Ornamenta urbis propone una nuova interpretazione dei significati e delle regole di percezione delle opere greche riutilizzate negli apparati figurativi degli spazi pubblici di Roma tra la conquista di Siracusa e la costruzione del templum Pacis. In epoca repubblicana e imperiale antichi originali greci giunsero ad affollare i principali complessi di rappresentanza e di ampia frequentazione sociale. Per molto tempo la critica moderna ha sostenuto l’idea che queste opere avessero svolto a Roma la stessa funzione delle opere d’arte moderne apprezzate nei Musei contemporanei per il loro valore artistico. In questo libro si percorre una linea interpretativa diversa, nata negli anni ’70 del ‘900, che ha indagato le opere esposte negli spazi urbani non come oggetti museali ma come elementi che assumevano significati propri nella comunicazione sociale, elitaria o di massa, che quotidianamente si attuava nei complessi realizzati da leaders politici e imperatori nei luoghi più frequentati di Roma. Secondo le testimonianze delle fonti antiche, nelle raffigurazioni di divinità, miti o eroi greci venivano proiettati i valori culturali e politici di élites e ceti medi; inoltre, queste opere, per svolgere la loro funzione espressiva, dovevano adeguarsi alle caratteristiche e ai significati dei luoghi, ambientarsi ovvero dal punto di vista semantico ai tradizionali contesti topografici della città. Gli spazi, sacri o ‘profani’, si rivelano portatori primari di significati e le immagini ne assecondano i valori. In questo senso le opere d’arte greche a Roma sono ornamenta: attributi semantici di spazi o di luoghi, dove le antiche tradizioni religiose si mescolano a poteri e carismi politici, sedimentati e stratificati attraverso il tempo.

Ornamenta urbis. Opere d'arte greche negli spazi romani

BRAVI, ALESSANDRA
2012

Abstract

Ornamenta urbis propone una nuova interpretazione dei significati e delle regole di percezione delle opere greche riutilizzate negli apparati figurativi degli spazi pubblici di Roma tra la conquista di Siracusa e la costruzione del templum Pacis. In epoca repubblicana e imperiale antichi originali greci giunsero ad affollare i principali complessi di rappresentanza e di ampia frequentazione sociale. Per molto tempo la critica moderna ha sostenuto l’idea che queste opere avessero svolto a Roma la stessa funzione delle opere d’arte moderne apprezzate nei Musei contemporanei per il loro valore artistico. In questo libro si percorre una linea interpretativa diversa, nata negli anni ’70 del ‘900, che ha indagato le opere esposte negli spazi urbani non come oggetti museali ma come elementi che assumevano significati propri nella comunicazione sociale, elitaria o di massa, che quotidianamente si attuava nei complessi realizzati da leaders politici e imperatori nei luoghi più frequentati di Roma. Secondo le testimonianze delle fonti antiche, nelle raffigurazioni di divinità, miti o eroi greci venivano proiettati i valori culturali e politici di élites e ceti medi; inoltre, queste opere, per svolgere la loro funzione espressiva, dovevano adeguarsi alle caratteristiche e ai significati dei luoghi, ambientarsi ovvero dal punto di vista semantico ai tradizionali contesti topografici della città. Gli spazi, sacri o ‘profani’, si rivelano portatori primari di significati e le immagini ne assecondano i valori. In questo senso le opere d’arte greche a Roma sono ornamenta: attributi semantici di spazi o di luoghi, dove le antiche tradizioni religiose si mescolano a poteri e carismi politici, sedimentati e stratificati attraverso il tempo.
2012
9788872286807
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1039279
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