In un sistema economico ancora agli albori, in cui le complesse dinamiche che oggi permeano e involgono i fenomeni mondiali sono ancora circoscritte a processi elementari, Luca Pacioli nel 1494 scrive il Tractatus XI “De Computis et Scripturis” della Distictio IX della Summa de Aritmetica, Geometria, Proportioni et Proportionalità con l’intento di introdurre nella realtà mercantile del suo tempo un impianto contabile di libri e scritture al quale assegna una funzione contenutistica fondamentale: la conoscenza del “competente e lecito guadagno” conseguito nella conduzione dei propri affari e la composizione quali-quantitativa del capitale. Lo studio di questa opera di ragioneria mostra come ogni innovazione empirica, nata dalle esigenze della prassi, abbia una origine e delle motivazioni che spesso nel tempo vengono perdute o dimenticate e, tra i meriti del Maestro, vi è quello di saperci ricordare che la contabilità, spesso percepita come semplice strumento formale per registrare i fatti aziendali, trae le proprie radici nelle esigenze dei mercanti di avere degli strumenti “scientifici” per assumere decisioni rapide e consapevoli e costituisce il primo anello di quel ramo della ricerca che, nel tempo, ha affinato metodologie di controllo di gestione sempre più evolute. Il disegno che anima il Trattato dei computi non è tanto quello, pur importante, di stabilire le formalità intrinseche ed estrinseche per la tenuta dei libri e di codificare le regole ed i criteri nel procedimento di rilevazione delle operazioni di gestione con il metodo della partita doppia («iuxta comune dictum, ubi non est ordo ibi est confusio»), ma soprattutto quello di affrontare problematiche inerenti l’organizzazione amministrativa. E la grande attenzione che Pacioli comunque dedica agli elementi formali certamente non dipende da un particolare favore verso queste tematiche, ma piuttosto discende dalla necessità di introdurre un nuovo sistema che, pur avendo finalità più profonde, deve in primo luogo acquisire i caratteri della universalità di diffusione e scientificità che solo la classificazione ed il rispetto di regole convenzionali può garantire. Pacioli divide l’opera in due parti: nella prima, tratta dell’«Inventario, che cosa sia Inventario e come tra mercatanti s’abbia a fare»; nella seconda, illustra la «Disposizione, come la s’abbia intendere e in che consiste circa il traffico, e de’ tre libri principali del Corpo mercantesco», quali il “Memoriale” (Prima nota), il “Giornale”, il “Quaderno” (Libro Mastro), ed introduce il “Bilancio del Libro”, documento di straordinaria importanza in quanto costituisce certamente il primo progenitore del nostro bilancio di esercizio. Prima di iniziare l’attività e, successivamente, ad intervalli non sempre ben definiti di tempo, Pacioli suggerisce di redigere in maniera analitica e descrittiva l’inventario di tutti i beni in cui la valutazione, non ancora investita dal ruolo “sociale” dell’impresa e sostanzialmente ispirata a quello che in seguito verrà definito sistema del patrimonio, deve avvenire a prezzo di «commun corso», ossia a valori correnti. Nel processo di rilevazione contabile si afferma il ruolo centrale del Giornale nel quale vengono trasferiti i primi conti usando in contropartita la voce”Cavedale” e, successivamente, rilevate le operazioni di gestione, ad eccezione delle “partite di giro” le quali sono iscritte esclusivamente nel Quaderno. Ed è proprio il Quaderno, che dal giornale trae origine, il Libro attraverso il quale il Maestro ritiene possibile definire le dinamiche economiche mediante il passaggio extra-contabile dei saldi al conto “Pro e Danno («E questo [Prò e Danno] non bisogna si metta in Giornale, ma basta solo nel Quaderno», perché nascono «in quello delle cose avanzate, ovvero mancate, in dare e avere per la quale dirai : Prò e Danno deve dare e Prò e Danno deve avere…») mentre è dopo la chiusura generale dei conti che Pacioli descrive le modalità per la formazione del “Bilancio del Libro”, documento che assume molti dei caratteri posseduti attualmente dal bilancio di esercizio.

Il “Bilancio del Libro” nel Trattato dei Computi di Luca Pacioli

CAVAZZONI, CHRISTIAN
2005

Abstract

In un sistema economico ancora agli albori, in cui le complesse dinamiche che oggi permeano e involgono i fenomeni mondiali sono ancora circoscritte a processi elementari, Luca Pacioli nel 1494 scrive il Tractatus XI “De Computis et Scripturis” della Distictio IX della Summa de Aritmetica, Geometria, Proportioni et Proportionalità con l’intento di introdurre nella realtà mercantile del suo tempo un impianto contabile di libri e scritture al quale assegna una funzione contenutistica fondamentale: la conoscenza del “competente e lecito guadagno” conseguito nella conduzione dei propri affari e la composizione quali-quantitativa del capitale. Lo studio di questa opera di ragioneria mostra come ogni innovazione empirica, nata dalle esigenze della prassi, abbia una origine e delle motivazioni che spesso nel tempo vengono perdute o dimenticate e, tra i meriti del Maestro, vi è quello di saperci ricordare che la contabilità, spesso percepita come semplice strumento formale per registrare i fatti aziendali, trae le proprie radici nelle esigenze dei mercanti di avere degli strumenti “scientifici” per assumere decisioni rapide e consapevoli e costituisce il primo anello di quel ramo della ricerca che, nel tempo, ha affinato metodologie di controllo di gestione sempre più evolute. Il disegno che anima il Trattato dei computi non è tanto quello, pur importante, di stabilire le formalità intrinseche ed estrinseche per la tenuta dei libri e di codificare le regole ed i criteri nel procedimento di rilevazione delle operazioni di gestione con il metodo della partita doppia («iuxta comune dictum, ubi non est ordo ibi est confusio»), ma soprattutto quello di affrontare problematiche inerenti l’organizzazione amministrativa. E la grande attenzione che Pacioli comunque dedica agli elementi formali certamente non dipende da un particolare favore verso queste tematiche, ma piuttosto discende dalla necessità di introdurre un nuovo sistema che, pur avendo finalità più profonde, deve in primo luogo acquisire i caratteri della universalità di diffusione e scientificità che solo la classificazione ed il rispetto di regole convenzionali può garantire. Pacioli divide l’opera in due parti: nella prima, tratta dell’«Inventario, che cosa sia Inventario e come tra mercatanti s’abbia a fare»; nella seconda, illustra la «Disposizione, come la s’abbia intendere e in che consiste circa il traffico, e de’ tre libri principali del Corpo mercantesco», quali il “Memoriale” (Prima nota), il “Giornale”, il “Quaderno” (Libro Mastro), ed introduce il “Bilancio del Libro”, documento di straordinaria importanza in quanto costituisce certamente il primo progenitore del nostro bilancio di esercizio. Prima di iniziare l’attività e, successivamente, ad intervalli non sempre ben definiti di tempo, Pacioli suggerisce di redigere in maniera analitica e descrittiva l’inventario di tutti i beni in cui la valutazione, non ancora investita dal ruolo “sociale” dell’impresa e sostanzialmente ispirata a quello che in seguito verrà definito sistema del patrimonio, deve avvenire a prezzo di «commun corso», ossia a valori correnti. Nel processo di rilevazione contabile si afferma il ruolo centrale del Giornale nel quale vengono trasferiti i primi conti usando in contropartita la voce”Cavedale” e, successivamente, rilevate le operazioni di gestione, ad eccezione delle “partite di giro” le quali sono iscritte esclusivamente nel Quaderno. Ed è proprio il Quaderno, che dal giornale trae origine, il Libro attraverso il quale il Maestro ritiene possibile definire le dinamiche economiche mediante il passaggio extra-contabile dei saldi al conto “Pro e Danno («E questo [Prò e Danno] non bisogna si metta in Giornale, ma basta solo nel Quaderno», perché nascono «in quello delle cose avanzate, ovvero mancate, in dare e avere per la quale dirai : Prò e Danno deve dare e Prò e Danno deve avere…») mentre è dopo la chiusura generale dei conti che Pacioli descrive le modalità per la formazione del “Bilancio del Libro”, documento che assume molti dei caratteri posseduti attualmente dal bilancio di esercizio.
2005
8885333583
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/140976
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