Il saggio contiene i risultati di una ricerca interdisciplinare (economia e psicologia), il cui titolo trae ispirazione dal famoso libro “Lo spirito del dono” di J.Godbout, scritto in collaborazione con Alain Caillè (1993). La ricerca ha avuto come primo obiettivo quello di verificare, tramite analisi econometrica e statistica, quale è l'interpretazione del dono (purista, strumentale o relazionale?) attualmente prevalente tra un gruppo di giovani studenti e neolaureati in discipline economiche della regione Umbria. Il secondo obiettivo della ricerca è stato quello di analizzare, attraverso il contributo della Psicologia, i tratti di personalità degli intervistati in relazione, più o meno coerente, alla loro rappresentazione mentale del dono. Praticamente ciò è consistito nel verificare quali livelli di energia, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale fossero corrispondenti alla concezione di dono prevalentemente riscontrata tra gli individui oggetto di indagine e se tali livelli fossero concordanti con essa per intensità e tipologia. Quindi si è proceduto ad individuare l’influenza che altre variabili, di natura non personologica, possono aver esercitato sull’affermazione, nell’universo investigato, di una determinata concezione del dono. Infine la ricerca si è posto il problema di verificare l’entità dei doni effettuati (suddividendoli per tipologia: doni in famiglia, doni agli amici, doni agli estranei), quale misura, seppur approssimata, del capitale sociale della comunità (dato che il dono crea/rafforza il legame sociale) e di accertare la eventuale congruenza tra la concezione prevalente di dono ed i comportamenti donativi concretamente posti in essere dai giovani intervistati. In questo quadro si è anche esaminata l’influenza che alcune variabili (appartenenza di genere, età, legami personali, modalità di vita, condizione professionale), in aggiunta al loro particolare background formativo (l'essere laureati in economia), esplicano sulla effettuazione delle varie categorie di doni da parte dei giovani formulando al riguardo anche delle indicazioni di policy, sia dal punto di vista didattico per arricchire l'insegnamento della scienza economica, che operativo per incrementare e riqualificare le pratiche donative delle giovani generazioni. Le risultanze della ricerca rinvengono infatti un’inconciliabilità non casuale tra dono “relazionale” e mercato proprio tra gli studenti di Economia che, fuorviati dal paradigma neoclassico dell’homo oeconomicus (agente individualista ed utilitarista) interiorizzato nel loro corso di studi, preferiscono in maggioranza una nozione di dono come dono “puro”, ovvero come atto disinteressato (non mosso dalla ragione calcolatrice), gratuito (eseguito senza aspettative di restituzione), unilaterale (procede a senso unico dal donatore al beneficiario), discontinuo (atto isolato). Si tratta però di una concezione che sfocia paradossalmente in una visione del gesto altrettanto individualistica quanto lo scambio di mercato da cui vorrebbe prendere le distanze, ma che di fatto finisce per riconfermare, non intaccando l'ordine simbolico dato.
Indagine empirica sull'interpretazione dello spirito del dono
GRASSELLI, Pierluigi Maria
;MONTESI, Cristina
;
2008
Abstract
Il saggio contiene i risultati di una ricerca interdisciplinare (economia e psicologia), il cui titolo trae ispirazione dal famoso libro “Lo spirito del dono” di J.Godbout, scritto in collaborazione con Alain Caillè (1993). La ricerca ha avuto come primo obiettivo quello di verificare, tramite analisi econometrica e statistica, quale è l'interpretazione del dono (purista, strumentale o relazionale?) attualmente prevalente tra un gruppo di giovani studenti e neolaureati in discipline economiche della regione Umbria. Il secondo obiettivo della ricerca è stato quello di analizzare, attraverso il contributo della Psicologia, i tratti di personalità degli intervistati in relazione, più o meno coerente, alla loro rappresentazione mentale del dono. Praticamente ciò è consistito nel verificare quali livelli di energia, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale fossero corrispondenti alla concezione di dono prevalentemente riscontrata tra gli individui oggetto di indagine e se tali livelli fossero concordanti con essa per intensità e tipologia. Quindi si è proceduto ad individuare l’influenza che altre variabili, di natura non personologica, possono aver esercitato sull’affermazione, nell’universo investigato, di una determinata concezione del dono. Infine la ricerca si è posto il problema di verificare l’entità dei doni effettuati (suddividendoli per tipologia: doni in famiglia, doni agli amici, doni agli estranei), quale misura, seppur approssimata, del capitale sociale della comunità (dato che il dono crea/rafforza il legame sociale) e di accertare la eventuale congruenza tra la concezione prevalente di dono ed i comportamenti donativi concretamente posti in essere dai giovani intervistati. In questo quadro si è anche esaminata l’influenza che alcune variabili (appartenenza di genere, età, legami personali, modalità di vita, condizione professionale), in aggiunta al loro particolare background formativo (l'essere laureati in economia), esplicano sulla effettuazione delle varie categorie di doni da parte dei giovani formulando al riguardo anche delle indicazioni di policy, sia dal punto di vista didattico per arricchire l'insegnamento della scienza economica, che operativo per incrementare e riqualificare le pratiche donative delle giovani generazioni. Le risultanze della ricerca rinvengono infatti un’inconciliabilità non casuale tra dono “relazionale” e mercato proprio tra gli studenti di Economia che, fuorviati dal paradigma neoclassico dell’homo oeconomicus (agente individualista ed utilitarista) interiorizzato nel loro corso di studi, preferiscono in maggioranza una nozione di dono come dono “puro”, ovvero come atto disinteressato (non mosso dalla ragione calcolatrice), gratuito (eseguito senza aspettative di restituzione), unilaterale (procede a senso unico dal donatore al beneficiario), discontinuo (atto isolato). Si tratta però di una concezione che sfocia paradossalmente in una visione del gesto altrettanto individualistica quanto lo scambio di mercato da cui vorrebbe prendere le distanze, ma che di fatto finisce per riconfermare, non intaccando l'ordine simbolico dato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.