Il Dictionaire critique de la langue française, apparso tra il 1787 e il 1788, non è soltanto l’opera più nota dell’abate gesuita Jean-François Féraud (1725-1807), ma è anche uno specchio fedele degli usi e dell’evoluzione del francese nella seconda metà del XVIII secolo. Caso ibrido e appassionante di descrizione normativa, stilistica e retorica, costruito tramite l’insostituibile apporto di scrittori e grammairiens-remarquistes, quest’opera si contraddistingue per un’osservazione accorta degli usi, oltre che per una minuziosa riflessione sui criteri ispiratori della norma. Uno tra gli autori più citati è senz’altro Jean Racine, definito da Féraud «le plus correct de nos poètes», oltre che l’autore più classico tra i classici. Nonostante la sua lingua fosse unanimemente ritenuta un modello insuperato a cui ispirarsi per evitare il decadimento del francese del suo tempo, viene più volte criticata e persino epurata dall’abate gesuita. Questo studio si sofferma sulle osservazioni di Féraud nei confronti del lessico, della sintassi e dello stile raciniani, nella convinzione che una simile analisi possa fornire indicazioni utili sugli aspetti che sono stati soggetti a cambiamento nel francese postclassico della seconda metà del Settecento.

Féraud versus Racine. Riflessioni sulla lingua

PISELLI, FRANCESCA
2014

Abstract

Il Dictionaire critique de la langue française, apparso tra il 1787 e il 1788, non è soltanto l’opera più nota dell’abate gesuita Jean-François Féraud (1725-1807), ma è anche uno specchio fedele degli usi e dell’evoluzione del francese nella seconda metà del XVIII secolo. Caso ibrido e appassionante di descrizione normativa, stilistica e retorica, costruito tramite l’insostituibile apporto di scrittori e grammairiens-remarquistes, quest’opera si contraddistingue per un’osservazione accorta degli usi, oltre che per una minuziosa riflessione sui criteri ispiratori della norma. Uno tra gli autori più citati è senz’altro Jean Racine, definito da Féraud «le plus correct de nos poètes», oltre che l’autore più classico tra i classici. Nonostante la sua lingua fosse unanimemente ritenuta un modello insuperato a cui ispirarsi per evitare il decadimento del francese del suo tempo, viene più volte criticata e persino epurata dall’abate gesuita. Questo studio si sofferma sulle osservazioni di Féraud nei confronti del lessico, della sintassi e dello stile raciniani, nella convinzione che una simile analisi possa fornire indicazioni utili sugli aspetti che sono stati soggetti a cambiamento nel francese postclassico della seconda metà del Settecento.
2014
9788854875944
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1229896
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