Anche la norma di cui all’art. 2497 quater, comma 1, lett. c) del codice civile sembra rimandare ad un inquadramento del recesso come strumento che mette il gruppo di comando di fronte alle conseguenze dell’exit del socio, aprendo ad una rinegoziazione nella prospettiva eventuale della permanenza in società del recedente. Poiché il presupposto dello specifico rimedio si lega, seppur non esclusivamente, a vicende di subentro nel controllo, di norma alla base dell’inizio o della cessazione della direzione e coordinamento, considerate anche le condizioni di esclusione del recesso in esame (come è noto esso non è dato quando si ha riguardo a società con azioni quotate in mercati regolamentati e quando venga promossa un’o.p.a.) si potrebbe essere anche indotti a pensare alla norma in esame come alla tessera mancante di una regolamentazione del mercato del controllo voluta dal legislatore fino alla riforma solo per le quotate. Vero è però che una simile impostazione, più o meno implicita nelle travagliate letture di una norma che – come è stato osservato dai più - non brilla certo per chiarezza, deve confrontarsi con la specificità del presupposto dell’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento; che sembra viceversa più rispondente all’esperienza anglosassone della tutela del socio di fronte all’unfair prejudice. Di qui il quesito che la ricerca affronta: può accadere che un socio debba sopportare le conseguenze riflesse di un recesso da altri intimato senza esser stato a sua volta in condizione di recedere? La risposta positiva, cui lo studio perviene, pone l’esigenza di una rinnovata riflessione sull’inquadramento del rimedio, posto che la società è resa debitore di ultima istanza in relazione ai costi di liquidazione di un tale recesso, nonostante esso sia in relazione alle conseguenze di una direzione e coordinamento che è esterna alla società, non riferibile cioè a tutti i soci. Se e quali tutele ha allora il socio che non recede? Per una risposta la ricerca guarda alle norme sulla direzione e coordinamento, restando esse il primario riferimento di un recesso cui la legge impone di applicare, ma solo in quanto compatibili, le norme generali sul recesso da s.p.a. e da s.r.l..

Il socio che non recede (una rilettura dell'art.2497-quater, comma 1, lett. c) del codice civile)

Francesco Buccellato
2018

Abstract

Anche la norma di cui all’art. 2497 quater, comma 1, lett. c) del codice civile sembra rimandare ad un inquadramento del recesso come strumento che mette il gruppo di comando di fronte alle conseguenze dell’exit del socio, aprendo ad una rinegoziazione nella prospettiva eventuale della permanenza in società del recedente. Poiché il presupposto dello specifico rimedio si lega, seppur non esclusivamente, a vicende di subentro nel controllo, di norma alla base dell’inizio o della cessazione della direzione e coordinamento, considerate anche le condizioni di esclusione del recesso in esame (come è noto esso non è dato quando si ha riguardo a società con azioni quotate in mercati regolamentati e quando venga promossa un’o.p.a.) si potrebbe essere anche indotti a pensare alla norma in esame come alla tessera mancante di una regolamentazione del mercato del controllo voluta dal legislatore fino alla riforma solo per le quotate. Vero è però che una simile impostazione, più o meno implicita nelle travagliate letture di una norma che – come è stato osservato dai più - non brilla certo per chiarezza, deve confrontarsi con la specificità del presupposto dell’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento; che sembra viceversa più rispondente all’esperienza anglosassone della tutela del socio di fronte all’unfair prejudice. Di qui il quesito che la ricerca affronta: può accadere che un socio debba sopportare le conseguenze riflesse di un recesso da altri intimato senza esser stato a sua volta in condizione di recedere? La risposta positiva, cui lo studio perviene, pone l’esigenza di una rinnovata riflessione sull’inquadramento del rimedio, posto che la società è resa debitore di ultima istanza in relazione ai costi di liquidazione di un tale recesso, nonostante esso sia in relazione alle conseguenze di una direzione e coordinamento che è esterna alla società, non riferibile cioè a tutti i soci. Se e quali tutele ha allora il socio che non recede? Per una risposta la ricerca guarda alle norme sulla direzione e coordinamento, restando esse il primario riferimento di un recesso cui la legge impone di applicare, ma solo in quanto compatibili, le norme generali sul recesso da s.p.a. e da s.r.l..
2018
978-88-495-3619-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1429917
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