I rischi di degrado delle risorse idriche sotterranee: i fattori idrogeologici, climatici, antropici e i metodi di valutazione; introduzione WALTER DRAGONI, Università di Perugia MAURIZIO POLEMIO, CNR-IRPI, Bari In Italia le principali risorse idriche sotterranee si rinvengono nei più importanti acquiferi porosi, rinvenibili nelle aree pianeggianti poste tra le valli più ampie e in prossimità delle coste, nonché nei vasti acquiferi carbonatici, costituiti, ad eccezione degli acquiferi pugliesi, dai massicci montuosi alpini e appenninici. Se si considera che dal punto di vista altimetrico il 35% del territorio dell’Italia settentrionale è da considerarsi di pianura e che tale aliquota scende rispettivamente al 20 e al 9% per il sud e il centro del paese, non sorprende che in Italia settentrionale il prelievo da pozzi fornisce circa l’85% del consumo potabile di acque sotterranee e che nel resto di Italia tale aliquota scenda a circa il 40%, prevalendo il contributo degli efflussi sorgivi. Se pure esistono delle differenze geografiche nella distribuzione dei principali tipi di acquifero e nelle modalità di utilizzazione delle risorse, ciò che accomuna l’intero territorio è la rilevanza strategica delle risorse idriche sotterranee. Se ancora limitiamo l’attenzione al solo uso potabile, il più pregiato e vulnerabile di tale risorsa naturale, si può stimare che in Italia l’aliquota delle risorse garantite dalle acque sotterranee è circa l’80% - 90% del totale. Negli ultimi decenni la crescita demografica ed economica, quest’ultima sostenuta dal ricorso a processi produttivi sempre più complessi e a crescente impatto ambientale, ha determinato due principali tipologie di rischio di degrado. La disponibilità complessiva di risorse idriche sotterranee di buona qualità è sempre più minacciata dal crescente prelievo, in particolare nei periodi più critici, quelli siccitosi, la cui crescente frequenza e gravità sono sempre più spesso da mettersi in relazione al cambiamento climatico in corso. Dal punto di vista qualitativo il crescente numero di centri di pericolo e del carico inquinante potenziale determina condizioni di rischio rilevanti, spesso ignorate o sottostimate per limitata conoscenza dei processi di contaminazione e/o dell’intrinseca vulnerabilità degli acquiferi. Se il complesso della comunità nazionale, andando oltre le fin troppe “buone intenzioni” che non trovano riscontro nella pratica, sembra prestare sempre minore attenzione alla cura delle risorse idriche, la comunità scientifica, in particolare quella operante nell’ambito della Geologia Applicata, è invece particolarmente presente in tutti i settori collegati con la protezione e lo sviluppo razionale della risorsa acqua, e ciò a dispetto delle enormi difficoltà derivanti dalla penosa indisponibilità di risorse economiche. Coerente con questa considerazione è da considerarsi l’esito dei lavori svolti nell’ambito della Sessione S1 “I rischi di degrado delle risorse idriche sotterranee: i fattori idrogeologici, climatici, antropici e i metodi di valutazione”, tenutasi nell’ambito del III Congresso Nazionale AIGA, svoltosi a San Giovanni Valdarno, dal 25 al 27 febbraio 2009. Il Convegno è stato articolato in 25 Sessioni, di cui 4 esplicitamente dedicate alle acque sotterranee. In tale contesto, la Sessione S1 ha visto la presentazione di ben 29 contributi. La sessione orale, seguite da un folto pubblico, è stata caratterizzata dalla vivace attenzione dei presenti, attenzione che ha spesso animato approfondite discussioni dei risultati illustrati dai relatori, mentre le sessione poster ha impegnato non poco gli autori in approfondimenti e descrizioni dei risultati. Questo numero speciale raccoglie 18 note proposte dagli autori che hanno partecipato alla Sessione e che hanno concluso positivamente il processo di revisione, svolto per ciascuna nota da almeno due revisori. Le note descrivono approcci metodologici di diversa natura ma sempre riferiti a rilevanti casi di studio. Trattasi di acquiferi posti in otto diverse regioni, che spaziano dalla Calabria al Piemonte, del cui territorio trattano ben sei distinte note. Cinque note affrontano la problematica della valutazione degli effetti delle modificazioni climatiche e delle modificazioni antropiche sulla disponibilità di risorse idriche sotterranee. Gli interessanti approfondimenti metodologici evidenziano, nelle loro applicazioni a casi di studio, trend in genere negativi ovvero tendenze al calo delle disponibilità. Insolito giacché in controtendenza, in questo contesto, il peculiare studio degli effetti derivanti dalle cessate attività minerarie dell’Iglesiente, in cui si osserva un duraturo e rilevante innalzamento piezometrico. La maggior parte delle note è dedicata alla valutazione e alla mitigazione dei rischi di degradazione qualitativa. L’attenzione è rivolta a una pluralità di fonti, sostanze inquinanti e tipologie di processi di contaminazione. In tale contesto, gli autori hanno posto particolare attenzione nella valutazione di rischi derivanti dalla presenza di nitrati. I risultati complessivi forniti dalle note indicano, con evidente chiarezza, che i rischi di degrado sono tuttora rilevanti e tendenzialmente non decrescenti: è quindi auspicabile che i Geologi Applicati, possibilmente in sinergia con ricercatori e tecnici di altra estrazione ma interessati al problema “acqua”, promuovano numerose ulteriori iniziative su queste tematiche, in modo da contribuire alla presa di coscienza della gravità della situazione e delle possibili risposte in termini di azioni scientificamente robuste e valide dal punto di vista ambientale e sociale. Gli editori intendono ringraziare tutti i revisori che hanno non poco contribuito alla realizzazione di questo numero speciale.

I rischi di degrado delle risorse idriche sotterranee: i fattori idrogeologici, climatici, antropici e i metodi di valutazione. Atti del 3° Congresso Nazionale AIGA, San Giovanni Val d'Arno, 25-27 febbraio 2009.

DRAGONI, Valter Ulderico;
2009

Abstract

I rischi di degrado delle risorse idriche sotterranee: i fattori idrogeologici, climatici, antropici e i metodi di valutazione; introduzione WALTER DRAGONI, Università di Perugia MAURIZIO POLEMIO, CNR-IRPI, Bari In Italia le principali risorse idriche sotterranee si rinvengono nei più importanti acquiferi porosi, rinvenibili nelle aree pianeggianti poste tra le valli più ampie e in prossimità delle coste, nonché nei vasti acquiferi carbonatici, costituiti, ad eccezione degli acquiferi pugliesi, dai massicci montuosi alpini e appenninici. Se si considera che dal punto di vista altimetrico il 35% del territorio dell’Italia settentrionale è da considerarsi di pianura e che tale aliquota scende rispettivamente al 20 e al 9% per il sud e il centro del paese, non sorprende che in Italia settentrionale il prelievo da pozzi fornisce circa l’85% del consumo potabile di acque sotterranee e che nel resto di Italia tale aliquota scenda a circa il 40%, prevalendo il contributo degli efflussi sorgivi. Se pure esistono delle differenze geografiche nella distribuzione dei principali tipi di acquifero e nelle modalità di utilizzazione delle risorse, ciò che accomuna l’intero territorio è la rilevanza strategica delle risorse idriche sotterranee. Se ancora limitiamo l’attenzione al solo uso potabile, il più pregiato e vulnerabile di tale risorsa naturale, si può stimare che in Italia l’aliquota delle risorse garantite dalle acque sotterranee è circa l’80% - 90% del totale. Negli ultimi decenni la crescita demografica ed economica, quest’ultima sostenuta dal ricorso a processi produttivi sempre più complessi e a crescente impatto ambientale, ha determinato due principali tipologie di rischio di degrado. La disponibilità complessiva di risorse idriche sotterranee di buona qualità è sempre più minacciata dal crescente prelievo, in particolare nei periodi più critici, quelli siccitosi, la cui crescente frequenza e gravità sono sempre più spesso da mettersi in relazione al cambiamento climatico in corso. Dal punto di vista qualitativo il crescente numero di centri di pericolo e del carico inquinante potenziale determina condizioni di rischio rilevanti, spesso ignorate o sottostimate per limitata conoscenza dei processi di contaminazione e/o dell’intrinseca vulnerabilità degli acquiferi. Se il complesso della comunità nazionale, andando oltre le fin troppe “buone intenzioni” che non trovano riscontro nella pratica, sembra prestare sempre minore attenzione alla cura delle risorse idriche, la comunità scientifica, in particolare quella operante nell’ambito della Geologia Applicata, è invece particolarmente presente in tutti i settori collegati con la protezione e lo sviluppo razionale della risorsa acqua, e ciò a dispetto delle enormi difficoltà derivanti dalla penosa indisponibilità di risorse economiche. Coerente con questa considerazione è da considerarsi l’esito dei lavori svolti nell’ambito della Sessione S1 “I rischi di degrado delle risorse idriche sotterranee: i fattori idrogeologici, climatici, antropici e i metodi di valutazione”, tenutasi nell’ambito del III Congresso Nazionale AIGA, svoltosi a San Giovanni Valdarno, dal 25 al 27 febbraio 2009. Il Convegno è stato articolato in 25 Sessioni, di cui 4 esplicitamente dedicate alle acque sotterranee. In tale contesto, la Sessione S1 ha visto la presentazione di ben 29 contributi. La sessione orale, seguite da un folto pubblico, è stata caratterizzata dalla vivace attenzione dei presenti, attenzione che ha spesso animato approfondite discussioni dei risultati illustrati dai relatori, mentre le sessione poster ha impegnato non poco gli autori in approfondimenti e descrizioni dei risultati. Questo numero speciale raccoglie 18 note proposte dagli autori che hanno partecipato alla Sessione e che hanno concluso positivamente il processo di revisione, svolto per ciascuna nota da almeno due revisori. Le note descrivono approcci metodologici di diversa natura ma sempre riferiti a rilevanti casi di studio. Trattasi di acquiferi posti in otto diverse regioni, che spaziano dalla Calabria al Piemonte, del cui territorio trattano ben sei distinte note. Cinque note affrontano la problematica della valutazione degli effetti delle modificazioni climatiche e delle modificazioni antropiche sulla disponibilità di risorse idriche sotterranee. Gli interessanti approfondimenti metodologici evidenziano, nelle loro applicazioni a casi di studio, trend in genere negativi ovvero tendenze al calo delle disponibilità. Insolito giacché in controtendenza, in questo contesto, il peculiare studio degli effetti derivanti dalle cessate attività minerarie dell’Iglesiente, in cui si osserva un duraturo e rilevante innalzamento piezometrico. La maggior parte delle note è dedicata alla valutazione e alla mitigazione dei rischi di degradazione qualitativa. L’attenzione è rivolta a una pluralità di fonti, sostanze inquinanti e tipologie di processi di contaminazione. In tale contesto, gli autori hanno posto particolare attenzione nella valutazione di rischi derivanti dalla presenza di nitrati. I risultati complessivi forniti dalle note indicano, con evidente chiarezza, che i rischi di degrado sono tuttora rilevanti e tendenzialmente non decrescenti: è quindi auspicabile che i Geologi Applicati, possibilmente in sinergia con ricercatori e tecnici di altra estrazione ma interessati al problema “acqua”, promuovano numerose ulteriori iniziative su queste tematiche, in modo da contribuire alla presa di coscienza della gravità della situazione e delle possibili risposte in termini di azioni scientificamente robuste e valide dal punto di vista ambientale e sociale. Gli editori intendono ringraziare tutti i revisori che hanno non poco contribuito alla realizzazione di questo numero speciale.
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