L’età tardoantica è spesso concepita, specie riguardo ai rapporti familiari, come momento di radicali mutamenti indotti da cristianesimo, costumi provinciali o correnti ellenizzanti. In particolare, quanto alla patria potestas, è forte la tendenza a vederne uno svuotamento di contenuti tale da renderla simile alla tutela. Ciò, tuttavia, nasconde l’insidia di generalizzazioni potenzialmente fuorvianti. In quest’ottica, il lavoro considera alcuni aspetti del potere paterno quali il diritto di vita e di morte sui figli, la vendita e l’esposizione della prole. Si può, ad es., raffigurare il venir meno della vitae necisque potestas al paterfamilias come atto grave e solenne oppure si è trattato di averne registrato la marginalità? Il confronto con le fonti suggerisce l’idea di un “ricambio normativo” per cui essa appare superata da diversa disciplina che la relega a residuo storico senza che, però, ne venga dimenticato il forte valore simbolico. Sulla vendita, Costantino è autore di provvedimenti che sembrano muoversi in prospettive diverse ma che sfociano, nel 329, nella previsione della cedibilità dei neonati da parte di genitori in estrema miseria. L’indigenza è alla base di altri provvedimenti tardoimperiali, finché il diritto giustinianeo dispone l’invalidità della vendita dei liberi, ma ammette l’alienabilità dei neonati. Circa l’expositio, Costantino consente al raccoglitore di assegnare all’esposto lo status di libero o schiavo con conseguente perdita della potestà del paterfamilias originario. La stabilità della posizione del nutritor suona come invito a salvare gli esposti. Interventi imperiali successivi, anche sotto Giustiniano, non appaiono equiparare tout court l’esposizione dei neonati alla loro soppressione. In conclusione, emerge come non tutto converga nel senso dello svuotamento della potestà paterna. Si può quindi convenire con chi ritiene che, nel Tardoantico, essa venga sì ad essere modificata, ma dando significato “neutro” all’espressione.
De iure necandi et vendendi et exponendi liberos nel diritto romano tardoimperiale
Lorenzi Carlo
2018
Abstract
L’età tardoantica è spesso concepita, specie riguardo ai rapporti familiari, come momento di radicali mutamenti indotti da cristianesimo, costumi provinciali o correnti ellenizzanti. In particolare, quanto alla patria potestas, è forte la tendenza a vederne uno svuotamento di contenuti tale da renderla simile alla tutela. Ciò, tuttavia, nasconde l’insidia di generalizzazioni potenzialmente fuorvianti. In quest’ottica, il lavoro considera alcuni aspetti del potere paterno quali il diritto di vita e di morte sui figli, la vendita e l’esposizione della prole. Si può, ad es., raffigurare il venir meno della vitae necisque potestas al paterfamilias come atto grave e solenne oppure si è trattato di averne registrato la marginalità? Il confronto con le fonti suggerisce l’idea di un “ricambio normativo” per cui essa appare superata da diversa disciplina che la relega a residuo storico senza che, però, ne venga dimenticato il forte valore simbolico. Sulla vendita, Costantino è autore di provvedimenti che sembrano muoversi in prospettive diverse ma che sfociano, nel 329, nella previsione della cedibilità dei neonati da parte di genitori in estrema miseria. L’indigenza è alla base di altri provvedimenti tardoimperiali, finché il diritto giustinianeo dispone l’invalidità della vendita dei liberi, ma ammette l’alienabilità dei neonati. Circa l’expositio, Costantino consente al raccoglitore di assegnare all’esposto lo status di libero o schiavo con conseguente perdita della potestà del paterfamilias originario. La stabilità della posizione del nutritor suona come invito a salvare gli esposti. Interventi imperiali successivi, anche sotto Giustiniano, non appaiono equiparare tout court l’esposizione dei neonati alla loro soppressione. In conclusione, emerge come non tutto converga nel senso dello svuotamento della potestà paterna. Si può quindi convenire con chi ritiene che, nel Tardoantico, essa venga sì ad essere modificata, ma dando significato “neutro” all’espressione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.