neutrali. I due Paesi tentarono anche di coordinare le rispettive politiche estere in previsione di una possibile partecipazione al conflitto. Due accordi, uno sottoscritto il 23 settembre 1914 e uno il 6 febbraio 1915, sembrarono consolidare le trattative nel senso di un’azione concordata. Nella fase precedente l’entrata in guerra dell’Italia, la stampa romena prestò la massima attenzione alle vicende interne della "sorella latina", invocando l’affinità culturale e politica tra i due Paesi, sottolineando i comuni interessi geopolitici e insistendo sul fatto che un’azione coordinata dei due Stati avrebbe deciso le sorti della guerra. L’Italia, tuttavia, considerò l’impegno preso con la Romania non vincolante, come dimostrò il fatto che il governo romeno non fu informato delle trattative con l’Intesa, né del patto di Londra, né della decisione di entrare in guerra. Nonostante questa fase fosse seguita da un indebolimento progressivo dei rapporti diplomatici, l’attenzione dell’opinione pubblica romena nei confronti delle scelte del Governo italiano non venne mai meno; divenne anzi sempre più forte quando le sorti dei due Paesi sembrarono divergere in modo definitivo. Il motivo di questo andamento dell’interesse per l’Italia in controtendenza rispetto a quello delle relazioni diplomatiche è da ricercarsi principalmente nelle vicende interne romene. Mentre i leader politici romeni, in particolare il presidente del coniglio Ionel Brătianu, infatti, non nascondevano la propria irritazione nei confronti del tradimento italiano, buona parte dell’opinione pubblica non condivise l’interpretazione di una Italia guidata esclusivamente dal suo “sacro egoismo”. La presa di coscienza, con il passare dei giorni, del fatto che l’ingresso in guerra della Romania non fosse imminente, lasciò infatti la sensazione di un’ennesima occasione perduta, forse quella decisiva. Colpevole, quindi, dell’inattività della Romania, non era considerata l’Italia, ma i “Salandra e Sonnino” romeni, che non avevano avuto il coraggio e l’abilità di cogliere il momento propizio per intervenire.

Romania. Che farà "la nostra sorella maggiore"? La stampa romena e la neutralità italiana (1914-1915)

COSTANTINI, EMANUELA
2015

Abstract

Alla vigilia della prima guerra mondiale pochi paesi come la Romania potevano vantare in politica estera altrettanti punti in comune con l’Italia. Entrambi gli Stati avevano un accordo con la Triplice Alleanza. Nonostante ciò, essi rivendicavano terre irredente nei confini dell’Austria-Ungheria. Allo scoppio della guerra, sia l’Italia che la Romania decisero di restare neutrali. I due Paesi tentarono anche di coordinare le rispettive politiche estere in previsione di una possibile partecipazione al conflitto. Due accordi, uno sottoscritto il 23 settembre 1914 e uno il 6 febbraio 1915, sembrarono consolidare le trattative nel senso di un’azione concordata. Nella fase precedente l’entrata in guerra dell’Italia, la stampa romena prestò la massima attenzione alle vicende interne della "sorella latina", invocando l’affinità culturale e politica tra i due Paesi, sottolineando i comuni interessi geopolitici e insistendo sul fatto che un’azione coordinata dei due Stati avrebbe deciso le sorti della guerra. L’Italia, tuttavia, considerò l’impegno preso con la Romania non vincolante, come dimostrò il fatto che il governo romeno non fu informato delle trattative con l’Intesa, né del patto di Londra, né della decisione di entrare in guerra. Nonostante questa fase fosse seguita da un indebolimento progressivo dei rapporti diplomatici, l’attenzione dell’opinione pubblica romena nei confronti delle scelte del Governo italiano non venne mai meno; divenne anzi sempre più forte quando le sorti dei due Paesi sembrarono divergere in modo definitivo. Il motivo di questo andamento dell’interesse per l’Italia in controtendenza rispetto a quello delle relazioni diplomatiche è da ricercarsi principalmente nelle vicende interne romene. Mentre i leader politici romeni, in particolare il presidente del coniglio Ionel Brătianu, infatti, non nascondevano la propria irritazione nei confronti del tradimento italiano, buona parte dell’opinione pubblica non condivise l’interpretazione di una Italia guidata esclusivamente dal suo “sacro egoismo”. La presa di coscienza, con il passare dei giorni, del fatto che l’ingresso in guerra della Romania non fosse imminente, lasciò infatti la sensazione di un’ennesima occasione perduta, forse quella decisiva. Colpevole, quindi, dell’inattività della Romania, non era considerata l’Italia, ma i “Salandra e Sonnino” romeni, che non avevano avuto il coraggio e l’abilità di cogliere il momento propizio per intervenire.
2015
978-88-00-74599-4
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1359165
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