L’articolo esamina il modo in cui sono state presentate e tradotte in italiano le opere di alcuni scrittori scozzesi che nelle ultime decadi si sono resi visibili sulla scena letteraria mondiale in quanto rappresentanti della “Nuova letteratura scozzese” o “Nuovo rinascimento scozzese”. Questo fenomeno letterario emerso negli anni Ottanta con autori come James Kelman e Alasdair Gray, e continuato nel decennio successivo con scrittori come Irvine Welsh, autore del romanzo cult Trainspotting, si è caratterizzato per la forte impronta identitaria delle opere, veicolata specialmente attraverso la scelta di impiegare lo Scots, lingua o dialetto scozzese, invece dell’inglese, come lingua letteraria, sfidando radicate convenzioni e tradizioni culturali. Le scelte linguistiche degli autori scozzesi vengono inevitabilmente annullate nelle traduzioni italiane, eliminando così anche l’elemento identitario espresso dalla lingua. Questa perdita viene però raramente compensata con altre strategie. Si sottolinea infatti come, con poche eccezioni, anche gli elementi paratestuali tendano a ridurre la visibilità scozzese preferendo per esempio proporre titoli che ricordano in varia misura l’universo della “chemical generation” di Trainspotting. L’analisi si conclude con la considerazione che se da una parte la riduzione o l’eliminazione della “scozzesità” delle opere è imputabile alla mancanza di punti di riferimento letterario - non essendo la letteratura scozzese istituzionalizzata in Italia - dall’altra parte è evidente che fattori commerciali e culturali sono entrati in gioco e si è preferito allineare queste opere al canone della letteratura dei “giovani arrabbiati”, un genere molto più riconoscibile e economicamente proficuo.

Translating the New Scotland

BIANCHI, Diana
2008

Abstract

L’articolo esamina il modo in cui sono state presentate e tradotte in italiano le opere di alcuni scrittori scozzesi che nelle ultime decadi si sono resi visibili sulla scena letteraria mondiale in quanto rappresentanti della “Nuova letteratura scozzese” o “Nuovo rinascimento scozzese”. Questo fenomeno letterario emerso negli anni Ottanta con autori come James Kelman e Alasdair Gray, e continuato nel decennio successivo con scrittori come Irvine Welsh, autore del romanzo cult Trainspotting, si è caratterizzato per la forte impronta identitaria delle opere, veicolata specialmente attraverso la scelta di impiegare lo Scots, lingua o dialetto scozzese, invece dell’inglese, come lingua letteraria, sfidando radicate convenzioni e tradizioni culturali. Le scelte linguistiche degli autori scozzesi vengono inevitabilmente annullate nelle traduzioni italiane, eliminando così anche l’elemento identitario espresso dalla lingua. Questa perdita viene però raramente compensata con altre strategie. Si sottolinea infatti come, con poche eccezioni, anche gli elementi paratestuali tendano a ridurre la visibilità scozzese preferendo per esempio proporre titoli che ricordano in varia misura l’universo della “chemical generation” di Trainspotting. L’analisi si conclude con la considerazione che se da una parte la riduzione o l’eliminazione della “scozzesità” delle opere è imputabile alla mancanza di punti di riferimento letterario - non essendo la letteratura scozzese istituzionalizzata in Italia - dall’altra parte è evidente che fattori commerciali e culturali sono entrati in gioco e si è preferito allineare queste opere al canone della letteratura dei “giovani arrabbiati”, un genere molto più riconoscibile e economicamente proficuo.
2008
9788873953685
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