Il lavoro analizza le principali caratteristiche del giudizio in via principale mettendo in luce nel contempo le differenze più significative che lo contraddistinguono rispetto al giudizio in via incidentale. Un’attenzione particolare è dedicata all’influenza esercitata dall’incremento del contenzioso Stato-Regioni (successivo all’entrata in vigore della riforma del Titolo V) sul processo costituzionale. Si è così evidenziato come la Corte, attraverso il concetto di “ridondanza” (nel senso di lesione indiretta delle attribuzioni regionali da parte della legislazione statale), sia riuscita a temperare quella disparità, sul piano dei vizi denunciabili, che la riforma del Titolo V ha mantenuto in vita; si è sottolineato il carattere più rigoroso assunto dal controllo della Corte sulla motivazione del ricorso (statale o regionale); si è fatto riferimento alla possibilità, riconosciuta ai ricorrenti, di prospettare questioni in termini dubitativi o alternativi, alla netta chiusura della Corte nei confronti dell’intervento da parte di soggetti terzi, alla “separazione-riunione” delle questioni più complesse al fine di agevolare l’esercizio del sindacato costituzionale. Si è infine rilevata la tendenza da parte dei soggetti confliggenti ad accordarsi dopo la prospettazione del ricorso dinanzi alla Corte ma prima che questa si sia pronunciata sulla questione. Molti giudizi in via principale vengono definiti di conseguenza con una pronuncia di estinzione per rinuncia o di cessazione della materia del contendere, con una evidente inutile attivazione del processo costituzionale. Il lavoro si conclude con l’analisi delle principali soluzioni ipotizzate in ambito giurisprudenziale, dottrinale o politico, per far fronte alle maggiori problematiche messe in luce dall’analisi del giudizio in via principale e, in particolare, per contrastare l’ingente contenzioso tra Stato e Regioni.

L'attuale connotazione del giudizio in via principale (svolgimento del processo e tipologie decisorie)

PESOLE, Luciana
2015

Abstract

Il lavoro analizza le principali caratteristiche del giudizio in via principale mettendo in luce nel contempo le differenze più significative che lo contraddistinguono rispetto al giudizio in via incidentale. Un’attenzione particolare è dedicata all’influenza esercitata dall’incremento del contenzioso Stato-Regioni (successivo all’entrata in vigore della riforma del Titolo V) sul processo costituzionale. Si è così evidenziato come la Corte, attraverso il concetto di “ridondanza” (nel senso di lesione indiretta delle attribuzioni regionali da parte della legislazione statale), sia riuscita a temperare quella disparità, sul piano dei vizi denunciabili, che la riforma del Titolo V ha mantenuto in vita; si è sottolineato il carattere più rigoroso assunto dal controllo della Corte sulla motivazione del ricorso (statale o regionale); si è fatto riferimento alla possibilità, riconosciuta ai ricorrenti, di prospettare questioni in termini dubitativi o alternativi, alla netta chiusura della Corte nei confronti dell’intervento da parte di soggetti terzi, alla “separazione-riunione” delle questioni più complesse al fine di agevolare l’esercizio del sindacato costituzionale. Si è infine rilevata la tendenza da parte dei soggetti confliggenti ad accordarsi dopo la prospettazione del ricorso dinanzi alla Corte ma prima che questa si sia pronunciata sulla questione. Molti giudizi in via principale vengono definiti di conseguenza con una pronuncia di estinzione per rinuncia o di cessazione della materia del contendere, con una evidente inutile attivazione del processo costituzionale. Il lavoro si conclude con l’analisi delle principali soluzioni ipotizzate in ambito giurisprudenziale, dottrinale o politico, per far fronte alle maggiori problematiche messe in luce dall’analisi del giudizio in via principale e, in particolare, per contrastare l’ingente contenzioso tra Stato e Regioni.
2015
9788824323703
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