All’indomani della emanazione da parte dell’Assemblea nazionale della Costituzione civile del clero (1790), che sanzionò la definitiva rottura tra la Rivoluzione e la tradizione cattolica, venne composto un opuscolo che, negando sostanzialmente l’efficacia di atteggiamenti di chiusura e di netta ostilità alle innovazioni prodotte, giudicava necessario un confronto con la Rivoluzione attraverso la convocazione di un Concilio ecumenico. Il testo anonimo, ma di un autore di origine piacentina o che è stato a lungo a Piacenza, ebbe una storia tormentata e vide la luce a Lugano, ad opera della Tipografia degli Agnelli, solo tra la fine del 1794 e gli inizi del 1795. Il volume, oltre a ricostruire le vicende tipografiche dell’opuscolo, affronta la questione dell’autore, del suo entourage di probabili ispiratori, lettori, collaboratori ed evidenzia i punti nevralgici della nuova organizzazione delle istituzioni ecclesiastiche che il desiderato Concilio doveva predisporre. Un nuovo sistema di elezione del pontefice, di nomina dei vescovi, dei membri del Concilio ecumenico, la ricezione del tema della sinodalità, con una forte attenzione a salvaguardare il ruolo di Roma, l’apertura nella formazione del clero a istanze culturali provenienti dal secolo dei Lumi e, infine, la valorizzazione dei laici nell’amministrazione del patrimonio ecclesiastico, sono i temi principali che emergono dalla lettura del testo. Si tratta di una posizione religiosa aperta alle esigenze di riforma, con qualche apertura all’ Aufklärung cattolica, che ha l’obiettivo di elaborare una Costituzione per la Chiesa come parte integrante dei diritti dell’uomo; un opuscolo che finì presto nel dimenticatoio, ma che resta un interessante documento della permeabilità tra cultura ecclesiastica sensibile alle strutture amministrative e iniziative del riformismo politico tra assolutismo e rivoluzione.
Una Costituzione per la Chiesa. La proposta di un Concilio ecumenico negli anni della Rivoluzione francese
TOSTI, Mario
2006
Abstract
All’indomani della emanazione da parte dell’Assemblea nazionale della Costituzione civile del clero (1790), che sanzionò la definitiva rottura tra la Rivoluzione e la tradizione cattolica, venne composto un opuscolo che, negando sostanzialmente l’efficacia di atteggiamenti di chiusura e di netta ostilità alle innovazioni prodotte, giudicava necessario un confronto con la Rivoluzione attraverso la convocazione di un Concilio ecumenico. Il testo anonimo, ma di un autore di origine piacentina o che è stato a lungo a Piacenza, ebbe una storia tormentata e vide la luce a Lugano, ad opera della Tipografia degli Agnelli, solo tra la fine del 1794 e gli inizi del 1795. Il volume, oltre a ricostruire le vicende tipografiche dell’opuscolo, affronta la questione dell’autore, del suo entourage di probabili ispiratori, lettori, collaboratori ed evidenzia i punti nevralgici della nuova organizzazione delle istituzioni ecclesiastiche che il desiderato Concilio doveva predisporre. Un nuovo sistema di elezione del pontefice, di nomina dei vescovi, dei membri del Concilio ecumenico, la ricezione del tema della sinodalità, con una forte attenzione a salvaguardare il ruolo di Roma, l’apertura nella formazione del clero a istanze culturali provenienti dal secolo dei Lumi e, infine, la valorizzazione dei laici nell’amministrazione del patrimonio ecclesiastico, sono i temi principali che emergono dalla lettura del testo. Si tratta di una posizione religiosa aperta alle esigenze di riforma, con qualche apertura all’ Aufklärung cattolica, che ha l’obiettivo di elaborare una Costituzione per la Chiesa come parte integrante dei diritti dell’uomo; un opuscolo che finì presto nel dimenticatoio, ma che resta un interessante documento della permeabilità tra cultura ecclesiastica sensibile alle strutture amministrative e iniziative del riformismo politico tra assolutismo e rivoluzione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.