Nel corso degli anni Ottanta si è originato, soprattutto negli Stati Uniti, un filone di studi che ha messo sotto accusa le più consolidate pratiche di management accounting, affermando che i sistemi adottati dalla maggior parte delle aziende sono inadeguati a fronteggiare l’attuale contesto e ad essi deve attribuirsi in buona misura la responsabilità per l’incapacità delle imprese di competere con le concorrenti. In particolare, la crisi della contabilità dei costi “tradizionale” (impostata secondo una concezione che comunque è stata efficace per oltre mezzo secolo) si può far risalire a ragioni esogene ed endogene rispetto al sistema impresa: esogene, in quanto connesse ai cambiamenti ambientali e dello scenario geopolitico, nonché al progresso scientifico e tecnologico e all’evoluzione dei mercati; endogene, relativamente all’adattamento e alla partecipazione delle imprese a questo processo evolutivo che si è concretizzata in cambiamenti nelle strategie competitive, nelle tecnologie di produzione, nelle logiche di gestione. Nell’ambito di questo contesto evolutivo le imprese hanno manifestato nuove tendenze e focalizzato l’attenzione su alcuni aspetti che in passato rivestivano un ruolo secondario, mentre oggi sono considerati dei veri e propri fattori critici di successo, come l’alta qualità, la flessibilità, il servizio al cliente, l’automazione, la produttività e altro ancora. In sintesi, la suddetta evoluzione, nei suoi molteplici aspetti, ha un impatto significativo sul controllo direzionale per: l’aumento della complessità, con una crescente esigenza di integrazione tra le diverse funzioni; la velocità del cambiamento, con l’abbreviarsi del ciclo di vita dei prodotti e la necessità di far evolvere i processi produttivi per perseguire il miglioramento continuo; la mutata struttura dei costi, con la perdita di rilevanza dei fattori diretti, quali la manodopera, e l’aumento dei costi fissi e di quelli indiretti; la necessità di non limitarsi al perseguimento dell’efficienza, ma di mirare al tempo stesso alla massimizzazione di qualità e servizio al cliente; la crescente dipendenza dei fattori chiave (qualità, costi) da scelte effettuate in precedenza e la conseguente necessità di gestire l’impresa in un’ottica prospettica; l’emergere di nuovi ruoli e figure professionali e la crescita di importanza delle risorse umane, che rappresentano sempre più la risorsa strategica delle aziende. In questo scenario economico-aziendale, i sistemi tradizionali per la contabilità dei costi non offrono più un supporto informativo adeguato; i principi fondamentali che hanno costituito con successo, per decenni, il fulcro dei sistemi di pianificazione e controllo manifestano la loro obsolescenza, in quanto non forniscono più informazioni utili e tempestive. «It’s not that traditional cost accounting doesn’t work, it’s that world it was designed for is rapidly disappearing». L’essenza dei cosiddetti sistemi di contabilità dei costi “tradizionali” (una categoria all’interno della quale sono fatti rientrare modelli anche notevolmente differenti tra loro) può essere individuata nell’attribuzione dei costi comuni ai diversi oggetti di costo in base a parametri correlati al volume di output. La metodologia classica per il calcolo del costo di produzione, quando la configurazione prescelta è quella del costo pieno, prevede infatti la sua determinazione in due fasi: nella prima fase, i costi vengono imputati ai centri di costo che ne hanno causato il sostenimento; per i centri ausiliari, e per alcuni centri funzionali, si provvede ad una successiva allocazione sui centri produttivi; nella seconda fase, i costi dei centri produttivi vengono allocati ai prodotti su base unica o multipla, e i costi non transitati per i centri, come quelli per le materie prime, vengono attribuiti direttamente ai prodotti. I problemi, tuttavia, sorgono con riferimento ai criteri adottati per ripartire i costi indiretti. Concettualmente, il criterio di riferimento dovrebbe essere causale o funzionale, ma la valutazione del reale contributo del fattore produttivo al prodotto è tutt’altro che agevole, per cui la contabilità analitica tradizionale li ripartisce sulla base di criteri collegati ai volumi. Questo criterio è accettabile quando i costi variabili costituiscono una componente significativa del costo del prodotto, ma diventa del tutto inappropriato nella realtà attuale dei sistemi di produzione dove, a causa dell’evoluzione tecnologica e organizzativa: la gamma dei prodotti è tendenzialmente ampliata;le ore di manodopera diretta non determinano che una minima quota dei costi totali a causa dei processo di automazione e di sostituzione del lavoro con il capitale;è aumentata sensibilmente l’incidenza delle spese generali, ed il risultato è una notevole distorsione nel calcolo del costo di produzione. Infatti, utilizzare un parametro di volume per l’allocazione dei costi generali introduce il problema delle “sovvenzioni interne”, in cui i prodotti ad alto volume di fatto generano una quota di costi indiretti proporzionalmente inferiore rispetto ai prodotti a bassi volumi proprio perché tali costi sono causati da fattori estranei al volume di produzione; tuttavia, nell’ambito dei sistemi di contabilità analitica tradizionale, che allocano i costi su basi volumetriche, i costi indiretti di prodotti a ridotto volume di produzione (che magari richiedono speciali cure e controlli) sono trasferiti e distribuiti sui prodotti a maggior volume ma che non necessitano di operazioni o trattamenti particolari. In parole più semplici, i prodotti maturi finanziano così, attraverso gli effetti indotti dai criteri di ripartizione dei costi generali, l’espansione della gamma di prodotti/servizi offerta dall’azienda. Il ricorso a misure “volume-Based” può trovare giustificazione nella minore ampiezza della gamma e nella minore differenziazione, ma in un contesto come quello attuale, caratterizzato da diversità dei prodotti e servizi e crescita dei costi fissi e indiretti, è necessario trovare un sistema di misurazione che sia in grado di tenere conto dei reali fattori generatori di costo (cost driver) per esprimere nel modo più oggettivo possibile il principio causale che lega i costi agli oggetti di costo. In altre parole, una delle distorsioni maggiori dipende dal fatto che i sistemi di contabilità dei costi “tradizionali” non tengono conto del cosiddetto “costo della complessità”, cioè dei costi aggiuntivi collegati all’ampliamento ed alla diversificazione della gamma produttiva. La complessità diviene, pertanto, un fattore di variabilità più importante del volume: alcuni costi considerati fissi in funzione della quantità prodotta si rivelano variabili in funzione di parametri connessi al grado di differenziazione e diversificazione produttiva e commerciale. Occorre dunque, da parte della contabilità direzionale, garantire la comprensione delle cause dei costi correlando gli stessi alle operazioni aziendali al fine di evidenziare le inefficienze produttive, di migliorare la qualità dei prodotti, indagando lo sviluppo del grado di soddisfazione dei bisogni del cliente lungo la catena del valore. Questi obiettivi possono essere raggiunti grazie all’implementazione di un sistema di Activity Accounting.

L’Activity-Based Costing nelle banche: ragioni dell’impiego e utilità percepita

MONTRONE, Alessandro;D'Achille, Antares
2013

Abstract

Nel corso degli anni Ottanta si è originato, soprattutto negli Stati Uniti, un filone di studi che ha messo sotto accusa le più consolidate pratiche di management accounting, affermando che i sistemi adottati dalla maggior parte delle aziende sono inadeguati a fronteggiare l’attuale contesto e ad essi deve attribuirsi in buona misura la responsabilità per l’incapacità delle imprese di competere con le concorrenti. In particolare, la crisi della contabilità dei costi “tradizionale” (impostata secondo una concezione che comunque è stata efficace per oltre mezzo secolo) si può far risalire a ragioni esogene ed endogene rispetto al sistema impresa: esogene, in quanto connesse ai cambiamenti ambientali e dello scenario geopolitico, nonché al progresso scientifico e tecnologico e all’evoluzione dei mercati; endogene, relativamente all’adattamento e alla partecipazione delle imprese a questo processo evolutivo che si è concretizzata in cambiamenti nelle strategie competitive, nelle tecnologie di produzione, nelle logiche di gestione. Nell’ambito di questo contesto evolutivo le imprese hanno manifestato nuove tendenze e focalizzato l’attenzione su alcuni aspetti che in passato rivestivano un ruolo secondario, mentre oggi sono considerati dei veri e propri fattori critici di successo, come l’alta qualità, la flessibilità, il servizio al cliente, l’automazione, la produttività e altro ancora. In sintesi, la suddetta evoluzione, nei suoi molteplici aspetti, ha un impatto significativo sul controllo direzionale per: l’aumento della complessità, con una crescente esigenza di integrazione tra le diverse funzioni; la velocità del cambiamento, con l’abbreviarsi del ciclo di vita dei prodotti e la necessità di far evolvere i processi produttivi per perseguire il miglioramento continuo; la mutata struttura dei costi, con la perdita di rilevanza dei fattori diretti, quali la manodopera, e l’aumento dei costi fissi e di quelli indiretti; la necessità di non limitarsi al perseguimento dell’efficienza, ma di mirare al tempo stesso alla massimizzazione di qualità e servizio al cliente; la crescente dipendenza dei fattori chiave (qualità, costi) da scelte effettuate in precedenza e la conseguente necessità di gestire l’impresa in un’ottica prospettica; l’emergere di nuovi ruoli e figure professionali e la crescita di importanza delle risorse umane, che rappresentano sempre più la risorsa strategica delle aziende. In questo scenario economico-aziendale, i sistemi tradizionali per la contabilità dei costi non offrono più un supporto informativo adeguato; i principi fondamentali che hanno costituito con successo, per decenni, il fulcro dei sistemi di pianificazione e controllo manifestano la loro obsolescenza, in quanto non forniscono più informazioni utili e tempestive. «It’s not that traditional cost accounting doesn’t work, it’s that world it was designed for is rapidly disappearing». L’essenza dei cosiddetti sistemi di contabilità dei costi “tradizionali” (una categoria all’interno della quale sono fatti rientrare modelli anche notevolmente differenti tra loro) può essere individuata nell’attribuzione dei costi comuni ai diversi oggetti di costo in base a parametri correlati al volume di output. La metodologia classica per il calcolo del costo di produzione, quando la configurazione prescelta è quella del costo pieno, prevede infatti la sua determinazione in due fasi: nella prima fase, i costi vengono imputati ai centri di costo che ne hanno causato il sostenimento; per i centri ausiliari, e per alcuni centri funzionali, si provvede ad una successiva allocazione sui centri produttivi; nella seconda fase, i costi dei centri produttivi vengono allocati ai prodotti su base unica o multipla, e i costi non transitati per i centri, come quelli per le materie prime, vengono attribuiti direttamente ai prodotti. I problemi, tuttavia, sorgono con riferimento ai criteri adottati per ripartire i costi indiretti. Concettualmente, il criterio di riferimento dovrebbe essere causale o funzionale, ma la valutazione del reale contributo del fattore produttivo al prodotto è tutt’altro che agevole, per cui la contabilità analitica tradizionale li ripartisce sulla base di criteri collegati ai volumi. Questo criterio è accettabile quando i costi variabili costituiscono una componente significativa del costo del prodotto, ma diventa del tutto inappropriato nella realtà attuale dei sistemi di produzione dove, a causa dell’evoluzione tecnologica e organizzativa: la gamma dei prodotti è tendenzialmente ampliata;le ore di manodopera diretta non determinano che una minima quota dei costi totali a causa dei processo di automazione e di sostituzione del lavoro con il capitale;è aumentata sensibilmente l’incidenza delle spese generali, ed il risultato è una notevole distorsione nel calcolo del costo di produzione. Infatti, utilizzare un parametro di volume per l’allocazione dei costi generali introduce il problema delle “sovvenzioni interne”, in cui i prodotti ad alto volume di fatto generano una quota di costi indiretti proporzionalmente inferiore rispetto ai prodotti a bassi volumi proprio perché tali costi sono causati da fattori estranei al volume di produzione; tuttavia, nell’ambito dei sistemi di contabilità analitica tradizionale, che allocano i costi su basi volumetriche, i costi indiretti di prodotti a ridotto volume di produzione (che magari richiedono speciali cure e controlli) sono trasferiti e distribuiti sui prodotti a maggior volume ma che non necessitano di operazioni o trattamenti particolari. In parole più semplici, i prodotti maturi finanziano così, attraverso gli effetti indotti dai criteri di ripartizione dei costi generali, l’espansione della gamma di prodotti/servizi offerta dall’azienda. Il ricorso a misure “volume-Based” può trovare giustificazione nella minore ampiezza della gamma e nella minore differenziazione, ma in un contesto come quello attuale, caratterizzato da diversità dei prodotti e servizi e crescita dei costi fissi e indiretti, è necessario trovare un sistema di misurazione che sia in grado di tenere conto dei reali fattori generatori di costo (cost driver) per esprimere nel modo più oggettivo possibile il principio causale che lega i costi agli oggetti di costo. In altre parole, una delle distorsioni maggiori dipende dal fatto che i sistemi di contabilità dei costi “tradizionali” non tengono conto del cosiddetto “costo della complessità”, cioè dei costi aggiuntivi collegati all’ampliamento ed alla diversificazione della gamma produttiva. La complessità diviene, pertanto, un fattore di variabilità più importante del volume: alcuni costi considerati fissi in funzione della quantità prodotta si rivelano variabili in funzione di parametri connessi al grado di differenziazione e diversificazione produttiva e commerciale. Occorre dunque, da parte della contabilità direzionale, garantire la comprensione delle cause dei costi correlando gli stessi alle operazioni aziendali al fine di evidenziare le inefficienze produttive, di migliorare la qualità dei prodotti, indagando lo sviluppo del grado di soddisfazione dei bisogni del cliente lungo la catena del valore. Questi obiettivi possono essere raggiunti grazie all’implementazione di un sistema di Activity Accounting.
2013
9788897900795
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1223166
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