La non piena consapevolezza di tutte le conseguenze della privatizzazione di una sfera di azione amministrativa porta con sé due tipi di rischi. Il primo è quello di sottovalutarne gli effetti, ammettendola quindi con leggerezza; il secondo è quello di non trarli tutti, perdendone così anche i vantaggi. A ciò può conseguire la creazione di zone grigie, delle quali spesso il giudice amministrativo approfitta per riappropriarsi degli spazi ad esso sottratti dalla privatizzazione. In questa prospettiva, il lavoro monografico analizza proprio la diversa relazione che si crea fra l’azione privata dell’amministrazione e le norme che ne disciplinano l’organizzazione e la funzione nell’ottica del giudice del rapporto: il giudice ordinario. Il campo di indagine prescelto è quello dei poteri che l’amministrazione impiega come datore di lavoro nell’organizzazione degli uffici e nella gestione del personale. Di essi, infatti, si è data tradizionalmente una lettura in chiave pubblicistica, che oggi risulta totalmente capovolta dalla privatizzazione che ha coinvolto questo settore a partire dagli anni ’90. Il confronto fra il modo in cui il giudice amministrativo ricostruiva la legittimità dell’esercizio di quei poteri e il modo in cui attualmente il giudice ordinario ne configura la liceità consente di evidenziare le principali differenze fra potere pubblico e privato dell’amministrazione e quindi di enucleare tutti gli effetti di una privatizzazione. I risultati dell’analisi delineano una serie di conseguenze. La prima è che il potere privato, a differenza di quello pubblico, non è rappresentabile come un’entità unitaria, ma risulta frammentato in quanto definito, di volta in volta, per differenza, dalla dimensione dei diritti che si trova di fronte. Un’altra serie di conseguenze deriva dall’inversione dell’ottica del giudice: mentre quello amministrativo ricostruisce la disciplina da applicare a partire dalle norme sul potere, quello ordinario muove dalla ricognizione delle modalità in cui l’ordinamento garantisce il diritto. Ne consegue, da un lato, il venir meno di una serie di posizioni di forza che il primo faceva discendere dalla generalizzazione di alcuni caratteri autoritativi del potere, dall’altro, l’inapplicabilità al rapporto di alcuni principi che il secondo considera posti a garanzia dell’interesse pubblico e non a diretta tutela del soggetto che si trova di fronte al potere. La sensazione che ne potrebbe discendere è che, quando usa il potere privato, l’amministrazione non debba tenere conto delle finalità pubbliche alle quali è orientata la sua azione. Si tratta, tuttavia, di un’idea non condivisibile, dal momento che anche l’esercizio di un’azione privata è verificabile con riferimento alla funzione in senso ampio. Questo avviene sia sotto il profilo del controllo sul risultato finale dell’azione, sia con riferimento alla correttezza e alla buona fede del comportamento dell’amministrazione, che il giudice ordinario ricostruisce anche tenendo conto dei principi generali ai quali essa deve ispirarsi. Da tutto ciò deriva una diversa rilevanza della funzione della quale, insieme alle altre conseguenze, è bene tenere conto nel momento in cui si voglia procedere ad una privatizzazione “consapevole”.

Giudice e funzione amministrativa. Giudice ordinario e potere privato dell'amministrazione datore di lavoro

PIOGGIA, Alessandra
2004

Abstract

La non piena consapevolezza di tutte le conseguenze della privatizzazione di una sfera di azione amministrativa porta con sé due tipi di rischi. Il primo è quello di sottovalutarne gli effetti, ammettendola quindi con leggerezza; il secondo è quello di non trarli tutti, perdendone così anche i vantaggi. A ciò può conseguire la creazione di zone grigie, delle quali spesso il giudice amministrativo approfitta per riappropriarsi degli spazi ad esso sottratti dalla privatizzazione. In questa prospettiva, il lavoro monografico analizza proprio la diversa relazione che si crea fra l’azione privata dell’amministrazione e le norme che ne disciplinano l’organizzazione e la funzione nell’ottica del giudice del rapporto: il giudice ordinario. Il campo di indagine prescelto è quello dei poteri che l’amministrazione impiega come datore di lavoro nell’organizzazione degli uffici e nella gestione del personale. Di essi, infatti, si è data tradizionalmente una lettura in chiave pubblicistica, che oggi risulta totalmente capovolta dalla privatizzazione che ha coinvolto questo settore a partire dagli anni ’90. Il confronto fra il modo in cui il giudice amministrativo ricostruiva la legittimità dell’esercizio di quei poteri e il modo in cui attualmente il giudice ordinario ne configura la liceità consente di evidenziare le principali differenze fra potere pubblico e privato dell’amministrazione e quindi di enucleare tutti gli effetti di una privatizzazione. I risultati dell’analisi delineano una serie di conseguenze. La prima è che il potere privato, a differenza di quello pubblico, non è rappresentabile come un’entità unitaria, ma risulta frammentato in quanto definito, di volta in volta, per differenza, dalla dimensione dei diritti che si trova di fronte. Un’altra serie di conseguenze deriva dall’inversione dell’ottica del giudice: mentre quello amministrativo ricostruisce la disciplina da applicare a partire dalle norme sul potere, quello ordinario muove dalla ricognizione delle modalità in cui l’ordinamento garantisce il diritto. Ne consegue, da un lato, il venir meno di una serie di posizioni di forza che il primo faceva discendere dalla generalizzazione di alcuni caratteri autoritativi del potere, dall’altro, l’inapplicabilità al rapporto di alcuni principi che il secondo considera posti a garanzia dell’interesse pubblico e non a diretta tutela del soggetto che si trova di fronte al potere. La sensazione che ne potrebbe discendere è che, quando usa il potere privato, l’amministrazione non debba tenere conto delle finalità pubbliche alle quali è orientata la sua azione. Si tratta, tuttavia, di un’idea non condivisibile, dal momento che anche l’esercizio di un’azione privata è verificabile con riferimento alla funzione in senso ampio. Questo avviene sia sotto il profilo del controllo sul risultato finale dell’azione, sia con riferimento alla correttezza e alla buona fede del comportamento dell’amministrazione, che il giudice ordinario ricostruisce anche tenendo conto dei principi generali ai quali essa deve ispirarsi. Da tutto ciò deriva una diversa rilevanza della funzione della quale, insieme alle altre conseguenze, è bene tenere conto nel momento in cui si voglia procedere ad una privatizzazione “consapevole”.
2004
9788814113345
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/16556
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