La problematica dei simboli religiosi e della loro esposizione in pubblico costituisce materia suscettibile di incidere sui contenuti del diritto di libertà religiosa e sullo stesso principio di laicità dello Stato. In particolare, la questione dell'esposizione del crocifisso all’interno delle aule della scuola pubblica è stata oggetto di vivaci dispute in sede dottrinale e di contrastanti pronunce giurisprudenziali, all’esito delle quali la situazione italiana è finita al vaglio della Corte europea per i diritti dell’uomo, che si è pronunciata al riguardo con una duplice decisione. Con una prima sentenza la Corte EDU aveva condannato l'Italia, avendo ritenuto che la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche violasse il diritto dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni ed il diritto degli alunni di credere o meno ad una religione, oltre a contrastare con il dovere dello Stato di rispettare la neutralità nell’esercizio della funzione pubblica, soprattutto in ambito educativo, con violazione congiunta dell’art. 2 del Protocollo n. 1 e dell’art. 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Con la successiva pronuncia della Grande Camera, originata dal ricorso proposto dal governo italiano avverso la precedente statuizione, la Corte di Strasburgo ha invece mutato indirizzo e considerato legittima l'esposizione del simbolo religioso cristiano all'interno della scuola pubblica italiana, facendo leva essenzialmente sul margine di apprezzamento che compete ai singoli Stati nell’applicazione delle disposizioni della Convenzione europea in tema di libertà religiosa e di educazione e relative eventuali limitazioni. In particolare, la Corte ha motivato la propria decisione facendo riferimento alla discrezionalità che deve comunque essere assicurata agli Stati per quanto concerne l’organizzazione dell’insegnamento, il quale per la Corte può contenere anche informazioni di natura religiosa e filosofica, purché non si giunga a forme di indottrinamento. Per i Giudici di Strasburgo la scelta di mantenere o meno l’esposizione del simbolo in questione appartiene alle scelte che riguardano detta organizzazione e possono condurre legittimamente alla presenza in aula del crocifisso, tenuto anche conto delle differenze storiche e culturali presenti nello scenario europeo. Del resto secondo la Corte la croce è un simbolo essenzialmente passivo, non idoneo ad esercitare sugli studenti un’effettiva influenza sotto il profilo delle scelte religiose, né esso risulta in grado di incidere sul diritto dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni filosofiche e religiose. Il contributo, dopo una preliminare disamina delle problematiche generali relative ai simboli religiosi, si occupa della situazione italiana in materia ed in particolare della questione relativa all’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, ripercorrendo la vicenda giurisprudenziale che si è originata sul punto per giungere ad analizzare e sottoporre a critica le statuizioni emanate al riguardo, con pronunce fra loro contrastanti, dalla Corte EDU. Si sottolinea come entrambe le decisioni prestino il fianco a rilievi, laddove la prima risulta ancorata a valutazioni astratte che fanno leva essenzialmente su una concezione assoluta e forse inverosimile della laicità, mentre la seconda appare piuttosto come il risultato di una valutazione politica più che giuridica, frutto presumibilmente di considerazioni di opportunità alla luce delle numerose prese di posizione nel frattempo verificatesi, testimoniate anche dalle opinioni espresse dai soggetti formalmente intervenuti nel giudizio.

Laicità ed esposizione di simboli religiosi nelle aule scolastiche: un difficile connubio (Nota a Corte europea dei diritti umani, 3 novembre 2009, Lautsi c. Italia, ricorso n. 30814/06, e Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande Camera, 18 marzo 2011, Lautsi c. Italia, ricorso n. 30814/06)

CANONICO, Marco
2012

Abstract

La problematica dei simboli religiosi e della loro esposizione in pubblico costituisce materia suscettibile di incidere sui contenuti del diritto di libertà religiosa e sullo stesso principio di laicità dello Stato. In particolare, la questione dell'esposizione del crocifisso all’interno delle aule della scuola pubblica è stata oggetto di vivaci dispute in sede dottrinale e di contrastanti pronunce giurisprudenziali, all’esito delle quali la situazione italiana è finita al vaglio della Corte europea per i diritti dell’uomo, che si è pronunciata al riguardo con una duplice decisione. Con una prima sentenza la Corte EDU aveva condannato l'Italia, avendo ritenuto che la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche violasse il diritto dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni ed il diritto degli alunni di credere o meno ad una religione, oltre a contrastare con il dovere dello Stato di rispettare la neutralità nell’esercizio della funzione pubblica, soprattutto in ambito educativo, con violazione congiunta dell’art. 2 del Protocollo n. 1 e dell’art. 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Con la successiva pronuncia della Grande Camera, originata dal ricorso proposto dal governo italiano avverso la precedente statuizione, la Corte di Strasburgo ha invece mutato indirizzo e considerato legittima l'esposizione del simbolo religioso cristiano all'interno della scuola pubblica italiana, facendo leva essenzialmente sul margine di apprezzamento che compete ai singoli Stati nell’applicazione delle disposizioni della Convenzione europea in tema di libertà religiosa e di educazione e relative eventuali limitazioni. In particolare, la Corte ha motivato la propria decisione facendo riferimento alla discrezionalità che deve comunque essere assicurata agli Stati per quanto concerne l’organizzazione dell’insegnamento, il quale per la Corte può contenere anche informazioni di natura religiosa e filosofica, purché non si giunga a forme di indottrinamento. Per i Giudici di Strasburgo la scelta di mantenere o meno l’esposizione del simbolo in questione appartiene alle scelte che riguardano detta organizzazione e possono condurre legittimamente alla presenza in aula del crocifisso, tenuto anche conto delle differenze storiche e culturali presenti nello scenario europeo. Del resto secondo la Corte la croce è un simbolo essenzialmente passivo, non idoneo ad esercitare sugli studenti un’effettiva influenza sotto il profilo delle scelte religiose, né esso risulta in grado di incidere sul diritto dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni filosofiche e religiose. Il contributo, dopo una preliminare disamina delle problematiche generali relative ai simboli religiosi, si occupa della situazione italiana in materia ed in particolare della questione relativa all’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, ripercorrendo la vicenda giurisprudenziale che si è originata sul punto per giungere ad analizzare e sottoporre a critica le statuizioni emanate al riguardo, con pronunce fra loro contrastanti, dalla Corte EDU. Si sottolinea come entrambe le decisioni prestino il fianco a rilievi, laddove la prima risulta ancorata a valutazioni astratte che fanno leva essenzialmente su una concezione assoluta e forse inverosimile della laicità, mentre la seconda appare piuttosto come il risultato di una valutazione politica più che giuridica, frutto presumibilmente di considerazioni di opportunità alla luce delle numerose prese di posizione nel frattempo verificatesi, testimoniate anche dalle opinioni espresse dai soggetti formalmente intervenuti nel giudizio.
2012
9788824321181
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/920150
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