La modernità del diritto penale si riflette sul settore dei reati contro il patrimonio, dove si intrecciano vecchie e nuove questioni interpretative. Spunti di analisi sono dettati dalla recente giurisprudenza, che definisce l’“atto di disposizione patrimoniale” tipizzato nel delitto di truffa nei termini di un fatto di arricchimento a spese di chi dispone di beni patrimoniali, il quale lo realizza in quanto destinatario dell’inganno. La collaborazione della vittima per effetto del suo errore si intende dunque come requisito indispensabile e differenziale rispetto ai fatti di mera spoliazione da un lato, e rispetto ai reati con collaborazione della vittima per effetto di coartazione dall’altro. La soluzione convince ad approfondire il parametro dell’“atto di disposizione” del patrimonio penalmente tutelato, e a ricostruire quale contrassegno del singolo fatto illecito patrimoniale non l’atto dispositivo in sé, che è categoria generalissima, ma il comportamento collaborativo passivo che si realizza quale momento di reazione ad un dato comportamento delittuoso. L’atteggiamento dispositivo da parte della vittima si definisce infatti in funzione dell’atteggiamento “variamente aggressivo” dell’agente, che, a seconda dei casi subdolo o di contro patente, impone al contro-comportamento della vittima una determinata veste ed un dato contenuto. Ciò porta a declinare le offese all’altrui patrimonio attraverso i contrapposti ed alternativi moduli: della sottrazione invito domino, nel senso che è il reo l’unico protagonista del comportamento efficiente alla causazione del danno; o della consapevolezza circa il “peculiare” contatto materiale/giuridico tra il reo ed il bene da preservare, ora immaginato come legittimo e quindi “coadiuvato” dall’interazione di chi, così, indotto in errore; ora lucidamente percepito da parte della vittima “patrimoniale” come indebito, per cui indebita è intesa pure la prestazione sinallagmatica resa “in corrispondenza”. Una costruzione, quella delineata e proposta, che si spinge ben oltre il segmento dei delitti contro il patrimonio, e si presta a rimettere in gioco i concetti della natura complessa e plurioffensiva del reato, fornendo spunti per una razionale visione di insieme dell’equilibrio interno dell’intero sistema penale.
L’atto dispositivo nei delitti contro il patrimonio. Sezioni e intersezioni del sistema penale
FALCINELLI, Daniela
2013
Abstract
La modernità del diritto penale si riflette sul settore dei reati contro il patrimonio, dove si intrecciano vecchie e nuove questioni interpretative. Spunti di analisi sono dettati dalla recente giurisprudenza, che definisce l’“atto di disposizione patrimoniale” tipizzato nel delitto di truffa nei termini di un fatto di arricchimento a spese di chi dispone di beni patrimoniali, il quale lo realizza in quanto destinatario dell’inganno. La collaborazione della vittima per effetto del suo errore si intende dunque come requisito indispensabile e differenziale rispetto ai fatti di mera spoliazione da un lato, e rispetto ai reati con collaborazione della vittima per effetto di coartazione dall’altro. La soluzione convince ad approfondire il parametro dell’“atto di disposizione” del patrimonio penalmente tutelato, e a ricostruire quale contrassegno del singolo fatto illecito patrimoniale non l’atto dispositivo in sé, che è categoria generalissima, ma il comportamento collaborativo passivo che si realizza quale momento di reazione ad un dato comportamento delittuoso. L’atteggiamento dispositivo da parte della vittima si definisce infatti in funzione dell’atteggiamento “variamente aggressivo” dell’agente, che, a seconda dei casi subdolo o di contro patente, impone al contro-comportamento della vittima una determinata veste ed un dato contenuto. Ciò porta a declinare le offese all’altrui patrimonio attraverso i contrapposti ed alternativi moduli: della sottrazione invito domino, nel senso che è il reo l’unico protagonista del comportamento efficiente alla causazione del danno; o della consapevolezza circa il “peculiare” contatto materiale/giuridico tra il reo ed il bene da preservare, ora immaginato come legittimo e quindi “coadiuvato” dall’interazione di chi, così, indotto in errore; ora lucidamente percepito da parte della vittima “patrimoniale” come indebito, per cui indebita è intesa pure la prestazione sinallagmatica resa “in corrispondenza”. Una costruzione, quella delineata e proposta, che si spinge ben oltre il segmento dei delitti contro il patrimonio, e si presta a rimettere in gioco i concetti della natura complessa e plurioffensiva del reato, fornendo spunti per una razionale visione di insieme dell’equilibrio interno dell’intero sistema penale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.