Attraverso un’ampia documentazione, il libro ricostruisce la storia del pacifismo italiano di matrice radicale, repubblicana e liberale progressista, dalla nascita in Italia della prima associazione pacifista «ufficiale», avvenuta nel 1885 a Torino, fino agli anni del primo dopoguerra. Il lento, spesso faticoso, ma costante processo di crescita del movimento italiano per la pace, riconosciuto anche sul piano internazionale con l’assegnazione nel 1907 del premio Nobel per la pace a Ernesto Teodoro Moneta, fu interrotto dalla guerra di Libia, la quale provocò al suo interno una spaccatura fra coloro che approvavano l’impresa per considerazioni di natura nazional-patriottica e quanti, viceversa, l’avversavano con fermezza, giudicandola una pura guerra di conquista. La crisi d’identità del pacifismo democratico italiano fu aggravata dallo scoppio del primo conflitto mondiale, poiché finirono con l’aderire alla causa interventista non solo quei suoi rappresentanti che si erano espressi a favore della guerra italo-turca, ma quasi tutti quelli che l’avevano osteggiata. Essi videro nel conflitto divampato nel 1914 una «guerra contro la guerra», una «guerra per la pace» e, perciò, una «guerra giusta». Non per questo i dirigenti del pacifismo borghese italiano che avevano fatto proprie le ragioni dell’interventismo democratico rinnegarono gli ideali pacifisti, prova ne sia che, nell’intento di instaurare una pace equa, solida e duratura, oltre a vagheggiare la costituzione di una federazione degli stati europei, sin dalle ultime settimane di guerra si fecero paladini dei princìpi wilsoniani e della necessità di dar vita a una Società delle Nazioni

Patria e umanità. Il pacifismo democratico italiano dalla guerra di Libia alla nascita della Società delle Nazioni

D'ANGELO, Lucio
2016

Abstract

Attraverso un’ampia documentazione, il libro ricostruisce la storia del pacifismo italiano di matrice radicale, repubblicana e liberale progressista, dalla nascita in Italia della prima associazione pacifista «ufficiale», avvenuta nel 1885 a Torino, fino agli anni del primo dopoguerra. Il lento, spesso faticoso, ma costante processo di crescita del movimento italiano per la pace, riconosciuto anche sul piano internazionale con l’assegnazione nel 1907 del premio Nobel per la pace a Ernesto Teodoro Moneta, fu interrotto dalla guerra di Libia, la quale provocò al suo interno una spaccatura fra coloro che approvavano l’impresa per considerazioni di natura nazional-patriottica e quanti, viceversa, l’avversavano con fermezza, giudicandola una pura guerra di conquista. La crisi d’identità del pacifismo democratico italiano fu aggravata dallo scoppio del primo conflitto mondiale, poiché finirono con l’aderire alla causa interventista non solo quei suoi rappresentanti che si erano espressi a favore della guerra italo-turca, ma quasi tutti quelli che l’avevano osteggiata. Essi videro nel conflitto divampato nel 1914 una «guerra contro la guerra», una «guerra per la pace» e, perciò, una «guerra giusta». Non per questo i dirigenti del pacifismo borghese italiano che avevano fatto proprie le ragioni dell’interventismo democratico rinnegarono gli ideali pacifisti, prova ne sia che, nell’intento di instaurare una pace equa, solida e duratura, oltre a vagheggiare la costituzione di una federazione degli stati europei, sin dalle ultime settimane di guerra si fecero paladini dei princìpi wilsoniani e della necessità di dar vita a una Società delle Nazioni
2016
978-88-15-26482-4
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