Il dibattito sull’antisemitismo di Mircea Eliade si è aperto negli anni Settanta, quando lo studioso delle religioni era già noto ed apprezzato a livello internazionale. Si è discusso in particolare su due aspetti: il primo riguarda le affermazioni contenute negli scritti giovanili di Eliade e il loro “grado” di antisemitismo e il secondo interessa il silenzio dell’autore su quel periodo e quegli scritti. La ricostruzione del pensiero di Eliade su un tema così importante deve essere fatta sugli scritti degli anni Venti e Trenta. Per quanto riguarda l’antisemitismo sono importanti soprattutto gli articoli pubblicati da Eliade su vari giornali e riviste del tempo, in particolare sulla rivista Vremea. Per avere un quadro completo è però opportuno accompagnare l’analisi di questi testi con i riferimenti ad Eliade contenuti nel diario del suo collega ed amico ebreo Mihail Sebastian, che registrano giorno per giorno l’evoluzione del rapporto tra i due colleghi e il suo deterioramento man mano che Eliade si avvicinava alla Guardia di Ferro e ne sposava l’ideologia. Dall’esame di questi testi emerge un atteggiamento non univoco, che si evolve nel corso del tempo verso una radicalizzazione. Cercare di comprendere i motivi e le circostanze di questa “involuzione antidemocratica” implica prima di tutto un riferimento al panorama politico romeno del tempo. Negli anni Trenta il sistema liberal-democratico voluto dai principali partiti romeni era entrato in crisi, screditato da numerosi casi di corruzione e indebolito dalla contemporanea affermazione di regimi autoritari in buona parte d’Europa. I movimenti estremisti avevano così avuto sempre più spazio e avevano registrato un crescente consenso tanto presso la popolazione quanto presso gli intellettuali. Il più popolare di questi gruppi era un’organizzazione dall’ideologia ferocemente antisemita: la Guardia di Ferro di Codreanu, che annoverava tra i suoi massimi sostenitori il maestro di Eliade: Nae Ionescu. Tutto questo ha senz’altro influito sul giovane intellettuale romeno. Eliade non era però un qualsiasi studente universitario: poco più che ventenne era già considerato il leader di un’intera generazione di intellettuali romeni, della quale facevano parte personaggi del livello di Emil Cioran. Le sue scelte ebbero un peso non indifferente sull’orientamento di molti suoi coetanei. Il dibattito sul silenzio di Eliade non può non tener conto di questo aspetto. La storiografia si è divisa tanto sul giudizio da dare sugli scritti giovanili dello studioso, quanto sul suo tentativo di nascondere le inclinazioni antidemocratiche (e antisemite) di allora. Una parte degli storici ha sposato la posizione “innocentista”, negando il carattere antisemita della produzione giovanile di Eliade. Questo gruppo conta numerosi sostenitori soprattutto in Romania, dove il dibattito storiografico è fortemente condizionato dalla situazione politica e dalla ricomparsa dopo il 1989 di gruppi neolegionari. Altri storici hanno accettato le inclinazioni antidemocratiche di Eliade, esaltandole però come un elemento positivo e cercando di dimostrare la permanenza di tali elementi anche nella produzione successiva dell’autore: tra questi l’italiano Claudio Mutti. Più nutrito, soprattutto nella storiografia occidentale, il gruppo di coloro che hanno ricostruito la produzione di Eliade del tempo sottolineando le responsabilità di Eliade non tanto per le idee espresse in gioventù, quanto per il successivo colpevole silenzio su quel periodo. La domanda se quello di Eliade possa essere definito un “fanatismo giovanile” poi rinnegato o sia stato piuttosto una convinzione profonda resterà probabilmente senza risposta, ma la ricostruzione del dibattito storiografico è comunque un aspetto importante dell’analisi della tematica.

L'antisemitismo in Romania: il caso di Mircea Eliade

COSTANTINI, EMANUELA
2008

Abstract

Il dibattito sull’antisemitismo di Mircea Eliade si è aperto negli anni Settanta, quando lo studioso delle religioni era già noto ed apprezzato a livello internazionale. Si è discusso in particolare su due aspetti: il primo riguarda le affermazioni contenute negli scritti giovanili di Eliade e il loro “grado” di antisemitismo e il secondo interessa il silenzio dell’autore su quel periodo e quegli scritti. La ricostruzione del pensiero di Eliade su un tema così importante deve essere fatta sugli scritti degli anni Venti e Trenta. Per quanto riguarda l’antisemitismo sono importanti soprattutto gli articoli pubblicati da Eliade su vari giornali e riviste del tempo, in particolare sulla rivista Vremea. Per avere un quadro completo è però opportuno accompagnare l’analisi di questi testi con i riferimenti ad Eliade contenuti nel diario del suo collega ed amico ebreo Mihail Sebastian, che registrano giorno per giorno l’evoluzione del rapporto tra i due colleghi e il suo deterioramento man mano che Eliade si avvicinava alla Guardia di Ferro e ne sposava l’ideologia. Dall’esame di questi testi emerge un atteggiamento non univoco, che si evolve nel corso del tempo verso una radicalizzazione. Cercare di comprendere i motivi e le circostanze di questa “involuzione antidemocratica” implica prima di tutto un riferimento al panorama politico romeno del tempo. Negli anni Trenta il sistema liberal-democratico voluto dai principali partiti romeni era entrato in crisi, screditato da numerosi casi di corruzione e indebolito dalla contemporanea affermazione di regimi autoritari in buona parte d’Europa. I movimenti estremisti avevano così avuto sempre più spazio e avevano registrato un crescente consenso tanto presso la popolazione quanto presso gli intellettuali. Il più popolare di questi gruppi era un’organizzazione dall’ideologia ferocemente antisemita: la Guardia di Ferro di Codreanu, che annoverava tra i suoi massimi sostenitori il maestro di Eliade: Nae Ionescu. Tutto questo ha senz’altro influito sul giovane intellettuale romeno. Eliade non era però un qualsiasi studente universitario: poco più che ventenne era già considerato il leader di un’intera generazione di intellettuali romeni, della quale facevano parte personaggi del livello di Emil Cioran. Le sue scelte ebbero un peso non indifferente sull’orientamento di molti suoi coetanei. Il dibattito sul silenzio di Eliade non può non tener conto di questo aspetto. La storiografia si è divisa tanto sul giudizio da dare sugli scritti giovanili dello studioso, quanto sul suo tentativo di nascondere le inclinazioni antidemocratiche (e antisemite) di allora. Una parte degli storici ha sposato la posizione “innocentista”, negando il carattere antisemita della produzione giovanile di Eliade. Questo gruppo conta numerosi sostenitori soprattutto in Romania, dove il dibattito storiografico è fortemente condizionato dalla situazione politica e dalla ricomparsa dopo il 1989 di gruppi neolegionari. Altri storici hanno accettato le inclinazioni antidemocratiche di Eliade, esaltandole però come un elemento positivo e cercando di dimostrare la permanenza di tali elementi anche nella produzione successiva dell’autore: tra questi l’italiano Claudio Mutti. Più nutrito, soprattutto nella storiografia occidentale, il gruppo di coloro che hanno ricostruito la produzione di Eliade del tempo sottolineando le responsabilità di Eliade non tanto per le idee espresse in gioventù, quanto per il successivo colpevole silenzio su quel periodo. La domanda se quello di Eliade possa essere definito un “fanatismo giovanile” poi rinnegato o sia stato piuttosto una convinzione profonda resterà probabilmente senza risposta, ma la ricostruzione del dibattito storiografico è comunque un aspetto importante dell’analisi della tematica.
2008
9788831796354
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/133230
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