Il saggio si propone di illustrare come il paradigma del dono relazionale (quello effettuato all’insegna della reciprocità che instaura, proprio per questo motivo, delle relazioni sociali), oltre ad essere il paradigma del “politico-religioso” (nel senso che edifica e rinsalda le società umane nonchè l’unione tra gli uomini ed il divino), il paradigma del “riconoscimento” (nel senso che costruisce, nell’interazione tra individui, l’identità, anche psichica, dei soggetti), il paradigma del “simbolismo” (nel senso che sancisce l’alleanza tra segni), è anche il paradigma dell’ “economia civile” (nel senso che, in contrasto con gli assunti della teoria economica neoclassica, paradossalmente precede e costruisce il mercato e ne fluidifica il funzionamento). Per dimostrare questa affinità tra dono relazionale ed economia civile, il saggio si propone dapprima di confutare l’ipotesi, così diffusa nel senso comune e nel mainstream economico dominante, della presunta inconciliabilità tra dono e mercato che trova fondamento e giustificazione nel paradigma neoclassico dell’homo oeconomicus che viene rappresentato come un agente individualista ed utilitarista. Date le predette caratteristiche dell’homo oeconomicus è facile comprendere perché la concezione relazionale di dono è quella che in primis non può trovare cittadinanza nella cornice dell’economia standard. Le uniche concezioni di dono che sono allora compatibili con il modello antropologico della scienza economica ortodossa sono quella strumentale (in cui però il dono è asservito all’interesse personale) e quella purista, quest’ultima perché è altrettanto individualista come lo scambio di mercato a cui vorrebbe nettamente contrapporsi, salvo sfociare nell’impossibilità ontologica proprio a causa dei requisiti “eroici” che sono richiesti per sancire, nel modo più drastico possibile, la demarcazione tra dono e scambio. Nonostante questa aporia, il dono puro ha comunque da sempre esercitato nella storia dell’umanità maggior fascino, rispetto a quello relazionale, per diverse motivazioni che vengono prese in esame nel saggio. Dunque né doni relazionali, né doni puri sono ammissibili nell’alveo della teoria economica neoclassica, i primi per inconciliabilità teorica, i secondi perché la loro velleitaria pretesa di voler essere così sublimi e diversi rispetto al brutale opportunismo dello scambio di mercato li rende di fatto ineffabili. Per tentare di ricomporre ab origine la frattura tra dono (e quindi società) e mercato (ovvero economia), con una chiave di lettura basata sulla idea di una possibile fertilizzazione incrociata tra le due sfere, può essere di aiuto ritornare alle radici stesse dell’Economia Politica, ovvero al pensiero di Adam Smith. Si può intanto cercare di dimostrare la conciliabilità delle sue due principali opere apparentemente contraddittorie: la Teoria dei sentimenti morali (ove emerge un paradigma antropologico fondato sulla simpatia tra persone e vengono celebrate le virtù del dare e del ricevere per il vivere civile) e la Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni (ove si è rimarcata esageratamente, sia da parte liberista che da parte anti-sviluppista, l’importanza attribuita da Smith all’interesse egoistico per far funzionare il mercato) a riprova di un paradigma antropologico fondato sull’asocialità, anche se in realtà l’homo oeconomicus smithiano è molto più relazionale di quanto potrebbe apparire a prima vista. Si può quindi mettere in luce il contributo originale dato da Smith nel dimostrare la propedeuticità del mercato per il buon funzionamento della società (nella sua ottica è il mercato che fertilizza la società). E per completare l’analisi in termini di fertilizzazione incrociata occorre ricordare il contributo teorico dei contemporanei di Smith, ovvero della scuola italiana dell’economia civile, in cui la complementarietà tra dono/reciprocità/società e mercato emerge ancora più limpidamente, anche se con una direzione di causalità che è diametralmente opposta a quella di Smith (nella loro prospettiva è la società che fertilizza il mercato). Leggere da un lato l’intera opera di Smith in modo più olistico e meno unidimensionale e, dall’altro, recuperare la tradizione degli economisti civili significa delineare l’ipotesi di una possibile fertilizzazione incrociata tra dono ed economia e ricomporre l’artificiosa frattura tra società e mercato, con il risultato di una maggiore umanizzazione di entrambi.

Dono ed economia:inconciliabilità o fertilizzazione incrociata?

MONTESI, Cristina
2014

Abstract

Il saggio si propone di illustrare come il paradigma del dono relazionale (quello effettuato all’insegna della reciprocità che instaura, proprio per questo motivo, delle relazioni sociali), oltre ad essere il paradigma del “politico-religioso” (nel senso che edifica e rinsalda le società umane nonchè l’unione tra gli uomini ed il divino), il paradigma del “riconoscimento” (nel senso che costruisce, nell’interazione tra individui, l’identità, anche psichica, dei soggetti), il paradigma del “simbolismo” (nel senso che sancisce l’alleanza tra segni), è anche il paradigma dell’ “economia civile” (nel senso che, in contrasto con gli assunti della teoria economica neoclassica, paradossalmente precede e costruisce il mercato e ne fluidifica il funzionamento). Per dimostrare questa affinità tra dono relazionale ed economia civile, il saggio si propone dapprima di confutare l’ipotesi, così diffusa nel senso comune e nel mainstream economico dominante, della presunta inconciliabilità tra dono e mercato che trova fondamento e giustificazione nel paradigma neoclassico dell’homo oeconomicus che viene rappresentato come un agente individualista ed utilitarista. Date le predette caratteristiche dell’homo oeconomicus è facile comprendere perché la concezione relazionale di dono è quella che in primis non può trovare cittadinanza nella cornice dell’economia standard. Le uniche concezioni di dono che sono allora compatibili con il modello antropologico della scienza economica ortodossa sono quella strumentale (in cui però il dono è asservito all’interesse personale) e quella purista, quest’ultima perché è altrettanto individualista come lo scambio di mercato a cui vorrebbe nettamente contrapporsi, salvo sfociare nell’impossibilità ontologica proprio a causa dei requisiti “eroici” che sono richiesti per sancire, nel modo più drastico possibile, la demarcazione tra dono e scambio. Nonostante questa aporia, il dono puro ha comunque da sempre esercitato nella storia dell’umanità maggior fascino, rispetto a quello relazionale, per diverse motivazioni che vengono prese in esame nel saggio. Dunque né doni relazionali, né doni puri sono ammissibili nell’alveo della teoria economica neoclassica, i primi per inconciliabilità teorica, i secondi perché la loro velleitaria pretesa di voler essere così sublimi e diversi rispetto al brutale opportunismo dello scambio di mercato li rende di fatto ineffabili. Per tentare di ricomporre ab origine la frattura tra dono (e quindi società) e mercato (ovvero economia), con una chiave di lettura basata sulla idea di una possibile fertilizzazione incrociata tra le due sfere, può essere di aiuto ritornare alle radici stesse dell’Economia Politica, ovvero al pensiero di Adam Smith. Si può intanto cercare di dimostrare la conciliabilità delle sue due principali opere apparentemente contraddittorie: la Teoria dei sentimenti morali (ove emerge un paradigma antropologico fondato sulla simpatia tra persone e vengono celebrate le virtù del dare e del ricevere per il vivere civile) e la Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni (ove si è rimarcata esageratamente, sia da parte liberista che da parte anti-sviluppista, l’importanza attribuita da Smith all’interesse egoistico per far funzionare il mercato) a riprova di un paradigma antropologico fondato sull’asocialità, anche se in realtà l’homo oeconomicus smithiano è molto più relazionale di quanto potrebbe apparire a prima vista. Si può quindi mettere in luce il contributo originale dato da Smith nel dimostrare la propedeuticità del mercato per il buon funzionamento della società (nella sua ottica è il mercato che fertilizza la società). E per completare l’analisi in termini di fertilizzazione incrociata occorre ricordare il contributo teorico dei contemporanei di Smith, ovvero della scuola italiana dell’economia civile, in cui la complementarietà tra dono/reciprocità/società e mercato emerge ancora più limpidamente, anche se con una direzione di causalità che è diametralmente opposta a quella di Smith (nella loro prospettiva è la società che fertilizza il mercato). Leggere da un lato l’intera opera di Smith in modo più olistico e meno unidimensionale e, dall’altro, recuperare la tradizione degli economisti civili significa delineare l’ipotesi di una possibile fertilizzazione incrociata tra dono ed economia e ricomporre l’artificiosa frattura tra società e mercato, con il risultato di una maggiore umanizzazione di entrambi.
2014
9788897050162
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1321705
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