Il saggio esamina l’evoluzione dello strumentario decisionale della Corte europea dei diritti dell’uomo con l’obiettivo di evidenziare la multiforme natura dei cd. pilot judgment ovverosia delle pronunce con le quali la dimensione internazionale dello schema processuale tipico di questo giudice si è arricchito, dapprima in via pretoria e poi per effetto della novella regolamentare del 2011, della possibilità di forzare la natura del giudicato in ambito Cedu (ricorso individuale, giustizia del caso singolo e connessa efficacia inter partes del decisum) per andare verso una giustizia destinata ad avere effetti erga omnes (e quindi in grado di superare l’affollamento dell’accesso al giudice europeo dei diritti umani per effetto dei ricorsi ripetitivi) per via dei limiti strutturali e di portata generale rinvenuti nella legislazione o nella normativa e nelle prassi amministrative e giudiziarie statali censurate o per effetto di colpevoli lacune del legislatore medesimo. Analogamente a quanto è accaduto nella giustizia costituzionale nazionale, in cui la Corte costituzionale ha raffinato gli strumenti decisionali a disposizione divenendo padrona del “suo” processo e affermando la sua attitudine a manipolare gli effetti caducatori delle pronunce di incostituzionalità, nella giustizia europea dei diritti umani si riscontra una - altrettanto problematica - tendenza all’uso disinvolto delle regole e dei meccanismi processuali. Questa tendenza si inserisce in un quadro assai variegato e sfumato di soluzioni che si traducono nella diversa intensità, talora scarsamente motivata, degli obblighi di riparazione a carico dello Stato condannato e, più in generale, possono esporre la Corte EDU a critiche e censure che contribuiscono a radicare processi di indebolimento della legittimazione di questo giudice internazionale affatto peculiare.

La “manipolazione” dell’efficacia delle sentenze della Corte EDU: misure riparatorie generali e sentenze pilota per andare oltre la “giustizia del caso singolo”

L. Cassetti
2019

Abstract

Il saggio esamina l’evoluzione dello strumentario decisionale della Corte europea dei diritti dell’uomo con l’obiettivo di evidenziare la multiforme natura dei cd. pilot judgment ovverosia delle pronunce con le quali la dimensione internazionale dello schema processuale tipico di questo giudice si è arricchito, dapprima in via pretoria e poi per effetto della novella regolamentare del 2011, della possibilità di forzare la natura del giudicato in ambito Cedu (ricorso individuale, giustizia del caso singolo e connessa efficacia inter partes del decisum) per andare verso una giustizia destinata ad avere effetti erga omnes (e quindi in grado di superare l’affollamento dell’accesso al giudice europeo dei diritti umani per effetto dei ricorsi ripetitivi) per via dei limiti strutturali e di portata generale rinvenuti nella legislazione o nella normativa e nelle prassi amministrative e giudiziarie statali censurate o per effetto di colpevoli lacune del legislatore medesimo. Analogamente a quanto è accaduto nella giustizia costituzionale nazionale, in cui la Corte costituzionale ha raffinato gli strumenti decisionali a disposizione divenendo padrona del “suo” processo e affermando la sua attitudine a manipolare gli effetti caducatori delle pronunce di incostituzionalità, nella giustizia europea dei diritti umani si riscontra una - altrettanto problematica - tendenza all’uso disinvolto delle regole e dei meccanismi processuali. Questa tendenza si inserisce in un quadro assai variegato e sfumato di soluzioni che si traducono nella diversa intensità, talora scarsamente motivata, degli obblighi di riparazione a carico dello Stato condannato e, più in generale, possono esporre la Corte EDU a critiche e censure che contribuiscono a radicare processi di indebolimento della legittimazione di questo giudice internazionale affatto peculiare.
2019
978 88 921 1888 1
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