Questo libro, non a caso il primo dedicato ai coltelli italiani a serramanico, non si limita ad indagare minuziosamente i pur ricchi e finora inesplorati aspetti della produzione materiale nel corso dell’Ottocento, ma affronta compiutamente anche le profonde implicazioni sociali e culturali che il coltello ha assunto e per lungo tempo ha mantenuto in Italia. Alla versatilità insita nelle potenzialità formali e materiche dell'oggetto, nel nostro Paese si è unita un'ulteriore valenza: il coltello è stato il segno crudelmente e ferocemente esibito di una radicata e diffusa violenza, l'emblema di una frammentata ma pullulante aggressività, il vessillo di una concitata istanza senza progetto né fine, ma caparbiamente tesa a definire gli spazi quotidiani di una libertà pratica, organizzata intorno a un rigido e insofferente egocentrismo, a un borioso risentimento, a una rabbiosa quanto futile ritorsione. "Spada del popolo" è stato romanticamente definito il coltello, ma una spada, un'arma che ha per lungo tempo significato la divisione e l'atomizzazione delle classi subalterne in tanti individui isolati, fulmineamente estratta a definire, nella calca rumorosa della festa, della fiera e dell'osteria, la sordida questione di gioco, a rintuzzare la futile provocazione verbale, a lavare nel sangue presunti e improbabili oltraggi. Durante buona parte dell’Ottocento nelle regioni centro¬meridionali del Paese, non c'è uomo del popolo che nel proprio coltello accuratamente scelto, soppesato e provato al momento dell'acquisto, non veda oltre all'utile strumento del lavoro e delle mille incombenze quotidiane, il segno tangibile della propria umana e virile consistenza, della dignità e dell'orgoglio personali. Tale "spessore" del coltello ha costantemente interagito con gli aspetti della sua produzione materiale: la storia o meglio si potrebbe dire il destino dei coltelli italiani e dei loro fabbricanti è intimamente correlata a questo lato oscuro, alla ridondanza e complessità di significato che l'oggetto ha assunto nel corso del tempo, nella cultura del nostro Paese. Le leggi restrittive sulla fabbricazione, sulla detenzione e sul porto dei coltelli, indotte dal crescente e incontenibile aumento dei reati di sangue, oltre a provocare, nel corso del secolo XIX, ripetuti mutamenti di foggia degli oggetti, hanno anche determinato la scomparsa di molte comunità artigiane, da secoli dedite alla lavorazione dei ferri taglienti

Coltelli d'Italia. Rituali di violenza e tradizioni produttive nel mondo popolare

BARONTI, Giancarlo
2008

Abstract

Questo libro, non a caso il primo dedicato ai coltelli italiani a serramanico, non si limita ad indagare minuziosamente i pur ricchi e finora inesplorati aspetti della produzione materiale nel corso dell’Ottocento, ma affronta compiutamente anche le profonde implicazioni sociali e culturali che il coltello ha assunto e per lungo tempo ha mantenuto in Italia. Alla versatilità insita nelle potenzialità formali e materiche dell'oggetto, nel nostro Paese si è unita un'ulteriore valenza: il coltello è stato il segno crudelmente e ferocemente esibito di una radicata e diffusa violenza, l'emblema di una frammentata ma pullulante aggressività, il vessillo di una concitata istanza senza progetto né fine, ma caparbiamente tesa a definire gli spazi quotidiani di una libertà pratica, organizzata intorno a un rigido e insofferente egocentrismo, a un borioso risentimento, a una rabbiosa quanto futile ritorsione. "Spada del popolo" è stato romanticamente definito il coltello, ma una spada, un'arma che ha per lungo tempo significato la divisione e l'atomizzazione delle classi subalterne in tanti individui isolati, fulmineamente estratta a definire, nella calca rumorosa della festa, della fiera e dell'osteria, la sordida questione di gioco, a rintuzzare la futile provocazione verbale, a lavare nel sangue presunti e improbabili oltraggi. Durante buona parte dell’Ottocento nelle regioni centro¬meridionali del Paese, non c'è uomo del popolo che nel proprio coltello accuratamente scelto, soppesato e provato al momento dell'acquisto, non veda oltre all'utile strumento del lavoro e delle mille incombenze quotidiane, il segno tangibile della propria umana e virile consistenza, della dignità e dell'orgoglio personali. Tale "spessore" del coltello ha costantemente interagito con gli aspetti della sua produzione materiale: la storia o meglio si potrebbe dire il destino dei coltelli italiani e dei loro fabbricanti è intimamente correlata a questo lato oscuro, alla ridondanza e complessità di significato che l'oggetto ha assunto nel corso del tempo, nella cultura del nostro Paese. Le leggi restrittive sulla fabbricazione, sulla detenzione e sul porto dei coltelli, indotte dal crescente e incontenibile aumento dei reati di sangue, oltre a provocare, nel corso del secolo XIX, ripetuti mutamenti di foggia degli oggetti, hanno anche determinato la scomparsa di molte comunità artigiane, da secoli dedite alla lavorazione dei ferri taglienti
2008
9788874131624
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