Il presente contributo, dopo una breve ricostruzione della vicenda processuale, esamina ed approfondisce la problematica relativa alla clausola c.d. di regolazione del premio, frequentemente inserita nei contratti di assicurazione della responsabilità civile. Tale clausola tende a garantire un automatico adeguamento del premio rispetto al rischio, in tutte quelle ipotesi in cui risulti difficile stabilire l'esatta entità della prestazione dovuta dall'assicurato al momento della conclusione del contratto. Pertanto, si conviene il pagamento immediato, in via provvisoria, di un premio ''minimo'', cui farà eventualmente seguito una sorta di conguaglio la cui misura verrà determinata alla scadenza di ciascun periodo assicurativo, sulla base di dati variabili che l'assicurato deve comunicare all'assicuratore. Di regola, è anche previsto che, nel caso in cui l'assicurato non comunichi i suddetti dati o non provveda al pagamento dell'eventuale integrazione del premio, la garanzia assicurativa rimanga sospesa. Il principale problema sollevato da simili pattuizioni consiste nell'appurare se esse siano riconducibili o meno alla fattispecie di cui all'art. 1901 c.c., che prevede la sospensione della garanzia assicurativa in caso di inadempimento dell'assicurato all'obbligazione di pagare il premio. Il granitico orientamento formatosi a partire dagli anni '70 è stato oggetto di un vero e proprio revirement, in occasione di una recente pronuncia della Suprema Corte, la quale ha destituito di fondamento l'assioma giuridico sul quale l'orientamento stesso poggiava. È stata definitivamente esclusa, infatti, la riconducibilità della clausola di regolazione del premio all'alveo dell'art. 1901 c.c., chiarendosi altresì l'origine pattizia della medesima. La sentenza in commento, con riguardo all'ipotesi patologica dell'omessa comunicazione dei dati variabili cui si accompagni la necessità di un conguaglio rispetto al premio inizialmente corrisposto, rileva l'opportunità di valutare il comportamento dell'assicurato alla stregua della buona fede dal medesimo tenuta nell'esecuzione del contratto. Nell'iter argomentativo seguito dai giudici, l’autore ha ritenuto di poter rinvenire l'applicazione della disciplina di cui all'art. 1460 c.c., relativa all'eccezione dilatoria di inadempimento. Più precisamente, verrebbe in considerazione il 2° comma della norma suddetta, laddove stabilisce che la parte in bonis non può rifiutare l'esecuzione della propria prestazione se, avuto riguardo alle circostanze, detto rifiuto risulti contrario a buona fede. La norma consente al giudice, eventualmente adito, di valutare la condotta dell'eccipiente al fine di verificarne la conformità o meno al parametro della buona fede e, dunque, la fondatezza o meno della relativa eccezione. Applicando quanto appena detto al caso di specie, secondo l’autore, si potrebbe pervenire ad una valutazione di fondatezza dell'eccezione di sospensione da parte dell'assicuratore solo qualora all'omessa comunicazione dei dati variabili faccia seguito l'inadempimento dell'obbligo di pagare la quota integrativa del premio, sempre che quest'ultima abbia un valore economico non irrilevante.

Clausola di regolamentazione del premio nel contratto di assicurazione contro i danni e sua interpretazione nell’evoluzione giurisprudenziale: il ruolo della buona fede.

BILLI, Massimo
2014

Abstract

Il presente contributo, dopo una breve ricostruzione della vicenda processuale, esamina ed approfondisce la problematica relativa alla clausola c.d. di regolazione del premio, frequentemente inserita nei contratti di assicurazione della responsabilità civile. Tale clausola tende a garantire un automatico adeguamento del premio rispetto al rischio, in tutte quelle ipotesi in cui risulti difficile stabilire l'esatta entità della prestazione dovuta dall'assicurato al momento della conclusione del contratto. Pertanto, si conviene il pagamento immediato, in via provvisoria, di un premio ''minimo'', cui farà eventualmente seguito una sorta di conguaglio la cui misura verrà determinata alla scadenza di ciascun periodo assicurativo, sulla base di dati variabili che l'assicurato deve comunicare all'assicuratore. Di regola, è anche previsto che, nel caso in cui l'assicurato non comunichi i suddetti dati o non provveda al pagamento dell'eventuale integrazione del premio, la garanzia assicurativa rimanga sospesa. Il principale problema sollevato da simili pattuizioni consiste nell'appurare se esse siano riconducibili o meno alla fattispecie di cui all'art. 1901 c.c., che prevede la sospensione della garanzia assicurativa in caso di inadempimento dell'assicurato all'obbligazione di pagare il premio. Il granitico orientamento formatosi a partire dagli anni '70 è stato oggetto di un vero e proprio revirement, in occasione di una recente pronuncia della Suprema Corte, la quale ha destituito di fondamento l'assioma giuridico sul quale l'orientamento stesso poggiava. È stata definitivamente esclusa, infatti, la riconducibilità della clausola di regolazione del premio all'alveo dell'art. 1901 c.c., chiarendosi altresì l'origine pattizia della medesima. La sentenza in commento, con riguardo all'ipotesi patologica dell'omessa comunicazione dei dati variabili cui si accompagni la necessità di un conguaglio rispetto al premio inizialmente corrisposto, rileva l'opportunità di valutare il comportamento dell'assicurato alla stregua della buona fede dal medesimo tenuta nell'esecuzione del contratto. Nell'iter argomentativo seguito dai giudici, l’autore ha ritenuto di poter rinvenire l'applicazione della disciplina di cui all'art. 1460 c.c., relativa all'eccezione dilatoria di inadempimento. Più precisamente, verrebbe in considerazione il 2° comma della norma suddetta, laddove stabilisce che la parte in bonis non può rifiutare l'esecuzione della propria prestazione se, avuto riguardo alle circostanze, detto rifiuto risulti contrario a buona fede. La norma consente al giudice, eventualmente adito, di valutare la condotta dell'eccipiente al fine di verificarne la conformità o meno al parametro della buona fede e, dunque, la fondatezza o meno della relativa eccezione. Applicando quanto appena detto al caso di specie, secondo l’autore, si potrebbe pervenire ad una valutazione di fondatezza dell'eccezione di sospensione da parte dell'assicuratore solo qualora all'omessa comunicazione dei dati variabili faccia seguito l'inadempimento dell'obbligo di pagare la quota integrativa del premio, sempre che quest'ultima abbia un valore economico non irrilevante.
2014
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1298297
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