Gli imperatori romani furono assimilati sotto più aspetti alla divinità e furono oggetto di culto sia in vita, in quanto portatori di un’energia soprannaturale espressa dal titolo stesso di Augusto, sia dopo la morte, in virtù di un istituto consolidato quale la consecratio. Questa concezione ed i culti connessi sono in linea di principio inconciliabili con la dottrina cristiana, improntata al concetto della trascendenza divina, ma affiorò un termine medio, il culto post mortem, che non trovò del tutto ostili i cristiani, sensibili a due elementi della consecratio: il riconoscimento e la convalida ufficiali dell’operato del bonus princeps (la probatio) e la continuità fra l’opera svolta in vita e la sorte riservatagli dopo la morte (relatio in numerum divorum). Quando morì Costantino, si verificò un fatto siglificativo: a Roma il senato, nel rispetto della tradizione, gli conferì la divinizzazione, mentre a Costantinopoli si sperimentò una contaminazione tra la liturgia cristiana e il protocollo aulico. La Vita Constantini registra correttamente la concorrenzialità fra le due cerimonie, rispettivamente nella ‘città regina’ e nella ‘città preferita’; in quest’ultima la pompè funebre, guidata da Costanzo II, fu seguita dalla celebrazione del sacrificio e dalla sepoltura all’interno della Basilica degli Apostoli, al centro delle dodici stele rappresentanti gli Apostoli. Quello di Costantinopoli fu un esperimento di ‘santificazione’ di Costantino, segnato però da incongruenze che non tardarono ad emergere già negli anni ’50, quando il sarcofago dell’ imperatore ‘pari agli apostoli’ fu rimosso dalla basilica e fu destinato ad un mausoleo, in adiacenza alla basilica, ma fuori dalla stessa, o, per meglio dire acccanto ‘alla porta’. Lo studio ripercorre un’evoluzione, a conclusione della quale la possibilità di ‘santificare’ Costantino risultò compromessa, come spiegano in modo convergente Giovanni Crisostomo, Ambrogio e Agostino. Essi testimoniano un fenomeno a prima vista incomprensibile, quello per cui Costantino non ha ricevuto uno spazio nella liturgia della Chiesa Latina. Misurato sul rapporto fra imperium e sacerdotium il suo ‘modello’ di imperatore risultò inadeguato rispetto alla santificazione degli asceti (Antonio e Ilarione) e dei vescovi (Acolio di Tessalonica, Eusebio di Vercelli, Martino di Tours e Massimo di Torino). .

Costantino fra divinizzazione e santificazione. Una sepoltura contestata

BONAMENTE, Giorgio
2013

Abstract

Gli imperatori romani furono assimilati sotto più aspetti alla divinità e furono oggetto di culto sia in vita, in quanto portatori di un’energia soprannaturale espressa dal titolo stesso di Augusto, sia dopo la morte, in virtù di un istituto consolidato quale la consecratio. Questa concezione ed i culti connessi sono in linea di principio inconciliabili con la dottrina cristiana, improntata al concetto della trascendenza divina, ma affiorò un termine medio, il culto post mortem, che non trovò del tutto ostili i cristiani, sensibili a due elementi della consecratio: il riconoscimento e la convalida ufficiali dell’operato del bonus princeps (la probatio) e la continuità fra l’opera svolta in vita e la sorte riservatagli dopo la morte (relatio in numerum divorum). Quando morì Costantino, si verificò un fatto siglificativo: a Roma il senato, nel rispetto della tradizione, gli conferì la divinizzazione, mentre a Costantinopoli si sperimentò una contaminazione tra la liturgia cristiana e il protocollo aulico. La Vita Constantini registra correttamente la concorrenzialità fra le due cerimonie, rispettivamente nella ‘città regina’ e nella ‘città preferita’; in quest’ultima la pompè funebre, guidata da Costanzo II, fu seguita dalla celebrazione del sacrificio e dalla sepoltura all’interno della Basilica degli Apostoli, al centro delle dodici stele rappresentanti gli Apostoli. Quello di Costantinopoli fu un esperimento di ‘santificazione’ di Costantino, segnato però da incongruenze che non tardarono ad emergere già negli anni ’50, quando il sarcofago dell’ imperatore ‘pari agli apostoli’ fu rimosso dalla basilica e fu destinato ad un mausoleo, in adiacenza alla basilica, ma fuori dalla stessa, o, per meglio dire acccanto ‘alla porta’. Lo studio ripercorre un’evoluzione, a conclusione della quale la possibilità di ‘santificare’ Costantino risultò compromessa, come spiegano in modo convergente Giovanni Crisostomo, Ambrogio e Agostino. Essi testimoniano un fenomeno a prima vista incomprensibile, quello per cui Costantino non ha ricevuto uno spazio nella liturgia della Chiesa Latina. Misurato sul rapporto fra imperium e sacerdotium il suo ‘modello’ di imperatore risultò inadeguato rispetto alla santificazione degli asceti (Antonio e Ilarione) e dei vescovi (Acolio di Tessalonica, Eusebio di Vercelli, Martino di Tours e Massimo di Torino). .
2013
9788812001712
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1122069
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