Il contributo propone agli educatori, di fornirsi reciprocamente di un “vocabolario” e di un “atlante” nei quali descrivano se stessi e le proprie sensazioni interiori al fine di essere più attenti e responsabili riguardo a quali sensazioni, emozioni e sentimenti attribuire agli anziani residenti. Si tratta, quindi, di intrecciare la ricerca delle parole e la direzione dei “movimenti” che le emozioni provocano, tenendo conto dei rischi di staticità e di “pigrizia” ai quali ci si espone lavorando di fronte ad anziani istituzionalizzati. È per questi motivi che, al vocabolario e all’atlante di emozioni e di atti, riguardanti gli anziani, bisogna affiancarne altrettanti che ricomprendano gli educatori che sono chiamati a “elaborarli”. Tutto ciò è necessario per imparare che la percezione e la descrizione, che gli educatori sperimentano dell’anziano, non sono indifferenti: hanno ricadute sulla concezione e operatività degli educatori stessi, che, perciò, non possono esimersi dal coinvolgimento relazionale, da una “doppia ermeneutica” che si rivela anche “descrizione doppia”: rispecchiamento in se stessi di come si inquadrano gli anziani. La strada formativa per uscire dai circoli viziosi della ripetizione triste e stantia di percezioni e concezioni preconfezionate è quella dell’immaginazione, quella della messa in circolo di invenzioni di storie attribuite e attribuibili agli anziani, non per ingabbiarli in una storia unica, ma, al contrario, per renderli ancora protagonisti di uno scambio di relazioni e storie che li rivestano di rispetto e di nuova e mai sufficiente attenzione da parte degli educatori e della parte di società che questi ultimi “rappresentano”.
Educatori che (si) danno voce per “muoversi” con gli anziani istituzionalizzati
Milella
2021
Abstract
Il contributo propone agli educatori, di fornirsi reciprocamente di un “vocabolario” e di un “atlante” nei quali descrivano se stessi e le proprie sensazioni interiori al fine di essere più attenti e responsabili riguardo a quali sensazioni, emozioni e sentimenti attribuire agli anziani residenti. Si tratta, quindi, di intrecciare la ricerca delle parole e la direzione dei “movimenti” che le emozioni provocano, tenendo conto dei rischi di staticità e di “pigrizia” ai quali ci si espone lavorando di fronte ad anziani istituzionalizzati. È per questi motivi che, al vocabolario e all’atlante di emozioni e di atti, riguardanti gli anziani, bisogna affiancarne altrettanti che ricomprendano gli educatori che sono chiamati a “elaborarli”. Tutto ciò è necessario per imparare che la percezione e la descrizione, che gli educatori sperimentano dell’anziano, non sono indifferenti: hanno ricadute sulla concezione e operatività degli educatori stessi, che, perciò, non possono esimersi dal coinvolgimento relazionale, da una “doppia ermeneutica” che si rivela anche “descrizione doppia”: rispecchiamento in se stessi di come si inquadrano gli anziani. La strada formativa per uscire dai circoli viziosi della ripetizione triste e stantia di percezioni e concezioni preconfezionate è quella dell’immaginazione, quella della messa in circolo di invenzioni di storie attribuite e attribuibili agli anziani, non per ingabbiarli in una storia unica, ma, al contrario, per renderli ancora protagonisti di uno scambio di relazioni e storie che li rivestano di rispetto e di nuova e mai sufficiente attenzione da parte degli educatori e della parte di società che questi ultimi “rappresentano”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.