Colmando una antica ma innocua lacuna, la disposizione rende esplicito che il pegno, l’usufrutto ed il sequestro possono avere ad oggetto (non solo i titoli azionari, come già in precedenza, ma) anche la partecipazione in s.r.l. La novità si esaurisce in ciò. Per il resto, infatti, la disposizione rinvia alla disciplina dettata all’art. 2352, in tema di pegno, usufrutto e sequestro di azioni. Rispetto al passato (art. 2352, previgente), la riforma contempla ora espressamente, oltre al pegno e all’usufrutto, anche il sequestro delle azioni e integra poi la precedente disciplina con alcune previsioni riguardanti l’ipotesi di aumento del capitale sociale. Il parzialmente nuovo art. 2352 non contiene invece gli attesi chiarimenti in tema di modi di costituzione e pubblicità di tali diritti e vincoli. La «partecipazione», intesa come posizione giuridica complessiva del socio all’interno della società, comprensiva così di situazioni giuridiche a contenuto patrimoniale e non, può formare oggetto di: i) garanzia di un’obbligazione del socio o di un terzo (pegno; art. 2784). All’autonomia privata non è precluso di vietare, con espressa previsione dell’atto costitutivo, l’assoggettabilità a pegno della quota, ovvero di subordinarne l’ammissibilità alla previa autorizzazione dei soci o degli amministratori. Tale divieto, o le eventuali limitazioni, potranno riguardare qualsiasi negozio che abbia ad oggetto la costituzione, in favore di terzi o anche di soci, di diritti reali limitati o di garanzia o diritti di godimento che abbiano ad oggetto la partecipazione sociale. Pur con le difficoltà di accertamento della fattispecie concreta, sarà necessario, peraltro, verificare se tali vincoli siano effettivamente posti per impedire - come è possibile e consentito all’autonomia privata - la scissione tra titolarità della partecipazione ed esercizio dei diritti sociali, e non già per impedire, sostanzialmente, la trasmissibilità della partecipazione e degli inerenti valori. Mentre, infatti, la asimmetria tra la partecipazione ed i diritti sociali che ne costituiscono il contenuto sarà sempre possibile, mediante e nei limiti della attribuzione di «particolari diritti» ad alcuni soci (art. 2468, co. 3), l’eventuale intrasferibilità della partecipazione (nell’ampia accezione dell’art. 2469, co. 2), realizzata indirettamente con la preclusione dei negozi di cui si è detto, dovrà fare i conti con il diritto di recesso accordato all’art. 2469; ii) usufrutto (legale o volontario). Valgono, a proposito dell’usufrutto volontario, le considerazioni di cui sopra circa la legittimità di divieti o vincoli previsti, nell’atto costitutivo, sulla separabilità nuda proprietà - usufrutto della quota; iii) sequestro (giudiziario, conservativo, convenzionale di cui all’art. 1798, oltre che mezzo di reazione all’eventuale abuso del creditore pignoratizio [art. 2793]). La mancata specificazione non esclude che il sequestro di quota possa essere anche di tipo giudiziario (art. 670 c.p.c), salvo ritenere tuttora incompatibile, con tale misura, la natura giuridica della quota, ovvero ritenere che non trattandosi di un «bene», la quota sia insuscettibile di sequestro. I diritti sociali ed il relativo esercizio, spettano variamente, ossia a seconda della situazione giuridica, e a seconda del vincolo. E così: i) in ipotesi di sequestro, il diritto di voto e qualsiasi altro diritto sociale, ad eccezione del diritto di opzione, spettano al custode. Questi si atterrà al contenuto del provvedimento del giudice (art. 676 c.p.c.), o, in ipotesi di sequestro convenzionale (art. 1 798), al contratto; ii) il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio o all’usufruttuario «salvo convenzione contraria». In caso di contitolarità di usufrutto, l’esercizio del voto spetterà al rappresentante comune; sotto questo profilo l’art. 2352 (richiamato dal 2471-bis) conferma il valore generale della disciplina dell’art. 2347 (sulla contitolarità delle azioni di società). Non si rintracciano poi limiti all’esercizio di tale diritto, che non siano quelli, di portata generale, contenuti nelle singole discipline dei vari istituti (art. 981; art. 1001; art. 2790 ss.). Si deve invece richiamare l’attenzione sulla inammissibilità del ricorso al pegno o all’usufrutto della quota di partecipazione al solo fine di attribuire a un terzo, in forma stabile, l’esercizio del voto; iii) il diritto di opzione spetta, in ognuna delle tre fattispecie (pegno, usufrutto, sequestro), al socio, ed a vantaggio del medesimo si incrementa la quota di partecipazione in ipotesi di aumento di capitale a pagamento. Ove all’esercizio dell’opzione non si accompagni il versamento (o l’acquisto da parte di altri soci) il diritto verrà posto forzosamente in vendita. In caso d’aumento gratuito, l’aumento va a vantaggio dei diritti e dei vincoli istituiti sulla partecipazione ampliandone la base di godimento o garanzia; iv) gli utili spettano all’usufruttuario e al creditore pignoratizio; v) in caso di vendita coattiva della partecipazione (come può avvenire ad iniziativa del creditore pignoratizio nell’ipotesi in cui il socio non provveda ai versamenti richiesti) la società (art. 2470, co. 3) può bloccare l’ingresso dell’aggiudicatario, indicando un altro acquirente (eventualmente, altro socio); vi) Quanto agli altri diritti sociali (es. impugnative; ispezione libri sociali; ecc.) essi spettano sia al socio che al creditore pignoratizio o all’usufruttuario. Il rinvio secco alla normativa sulla s.p.a., non dovrebbe lasciare dubbi sulla necessaria menzione dei «vincoli» nel libro soci (come previsto per la s.p.a. all’art. 2421), indipendentemente dal silenzio, non significativo, dell’art. 2478 che, al co. 1, n. 1, tace sul punto. Per quanto si è detto, l’annotazione del vincolo sul libro soci è condizione per la costituzione del vincolo e/o del diritto e pertanto il problema appare solo formale. Solo sulla base di ragioni sistematiche appare superabile la problematica relativa all’applicabilità della normativa sulla pubblicità (art. 2470); il problema si pone considerato il silenzio serbato sul punto dall’art. 247l-bis, tanto più (apparentemente) significativo ove raffrontato con l’espressa menzione contenuta nell’art. 2471, a proposito della espropriazione della quota.

Pegno, usufrutto e sequestro della partecipazione

PINNARO', Maurizio
2004

Abstract

Colmando una antica ma innocua lacuna, la disposizione rende esplicito che il pegno, l’usufrutto ed il sequestro possono avere ad oggetto (non solo i titoli azionari, come già in precedenza, ma) anche la partecipazione in s.r.l. La novità si esaurisce in ciò. Per il resto, infatti, la disposizione rinvia alla disciplina dettata all’art. 2352, in tema di pegno, usufrutto e sequestro di azioni. Rispetto al passato (art. 2352, previgente), la riforma contempla ora espressamente, oltre al pegno e all’usufrutto, anche il sequestro delle azioni e integra poi la precedente disciplina con alcune previsioni riguardanti l’ipotesi di aumento del capitale sociale. Il parzialmente nuovo art. 2352 non contiene invece gli attesi chiarimenti in tema di modi di costituzione e pubblicità di tali diritti e vincoli. La «partecipazione», intesa come posizione giuridica complessiva del socio all’interno della società, comprensiva così di situazioni giuridiche a contenuto patrimoniale e non, può formare oggetto di: i) garanzia di un’obbligazione del socio o di un terzo (pegno; art. 2784). All’autonomia privata non è precluso di vietare, con espressa previsione dell’atto costitutivo, l’assoggettabilità a pegno della quota, ovvero di subordinarne l’ammissibilità alla previa autorizzazione dei soci o degli amministratori. Tale divieto, o le eventuali limitazioni, potranno riguardare qualsiasi negozio che abbia ad oggetto la costituzione, in favore di terzi o anche di soci, di diritti reali limitati o di garanzia o diritti di godimento che abbiano ad oggetto la partecipazione sociale. Pur con le difficoltà di accertamento della fattispecie concreta, sarà necessario, peraltro, verificare se tali vincoli siano effettivamente posti per impedire - come è possibile e consentito all’autonomia privata - la scissione tra titolarità della partecipazione ed esercizio dei diritti sociali, e non già per impedire, sostanzialmente, la trasmissibilità della partecipazione e degli inerenti valori. Mentre, infatti, la asimmetria tra la partecipazione ed i diritti sociali che ne costituiscono il contenuto sarà sempre possibile, mediante e nei limiti della attribuzione di «particolari diritti» ad alcuni soci (art. 2468, co. 3), l’eventuale intrasferibilità della partecipazione (nell’ampia accezione dell’art. 2469, co. 2), realizzata indirettamente con la preclusione dei negozi di cui si è detto, dovrà fare i conti con il diritto di recesso accordato all’art. 2469; ii) usufrutto (legale o volontario). Valgono, a proposito dell’usufrutto volontario, le considerazioni di cui sopra circa la legittimità di divieti o vincoli previsti, nell’atto costitutivo, sulla separabilità nuda proprietà - usufrutto della quota; iii) sequestro (giudiziario, conservativo, convenzionale di cui all’art. 1798, oltre che mezzo di reazione all’eventuale abuso del creditore pignoratizio [art. 2793]). La mancata specificazione non esclude che il sequestro di quota possa essere anche di tipo giudiziario (art. 670 c.p.c), salvo ritenere tuttora incompatibile, con tale misura, la natura giuridica della quota, ovvero ritenere che non trattandosi di un «bene», la quota sia insuscettibile di sequestro. I diritti sociali ed il relativo esercizio, spettano variamente, ossia a seconda della situazione giuridica, e a seconda del vincolo. E così: i) in ipotesi di sequestro, il diritto di voto e qualsiasi altro diritto sociale, ad eccezione del diritto di opzione, spettano al custode. Questi si atterrà al contenuto del provvedimento del giudice (art. 676 c.p.c.), o, in ipotesi di sequestro convenzionale (art. 1 798), al contratto; ii) il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio o all’usufruttuario «salvo convenzione contraria». In caso di contitolarità di usufrutto, l’esercizio del voto spetterà al rappresentante comune; sotto questo profilo l’art. 2352 (richiamato dal 2471-bis) conferma il valore generale della disciplina dell’art. 2347 (sulla contitolarità delle azioni di società). Non si rintracciano poi limiti all’esercizio di tale diritto, che non siano quelli, di portata generale, contenuti nelle singole discipline dei vari istituti (art. 981; art. 1001; art. 2790 ss.). Si deve invece richiamare l’attenzione sulla inammissibilità del ricorso al pegno o all’usufrutto della quota di partecipazione al solo fine di attribuire a un terzo, in forma stabile, l’esercizio del voto; iii) il diritto di opzione spetta, in ognuna delle tre fattispecie (pegno, usufrutto, sequestro), al socio, ed a vantaggio del medesimo si incrementa la quota di partecipazione in ipotesi di aumento di capitale a pagamento. Ove all’esercizio dell’opzione non si accompagni il versamento (o l’acquisto da parte di altri soci) il diritto verrà posto forzosamente in vendita. In caso d’aumento gratuito, l’aumento va a vantaggio dei diritti e dei vincoli istituiti sulla partecipazione ampliandone la base di godimento o garanzia; iv) gli utili spettano all’usufruttuario e al creditore pignoratizio; v) in caso di vendita coattiva della partecipazione (come può avvenire ad iniziativa del creditore pignoratizio nell’ipotesi in cui il socio non provveda ai versamenti richiesti) la società (art. 2470, co. 3) può bloccare l’ingresso dell’aggiudicatario, indicando un altro acquirente (eventualmente, altro socio); vi) Quanto agli altri diritti sociali (es. impugnative; ispezione libri sociali; ecc.) essi spettano sia al socio che al creditore pignoratizio o all’usufruttuario. Il rinvio secco alla normativa sulla s.p.a., non dovrebbe lasciare dubbi sulla necessaria menzione dei «vincoli» nel libro soci (come previsto per la s.p.a. all’art. 2421), indipendentemente dal silenzio, non significativo, dell’art. 2478 che, al co. 1, n. 1, tace sul punto. Per quanto si è detto, l’annotazione del vincolo sul libro soci è condizione per la costituzione del vincolo e/o del diritto e pertanto il problema appare solo formale. Solo sulla base di ragioni sistematiche appare superabile la problematica relativa all’applicabilità della normativa sulla pubblicità (art. 2470); il problema si pone considerato il silenzio serbato sul punto dall’art. 247l-bis, tanto più (apparentemente) significativo ove raffrontato con l’espressa menzione contenuta nell’art. 2471, a proposito della espropriazione della quota.
2004
9788824315166
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