Il saggio riassume alcuni argomenti di un più ampio volume in preparazione. La “Metafisica dei segni”, ovvero lo svelamento nietzschiano dell’incapacità del segno di offrire per intero la comprensione della “cosa in sé” e del non-sense generale dell’esistenza, contempla il salto che destabilizza la Storia come “narrazione”. Il percorso di maturazione di de Chirico prima dell’approdo a Parigi, quindi, può anche intendersi come rivelazione di una “Metafisica della Storia” intendendo per Storia l’affermazione epocale di Verità attraverso segni. Questa traccia è già stata percorsa nel 2014 da Ara H. Merjian in un ampio studio sul de Chirico parigino alla luce del pensiero di Nietzsche, senza troppo insistere, come avvertiva l’autore, sugli aspetti di più stringente analisi iconografica delle opere. Per altri versi, nel 2013 si è tornati ad evidenziare, riprendendo ormai storiche esegesi di Calvesi, l’innegabile presenza nella produzione perlopiù parigina del pittore, “L’enigma dell’arrivo e di un pomeriggio” in particolare, di alcune fra le più note simbologie della tradizione esoterico-massonica. È pur vero, d’altro canto, che la rivelazione di una “Metafisica della Storia” e quel tipo di simbologia, all’epoca dei fatti di cui si parla, trovavano non poche convergenze nella parabola di teorie della lunga e composita vicenda degli studi comparati delle religioni la quale sfociava sul finire del secolo nell’eterogenea pluralità di movimenti laici, religiosi, pseudoreligiosi, teosofici, anticlericali e in ultimo antisemiti, talvolta molto vicini se non sovrapponibili alle stesse diverse correnti interne alla massoneria internazionale. Intento di questo saggio, quindi, quello di proporre, tenendo conto anche dei dati acquisiti dalle ricerche di Victoria Noel-Johnson e Nicol Mocchi sulle letture effettuate da de Chirico e Savinio a Milano e Firenze, qualche considerazione in più sui possibili presupposti e concetti impliciti di una “Metafisica della storia” tornando sul contesto monacense e l'iconografia di alcune opere del de Chirico parigino. Un aspetto forse non sottolineato abbastanza dell’esperienza monacense di de Chirico, infatti, è quello dell’eredità degli studi di George Friedrich Creuzer che ancora si respirava nell’ambiente ellenizzante di Monaco e della sua Accademia, essendo in essi per buona parte l’origine tanto della “mitologia della natura” di Böcklin, che, per contrasto, del pensiero di Nietzsche. Delle teorie del “Symbolik und Mythologie der alten Völker, besonders der Griechen” di Creuzer molteplici sembrano i riferimenti nella prima attività di de Chirico e Savinio, tanto da giustificare una loro approfondita conoscenza da parte dei due artisti sin dagli anni di Monaco. Su ciò veniva ad innestarsi la conoscenza degli scritti di Nietzsche e delle letture effettuate durante gli anni di Milano e Firenze tese ad approfondire il rapporto tra conoscenza, morale e agire sociale in Heghel, Kant e Schopenhauer, nonché la questione delle analogie fra culti mediterranei ed orientali su cui si costruiva l’impalcatura tanto degli studi comparati delle religioni che delle pervasive dottrine teosofiche tutte. Ciò avrebbe, appunto, maturato in de Chirico la convinzione di come il “segno” informasse da sempre la Storia delle sue “prospettive” e della necessità di rivelare attraverso il “sistema enigmistico” attualizzante le antiche ierofanie la Metafisica della Storia. Nelle opere realizzate a Parigi, di alcune delle quali si propone una nuova lettura iconografica, il “sistema enigmistico” veniva ad opporre alle “strategie moderniste” e ad un’insepolta fortuna dell’Orfismo antico un’aspirazione al “nuovo ma ideologicamente opposto”.
La Metafisica della storia. Creuzer, De Chirico e l'enigma del quadrato
A. Migliorati
2018
Abstract
Il saggio riassume alcuni argomenti di un più ampio volume in preparazione. La “Metafisica dei segni”, ovvero lo svelamento nietzschiano dell’incapacità del segno di offrire per intero la comprensione della “cosa in sé” e del non-sense generale dell’esistenza, contempla il salto che destabilizza la Storia come “narrazione”. Il percorso di maturazione di de Chirico prima dell’approdo a Parigi, quindi, può anche intendersi come rivelazione di una “Metafisica della Storia” intendendo per Storia l’affermazione epocale di Verità attraverso segni. Questa traccia è già stata percorsa nel 2014 da Ara H. Merjian in un ampio studio sul de Chirico parigino alla luce del pensiero di Nietzsche, senza troppo insistere, come avvertiva l’autore, sugli aspetti di più stringente analisi iconografica delle opere. Per altri versi, nel 2013 si è tornati ad evidenziare, riprendendo ormai storiche esegesi di Calvesi, l’innegabile presenza nella produzione perlopiù parigina del pittore, “L’enigma dell’arrivo e di un pomeriggio” in particolare, di alcune fra le più note simbologie della tradizione esoterico-massonica. È pur vero, d’altro canto, che la rivelazione di una “Metafisica della Storia” e quel tipo di simbologia, all’epoca dei fatti di cui si parla, trovavano non poche convergenze nella parabola di teorie della lunga e composita vicenda degli studi comparati delle religioni la quale sfociava sul finire del secolo nell’eterogenea pluralità di movimenti laici, religiosi, pseudoreligiosi, teosofici, anticlericali e in ultimo antisemiti, talvolta molto vicini se non sovrapponibili alle stesse diverse correnti interne alla massoneria internazionale. Intento di questo saggio, quindi, quello di proporre, tenendo conto anche dei dati acquisiti dalle ricerche di Victoria Noel-Johnson e Nicol Mocchi sulle letture effettuate da de Chirico e Savinio a Milano e Firenze, qualche considerazione in più sui possibili presupposti e concetti impliciti di una “Metafisica della storia” tornando sul contesto monacense e l'iconografia di alcune opere del de Chirico parigino. Un aspetto forse non sottolineato abbastanza dell’esperienza monacense di de Chirico, infatti, è quello dell’eredità degli studi di George Friedrich Creuzer che ancora si respirava nell’ambiente ellenizzante di Monaco e della sua Accademia, essendo in essi per buona parte l’origine tanto della “mitologia della natura” di Böcklin, che, per contrasto, del pensiero di Nietzsche. Delle teorie del “Symbolik und Mythologie der alten Völker, besonders der Griechen” di Creuzer molteplici sembrano i riferimenti nella prima attività di de Chirico e Savinio, tanto da giustificare una loro approfondita conoscenza da parte dei due artisti sin dagli anni di Monaco. Su ciò veniva ad innestarsi la conoscenza degli scritti di Nietzsche e delle letture effettuate durante gli anni di Milano e Firenze tese ad approfondire il rapporto tra conoscenza, morale e agire sociale in Heghel, Kant e Schopenhauer, nonché la questione delle analogie fra culti mediterranei ed orientali su cui si costruiva l’impalcatura tanto degli studi comparati delle religioni che delle pervasive dottrine teosofiche tutte. Ciò avrebbe, appunto, maturato in de Chirico la convinzione di come il “segno” informasse da sempre la Storia delle sue “prospettive” e della necessità di rivelare attraverso il “sistema enigmistico” attualizzante le antiche ierofanie la Metafisica della Storia. Nelle opere realizzate a Parigi, di alcune delle quali si propone una nuova lettura iconografica, il “sistema enigmistico” veniva ad opporre alle “strategie moderniste” e ad un’insepolta fortuna dell’Orfismo antico un’aspirazione al “nuovo ma ideologicamente opposto”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.