Questo contributo ha come oggetto il ruolo dei vescovi nel governo della città tardoantica. I privilegi, che Costantino aveva loro garantito, insieme rendendoli responsabili di ‘nutrire i poveri’, permisero che essi continuassero a compiere pubblicamente, con il sostegno della legislazione imperiale, molte funzioni in tutela e protezione dei fedeli, o come operatori di pace, che avevano esercitato entro le proprie congregazioni ancor prima della pace religiosa. Esse erano in stretta relazione con il governo della città e con la sua difesa ma raramente riguardavano la sua amministrazione. Fino alla prima metà del VI secolo, in nessuna regione dell’Impero, l’estensione degli ambiti in cui il patronato vescovile giunse ad essere esercitato implicò l’integrazione del vescovo nella burocrazia o la sua assimilazione a funzionari imperiali. Il cap. 12 della Pragmatica Sanctio, incaricando i vescovi e i più alti notabili locali dell’elezione e del controllo dei governatori provinciali, fu una vera innovazione. Anticipata dalle disposizioni di alcune Novellae giustinianee, essa rifletteva i cambiamenti istituzionali che negli ultimi anni di regno ostrogoto stavano maturando anche nella penisola italica, quali alcune lettere di Cassiodoro prefetto indicano. Come nell’Oriente bizantino, dunque, anche nella Gallia merovingia e franca si stabilirono relazioni nuove tra autorità politiche e vescovi, il cui patronato infine differì in natura, non più solo in estensione, da quello esercitato nei secoli precedenti.
I vescovi e il governo delle città(IV-VI secolo d.C.)
Lizzi, Rita
2018
Abstract
Questo contributo ha come oggetto il ruolo dei vescovi nel governo della città tardoantica. I privilegi, che Costantino aveva loro garantito, insieme rendendoli responsabili di ‘nutrire i poveri’, permisero che essi continuassero a compiere pubblicamente, con il sostegno della legislazione imperiale, molte funzioni in tutela e protezione dei fedeli, o come operatori di pace, che avevano esercitato entro le proprie congregazioni ancor prima della pace religiosa. Esse erano in stretta relazione con il governo della città e con la sua difesa ma raramente riguardavano la sua amministrazione. Fino alla prima metà del VI secolo, in nessuna regione dell’Impero, l’estensione degli ambiti in cui il patronato vescovile giunse ad essere esercitato implicò l’integrazione del vescovo nella burocrazia o la sua assimilazione a funzionari imperiali. Il cap. 12 della Pragmatica Sanctio, incaricando i vescovi e i più alti notabili locali dell’elezione e del controllo dei governatori provinciali, fu una vera innovazione. Anticipata dalle disposizioni di alcune Novellae giustinianee, essa rifletteva i cambiamenti istituzionali che negli ultimi anni di regno ostrogoto stavano maturando anche nella penisola italica, quali alcune lettere di Cassiodoro prefetto indicano. Come nell’Oriente bizantino, dunque, anche nella Gallia merovingia e franca si stabilirono relazioni nuove tra autorità politiche e vescovi, il cui patronato infine differì in natura, non più solo in estensione, da quello esercitato nei secoli precedenti.File | Dimensione | Formato | |
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