Nella seconda parte dell’opera “De incarnatione Filii Dei et de vilium animalium auctore ad Scarilam” Fulgenzio di Ruspe risponde al duplice quesito di uno degli interlocutori: da chi e quando furono creati gli insetti e i minuscoli animali che tanto molestano l’uomo? Dal diavolo dopo la cacciata di Adamo dal Paradiso, oppure da Dio prima del peccato, allorché Egli fece tutte le cose? Il contributo esamina le argomentazioni di Fulgenzio, indagandone la metodologia, il rapporto con la tradizione, la collocazione nell’orizzonte del dibattito coevo. In risposta al primo quesito, troviamo una piccola summa sulla creazione “per Verbum”, che tiene sullo sfondo la dottrina anti-ariana sulla Trinità e sul Figlio e mostra l’irragionevolezza di chi vorrebbe escludere dal novero delle creature di Dio i soli “vilia animalia”. Se tutte le creature sono buone, è però innegabile la contraddittorietà dell’esperienza. Fulgenzio invita dunque ad esercitare un giudizio che non si arresti alla superficie delle cose, ma le valuti nella loro verità, cioè nel vasto orizzonte della storia del rapporto tra Dio e l’uomo: secondo lo stesso metodo con cui Agostino aveva superato le secche degli scettici e soprattutto dei manichei, maestri delle antitesi inconciliabili. Se nello scorpione l’uomo non riconosce né valuta l’ “ordo” delle membra, ma guarda solo alla forza del veleno quale indizio di una natura cattiva, attribuendone la creazione al diavolo, si tratta di un errore di prospettiva, tipico dei manichei. Tutti gli esseri infatti sono buoni “ex creatione”: il fastidio e il pericolo che alcuni procurano rappresentano la pena che Dio ha comminato all’uomo a motivo del peccato (“poena transgressionis”). Anche i giusti la scontano, poiché nessun uomo è privo di peccato. Fulgenzio inserisce a questo punto un’ampia catechesi sul peccato post-battesimale, strettamente aderente alle Scritture e con un forte retroterra agostiniano. Il dubbio sul creatore dei “vilia animalia” può derivare anche da un’errata comprensione della Scrittura: dietro ai prodigi compiuti in Egitto dai maghi del faraone (Ex. 7,8 ss.) si cela il potere del diavolo, che viene a lui concesso o revocato da Dio. Solo Dio è creatore: gli angeli (buoni o malvagi) si limitano a portare alla luce, per Sua volontà, ciò che Egli ha creato come “occulta semina“ negli “elementa mundi” . Nella risposta al secondo quesito, Fulgenzio condensa gli argomenti della “quaestio de insectorum creatione” del libro III del “De Genesi ad litteram” di Agostino. Distinti i “minutissima animalia” in due tipologie, si afferma che quelli che nascono dall’acqua o dalla terra furono fatti da Dio “primordialiter” (nei primi sei giorni): inoffensivi prima del peccato, divennero molesti dopo, a pena e correzione dell’uomo. Circa la seconda tipologia, gli insetti cioè che si vedono sorgere dalla corruzione delle carni o dei frutti, si afferma che non potevano esistere “primordialiter”, allorché Dio creò ogni cosa “davvero buona”: il loro apparire nel tempo (“temporaliter”) presuppone infatti la corruzione delle nature da cui provengono, cioè la morte. Nella vita presente, essi affliggono anche i giusti (la putrefazione del corpo tormentò con i suoi vermi sia Giobbe che Erode). Torna in Fulgenzio l’invito a non fermarsi alla superficie: occorre allargare lo sguardo sino alla vita futura, quando il comune alternarsi di “gaudia et supplicia” terminerà e i “boni” e i “mali” risorgeranno ciascuno al proprio destino definitivo.

'De uilium animalium auctore': bontà della creazione e conseguenze del peccato in Fulgenzio di Ruspe, 'De incarnatione' 24-56

DI PILLA, Alessandra
2014

Abstract

Nella seconda parte dell’opera “De incarnatione Filii Dei et de vilium animalium auctore ad Scarilam” Fulgenzio di Ruspe risponde al duplice quesito di uno degli interlocutori: da chi e quando furono creati gli insetti e i minuscoli animali che tanto molestano l’uomo? Dal diavolo dopo la cacciata di Adamo dal Paradiso, oppure da Dio prima del peccato, allorché Egli fece tutte le cose? Il contributo esamina le argomentazioni di Fulgenzio, indagandone la metodologia, il rapporto con la tradizione, la collocazione nell’orizzonte del dibattito coevo. In risposta al primo quesito, troviamo una piccola summa sulla creazione “per Verbum”, che tiene sullo sfondo la dottrina anti-ariana sulla Trinità e sul Figlio e mostra l’irragionevolezza di chi vorrebbe escludere dal novero delle creature di Dio i soli “vilia animalia”. Se tutte le creature sono buone, è però innegabile la contraddittorietà dell’esperienza. Fulgenzio invita dunque ad esercitare un giudizio che non si arresti alla superficie delle cose, ma le valuti nella loro verità, cioè nel vasto orizzonte della storia del rapporto tra Dio e l’uomo: secondo lo stesso metodo con cui Agostino aveva superato le secche degli scettici e soprattutto dei manichei, maestri delle antitesi inconciliabili. Se nello scorpione l’uomo non riconosce né valuta l’ “ordo” delle membra, ma guarda solo alla forza del veleno quale indizio di una natura cattiva, attribuendone la creazione al diavolo, si tratta di un errore di prospettiva, tipico dei manichei. Tutti gli esseri infatti sono buoni “ex creatione”: il fastidio e il pericolo che alcuni procurano rappresentano la pena che Dio ha comminato all’uomo a motivo del peccato (“poena transgressionis”). Anche i giusti la scontano, poiché nessun uomo è privo di peccato. Fulgenzio inserisce a questo punto un’ampia catechesi sul peccato post-battesimale, strettamente aderente alle Scritture e con un forte retroterra agostiniano. Il dubbio sul creatore dei “vilia animalia” può derivare anche da un’errata comprensione della Scrittura: dietro ai prodigi compiuti in Egitto dai maghi del faraone (Ex. 7,8 ss.) si cela il potere del diavolo, che viene a lui concesso o revocato da Dio. Solo Dio è creatore: gli angeli (buoni o malvagi) si limitano a portare alla luce, per Sua volontà, ciò che Egli ha creato come “occulta semina“ negli “elementa mundi” . Nella risposta al secondo quesito, Fulgenzio condensa gli argomenti della “quaestio de insectorum creatione” del libro III del “De Genesi ad litteram” di Agostino. Distinti i “minutissima animalia” in due tipologie, si afferma che quelli che nascono dall’acqua o dalla terra furono fatti da Dio “primordialiter” (nei primi sei giorni): inoffensivi prima del peccato, divennero molesti dopo, a pena e correzione dell’uomo. Circa la seconda tipologia, gli insetti cioè che si vedono sorgere dalla corruzione delle carni o dei frutti, si afferma che non potevano esistere “primordialiter”, allorché Dio creò ogni cosa “davvero buona”: il loro apparire nel tempo (“temporaliter”) presuppone infatti la corruzione delle nature da cui provengono, cioè la morte. Nella vita presente, essi affliggono anche i giusti (la putrefazione del corpo tormentò con i suoi vermi sia Giobbe che Erode). Torna in Fulgenzio l’invito a non fermarsi alla superficie: occorre allargare lo sguardo sino alla vita futura, quando il comune alternarsi di “gaudia et supplicia” terminerà e i “boni” e i “mali” risorgeranno ciascuno al proprio destino definitivo.
2014
9788879611381
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1196078
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact