Il contributo si interroga se e in quale misura possa dirsi esistente un vero e proprio diritto di accesso all’acqua garantito dall’ordinamento internazionale con riferimento a tutti gli individui. Pur essendo innegabile che l’acqua è una risorsa vitale e non sostituibile, contesa in varie regioni del mondo e la seconda causa scatenante dei conflitti, dopo la terra e il petrolio, l’autrice nota che, quando si tenta di rinvenire la specifica base giuridica del diritto di accesso all’acqua all’interno delle principali convenzioni multilaterali sulla protezione dei diritti umani, se ne trova soltanto una di tipo indiretto, in quanto, salvo poche eccezioni, non si rinviene un riferimento esplicito al diritto di ogni individuo ad un adeguato accesso alle risorse idriche; inoltre nota che neppure le cd. Water Law conventions si soffermano sul punto. Attraverso l’esame di vari strumenti di soft law e della prassi giurisprudenziale tenta di dimostrare sino a che punto esso abbia potuto trovare un effettivo riconoscimento non solo come bisogno umano vitale (‘vital human need’) ma come vero e proprio diritto soggettivo. Si fa notare che le più recenti risoluzioni dell’Assemblea generale in materia si esprimono facendo un riferimento disgiunto al diritto all’acqua e ai servizi igienico-sanitari e che il diritto di accesso all’acqua nel suo contenuto più essenziale significhi sostanzialmente diritto ad essere liberi dalla sete ed in questi termini non se ne può negare l’esistenza quale diritto umano fondamentale, mentre diversa è la connotazione dell’aspetto legato all’accessibilità ai servizi igienico-sanitari. In tal caso l’attuazione non è immediata e va oltre l’obbligo per lo Stato di rimuovere gli ostacoli per garantirne il godimento.

La difficile affermazione del diritto di accesso all’acqua nell’ordinamento internazionale

Lanciotti, alessandra
2019

Abstract

Il contributo si interroga se e in quale misura possa dirsi esistente un vero e proprio diritto di accesso all’acqua garantito dall’ordinamento internazionale con riferimento a tutti gli individui. Pur essendo innegabile che l’acqua è una risorsa vitale e non sostituibile, contesa in varie regioni del mondo e la seconda causa scatenante dei conflitti, dopo la terra e il petrolio, l’autrice nota che, quando si tenta di rinvenire la specifica base giuridica del diritto di accesso all’acqua all’interno delle principali convenzioni multilaterali sulla protezione dei diritti umani, se ne trova soltanto una di tipo indiretto, in quanto, salvo poche eccezioni, non si rinviene un riferimento esplicito al diritto di ogni individuo ad un adeguato accesso alle risorse idriche; inoltre nota che neppure le cd. Water Law conventions si soffermano sul punto. Attraverso l’esame di vari strumenti di soft law e della prassi giurisprudenziale tenta di dimostrare sino a che punto esso abbia potuto trovare un effettivo riconoscimento non solo come bisogno umano vitale (‘vital human need’) ma come vero e proprio diritto soggettivo. Si fa notare che le più recenti risoluzioni dell’Assemblea generale in materia si esprimono facendo un riferimento disgiunto al diritto all’acqua e ai servizi igienico-sanitari e che il diritto di accesso all’acqua nel suo contenuto più essenziale significhi sostanzialmente diritto ad essere liberi dalla sete ed in questi termini non se ne può negare l’esistenza quale diritto umano fondamentale, mentre diversa è la connotazione dell’aspetto legato all’accessibilità ai servizi igienico-sanitari. In tal caso l’attuazione non è immediata e va oltre l’obbligo per lo Stato di rimuovere gli ostacoli per garantirne il godimento.
2019
978-88-9391-581-6
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