Rappresentando una singolare vicenda giudiziaria, promossa in seguito ad un controverso permesso di lavoro per riposo festivo, il caso Kosteski c. FYRM, sottoposto alla Corte europea di Strasburgo, si situa nel contesto dei rapporti tra libertà di culto e mondo del lavoro, mettendo in luce il delicato equilibrio tra la dimensione individuale e quella collettiva dell'esercizio della religione. Le difficoltà di riconoscere all'individuo le stesse prerogative delle quali godono gli aderenti ad una determinata confessione religiosa, nell'esercizio dei diritti connessi alla religione, possono risultare a volte singolarmente rafforzate dal ruolo giocato dallo Stato, il quale - nelle parole dei giudici europei - è chiamato a svolgere la funzione di regolatore imparziale dei conflitti religiosi e garante neutrale della pace sociale. In realtà, la fattispecie considerata mostra come, in talune circostanze, la reazione delle istituzioni statali, di fronte ad una controversia che investe diritti religiosi, sia quella di rivolgersi alle confessioni religiose per la definizione dei criteri utili a dirimere il caso. L'esito di tale comportamento è quello di attribuire alle comunità religiose e ai loro leader un significativo margine di influenza nella individuazione dei profili qualificanti la libertà religiosa, a scapito delle forme e delle pratiche nelle quali una religiosità vissuta in modo personale e non collettivo può esprimersi.
Kosteski v. FYRM: spunti di riflessione sulla religiosità individuale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani.
ANGELETTI, Silvia
2012
Abstract
Rappresentando una singolare vicenda giudiziaria, promossa in seguito ad un controverso permesso di lavoro per riposo festivo, il caso Kosteski c. FYRM, sottoposto alla Corte europea di Strasburgo, si situa nel contesto dei rapporti tra libertà di culto e mondo del lavoro, mettendo in luce il delicato equilibrio tra la dimensione individuale e quella collettiva dell'esercizio della religione. Le difficoltà di riconoscere all'individuo le stesse prerogative delle quali godono gli aderenti ad una determinata confessione religiosa, nell'esercizio dei diritti connessi alla religione, possono risultare a volte singolarmente rafforzate dal ruolo giocato dallo Stato, il quale - nelle parole dei giudici europei - è chiamato a svolgere la funzione di regolatore imparziale dei conflitti religiosi e garante neutrale della pace sociale. In realtà, la fattispecie considerata mostra come, in talune circostanze, la reazione delle istituzioni statali, di fronte ad una controversia che investe diritti religiosi, sia quella di rivolgersi alle confessioni religiose per la definizione dei criteri utili a dirimere il caso. L'esito di tale comportamento è quello di attribuire alle comunità religiose e ai loro leader un significativo margine di influenza nella individuazione dei profili qualificanti la libertà religiosa, a scapito delle forme e delle pratiche nelle quali una religiosità vissuta in modo personale e non collettivo può esprimersi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.