Il libro, in cinque capitoli, ha lo scopo di illustrare come,tra Sei e Settecento, la riflessione critica nelle fonti storico artistiche europee abbia dedicato uno spazio crescente all’analisi del tema del paesaggio, che la teoria umanistica aveva confinato nel ruolo di corollario della pittura di storia. La forza propulsiva delle nuove idee, espresse soprattutto dagli scritti di Roger d Piles, contribuì all’affermazione di una visione della natura fondata sullo studio dei valori di luce e atmosfera osservati dal vero e la pittura di paesaggio conquistò un ruolo paritario rispetto agli altri generi, divenendo materia di routine nella formazione dei giovani pensionnaires dell’accademia di Francia a Roma. Sperimentando il piacere di disegnare e dipingere dal vero, gli artisti stranieri riscoprirono l’affascinante varietà del paesaggio italiano, non solo nei luoghi più celebri come Roma e i suoi dintorni; se Claude-Joseph Vernet definì il metodo pittorico per rendere la mutevolezza dei fenomeni naturali nei diversi momenti della giornata, condizionando con la sua visione innovativa intere generazioni di artisti di ogni nazionalità, altri maestri stranieri come Richard Wilson, Joshua Reynolds o Jacob Philipp Hackert viaggiarono nel cuore dell’Italia alla ricerca di scenari più nascosti, restituendone nei loro sketchbooks e album la bellezza solitaria e segreta. Non furono molti gli artisti italiani che alla metà del Settecento guardarono con curiosità ai metodi degli artisti viaggiatori stranieri; un caso di studio è costituito però dall'attività di un maestro perugino, Carlo Spiridione Mariotti, la cui originalità e internazionalità di visione è ancora per molti aspetti da riscoprire, che disegnò il paesaggio di Roma e dintorni e dei luoghi visitati durante alcune escursioni con un approccio che risente in modo palese delle novità portate in Italia dagli artisti europei.
Disegnare e dipingere il paesaggio nel Settecento. Teorie e modelli figurativi per una moderna rappresentazione della natura
Silvia Blasio
2020
Abstract
Il libro, in cinque capitoli, ha lo scopo di illustrare come,tra Sei e Settecento, la riflessione critica nelle fonti storico artistiche europee abbia dedicato uno spazio crescente all’analisi del tema del paesaggio, che la teoria umanistica aveva confinato nel ruolo di corollario della pittura di storia. La forza propulsiva delle nuove idee, espresse soprattutto dagli scritti di Roger d Piles, contribuì all’affermazione di una visione della natura fondata sullo studio dei valori di luce e atmosfera osservati dal vero e la pittura di paesaggio conquistò un ruolo paritario rispetto agli altri generi, divenendo materia di routine nella formazione dei giovani pensionnaires dell’accademia di Francia a Roma. Sperimentando il piacere di disegnare e dipingere dal vero, gli artisti stranieri riscoprirono l’affascinante varietà del paesaggio italiano, non solo nei luoghi più celebri come Roma e i suoi dintorni; se Claude-Joseph Vernet definì il metodo pittorico per rendere la mutevolezza dei fenomeni naturali nei diversi momenti della giornata, condizionando con la sua visione innovativa intere generazioni di artisti di ogni nazionalità, altri maestri stranieri come Richard Wilson, Joshua Reynolds o Jacob Philipp Hackert viaggiarono nel cuore dell’Italia alla ricerca di scenari più nascosti, restituendone nei loro sketchbooks e album la bellezza solitaria e segreta. Non furono molti gli artisti italiani che alla metà del Settecento guardarono con curiosità ai metodi degli artisti viaggiatori stranieri; un caso di studio è costituito però dall'attività di un maestro perugino, Carlo Spiridione Mariotti, la cui originalità e internazionalità di visione è ancora per molti aspetti da riscoprire, che disegnò il paesaggio di Roma e dintorni e dei luoghi visitati durante alcune escursioni con un approccio che risente in modo palese delle novità portate in Italia dagli artisti europei.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.