Indubbiamente, scegliere costituisce una delle peculiarità più umane e umanizzanti (sovente, purtroppo, anche disumane, disumanizzanti) e, in molti ambiti della vita umana, la libertà di scelta - spesso esaltata almeno quanto è fraintesa e mistificata - viene considerata legittimante in toto la scelta compiuta e come base per discutere e sviluppare una tensione etica e una formazione verso tale tensione. Sempre, infatti, si rischia un errore di contestualizzazione: restringere l’attenzione sulla scelta “libera” e trascurare di esaminare attentamente le effettive possibilità che sono oggetto di scelta. Spesso, quest’ultima non è libera come sembrerebbe, allorché si presupponga che possa essere esercitata soltanto entro un già predisposto numero di alternative sulle quali non si può agire o pensare: quindi, più che predisposte o proposte, sono di fatto imposte. D’altra parte, neanche avere un’ampiezza di scelte è garanzia sufficiente che si possa esercitare liberamente la propria facoltà decisionale. L’angoscia kierkegaardiana può essere un esempio paradigmatico della paralisi a cui porta un eccesso di possibilità e soprattutto un’assenza di priorità e di proporzioni che dirimano le tante alternative. In ambito educativo, non si può formare alla libertà di scelta se non ci si fa carico anche di quali e quante scelte vengano messe in gioco, ossia se, almeno come ideale regolativo, tali possibilità debbano essere - per qualità e per numero - creative e indefinite o limitate. Soprattutto nelle scelte riguardanti la relazionalità umana, spessissimo, la percezione di avere, nel proprio presente e nel proprio futuro, una serie ampia ed aperta o, viceversa, ristretta e angusta, di alternative di scelta corrisponde al modo con il quale percepiamo gli altri e noi stessi. Noi siamo anche le nostre decisioni: pure attraverso di esse ci “costruiamo” un rispecchiamento o almeno una metafora di noi stessi. Concretamente, tra l’effettivo “uso” della libertà di decisione e la percezione e concezione di tale libertà esiste una circolarità: che sia virtuosa o viziosa è una scelta ed una responsabilità formativa. Infatti, ogni scelta si staglia su uno sfondo prima di tutto relazionale, dal quale si possono fare emergere percezioni e concezioni; inoltre necessita, imprescindibilmente, di fruire di almeno due facoltà umane: memoria e immaginazione. Il presene saggio costituisce una proposta una via per esercitare ed esplicitare tale fruizione attraverso le metafore e le etimologie.

Formare a scegliere attraverso memorie, immagini, metafore ed etimologie

Marco Milella
2019

Abstract

Indubbiamente, scegliere costituisce una delle peculiarità più umane e umanizzanti (sovente, purtroppo, anche disumane, disumanizzanti) e, in molti ambiti della vita umana, la libertà di scelta - spesso esaltata almeno quanto è fraintesa e mistificata - viene considerata legittimante in toto la scelta compiuta e come base per discutere e sviluppare una tensione etica e una formazione verso tale tensione. Sempre, infatti, si rischia un errore di contestualizzazione: restringere l’attenzione sulla scelta “libera” e trascurare di esaminare attentamente le effettive possibilità che sono oggetto di scelta. Spesso, quest’ultima non è libera come sembrerebbe, allorché si presupponga che possa essere esercitata soltanto entro un già predisposto numero di alternative sulle quali non si può agire o pensare: quindi, più che predisposte o proposte, sono di fatto imposte. D’altra parte, neanche avere un’ampiezza di scelte è garanzia sufficiente che si possa esercitare liberamente la propria facoltà decisionale. L’angoscia kierkegaardiana può essere un esempio paradigmatico della paralisi a cui porta un eccesso di possibilità e soprattutto un’assenza di priorità e di proporzioni che dirimano le tante alternative. In ambito educativo, non si può formare alla libertà di scelta se non ci si fa carico anche di quali e quante scelte vengano messe in gioco, ossia se, almeno come ideale regolativo, tali possibilità debbano essere - per qualità e per numero - creative e indefinite o limitate. Soprattutto nelle scelte riguardanti la relazionalità umana, spessissimo, la percezione di avere, nel proprio presente e nel proprio futuro, una serie ampia ed aperta o, viceversa, ristretta e angusta, di alternative di scelta corrisponde al modo con il quale percepiamo gli altri e noi stessi. Noi siamo anche le nostre decisioni: pure attraverso di esse ci “costruiamo” un rispecchiamento o almeno una metafora di noi stessi. Concretamente, tra l’effettivo “uso” della libertà di decisione e la percezione e concezione di tale libertà esiste una circolarità: che sia virtuosa o viziosa è una scelta ed una responsabilità formativa. Infatti, ogni scelta si staglia su uno sfondo prima di tutto relazionale, dal quale si possono fare emergere percezioni e concezioni; inoltre necessita, imprescindibilmente, di fruire di almeno due facoltà umane: memoria e immaginazione. Il presene saggio costituisce una proposta una via per esercitare ed esplicitare tale fruizione attraverso le metafore e le etimologie.
2019
978-88-9314-233-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1458097
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