La decisione quadro europea 13 giugno 2002, n. 584 ha suscitato forte preoccupazione nell’ambito della dottrina penalistica e costituzionalistica. Emblematica, a riguardo, è l’autorevole opinione espressa sui problemi di compatibilità con l’ordinamento della Repubblica italiana da due presidenti emeriti della Corte Costituzionale (Caianiello e Vassalli), in particolare con riferimento all’art. 2 della decisione quadro laddove contiene l’elencazione dei trentadue reati per i quali è prevista la consegna obbligatoria a prescindere dalla doppia incriminazione. A ben vedere, però, i puntuali rilievi sollevati in proposito presuppongono una lettura “forte” del mandato d’arresto europeo che ravvisa in questo strumento un tassello verso la costituzione di uno spazio comune europeo ove possa realizzarsi la «punibilità indiscriminata, da parte di tutti i giudici dell’Unione ed in tutto il territorio europeo, dei nuovi reati comunitari» Non si può certamente escludere che questa sia la reale intenzione degli estensori della decisione quadro. Va però detto che, attenendosi proprio all’articolato della decisione quadro, ed in particolare al disposto dell’art. 2, co. 1 (il mandato d’arresto europeo può essere emesso per dei fatti puniti dalle leggi dello Stato membro emittente), tale lettura “forte” può ben lasciare il campo ad una lettura “tenue”, secondo la quale si nega che il mandato d’arresto europeo voglia incidere sulla potestà punitiva e sul potere legislativo penale del singolo Stato, con la conseguenza che l’esecuzione automatica del mandato di arresto europeo presso ciascuno degli Stati ad quem riguarderebbe, nell’ambito dell’elenco comunitario, solo quei reati che, secondo l’ordinamento dello Stato a quo, sono punibili e rimessi al potere investigativo e cognitivo del proprio ordinamento giudiziario. Questa interpretazione avrebbe il pregio di non mutare i presupposti ed il raggio di azione del giudice nazionale e la decisione quadro produrrebbe, pertanto, effetti di tipo processuale piuttosto che sostanziale. In definitiva rappresenterebbe solamente un sistema per sostituire tra Stati membri tutti i precedenti strumenti in materia di estradizione, comprese le disposizioni del titolo III della convenzione d’applicazione dell’accordo di Schengen che riguardano tale materia.. In tal modo, verrebbe meno anche la preoccupazione sollevata dalla Commissione Giustizia della Camera, secondo la quale sussiste il rischio che l’elenco dei reati per i quali non è necessario il requisito della doppia incriminazione è il maggiore ostacolo al rispetto dei principi costituzionali, in particolare, di quelli di tassatività e di riserva di legge. Seguendo, infatti, l’interpretazione “tenue” della decisione quadro non dovrebbe mutare, come detto, nessun presupposto od ampiezza dell’autorità punitiva di ogni Stato membro e ne verrebbe salvaguardato il potere legislativo penale. La legge italiana che ha dato attuazione alla decisione quadro (L 22.4.2005 n. 69) ha cercato comunque di cogliere le preoccupazioni variamente sollevate introducendo, fra altro, una definizione dell’elencazione dei reati di cui alla decisione quadro con una forte attenuazione degli effetti dell’eliminazione del principio della doppia incriminazione in quanto l’Autorità giudiziaria dovrà comunque entrare nella valutazione del fatto. Non è, infatti, sufficiente, una semplice presa d’atto da parte dell’autorità giudiziaria italiana della sussistenza di un mandato d’arresto europeo; il giudice dovrà verificare tutti i presupposti necessari per farsi luogo alla esecuzione del mandato; l’analisi dovrà, in particolare, essere rivolta, da un lato, a ricondurre la definizione del reato contestato nell’ambito della elencazione delle fattispecie indicate nell’art. 8 co.1 della legge italiana di attuazione, elencazione che riproduce, con alcune importanti specificazioni, la lista dei trentadue reati di cui all’art. 2 della decisione quadro; dall’altro, ad operare il tentativo di inquadrare il fatto concreto in uno specifico reato del nostro ordinamento penale. Tutto questo se rappresenta una garanzia di rispetto di tutti i nostri principi costituzionali dettati in materia penale certamente pone dei limiti ed ostacoli alla piena funzionalità del mandato di arresto europeo che aveva la dichiarata finalità di snellimento e velocizzazione nei rapporti fra i diversi sistemi giudiziari europei. In conclusione, si può affermare che l’apprezzabile tentativo di voler fornire determinatezza ad un elenco di reati eccessivamente generico se, da un lato, garantisce una maggior tutela al soggetto richiesto, ha come contropartita il concreto pericolo di una forte limitazione della operatività del mandato d’arresto europeo, in contrasto agli orientamenti emersi a livello comunitario.
Legalità e parametri di selezione nei casi di consegna obbligatoria
ANGELINI, Marco
2005
Abstract
La decisione quadro europea 13 giugno 2002, n. 584 ha suscitato forte preoccupazione nell’ambito della dottrina penalistica e costituzionalistica. Emblematica, a riguardo, è l’autorevole opinione espressa sui problemi di compatibilità con l’ordinamento della Repubblica italiana da due presidenti emeriti della Corte Costituzionale (Caianiello e Vassalli), in particolare con riferimento all’art. 2 della decisione quadro laddove contiene l’elencazione dei trentadue reati per i quali è prevista la consegna obbligatoria a prescindere dalla doppia incriminazione. A ben vedere, però, i puntuali rilievi sollevati in proposito presuppongono una lettura “forte” del mandato d’arresto europeo che ravvisa in questo strumento un tassello verso la costituzione di uno spazio comune europeo ove possa realizzarsi la «punibilità indiscriminata, da parte di tutti i giudici dell’Unione ed in tutto il territorio europeo, dei nuovi reati comunitari» Non si può certamente escludere che questa sia la reale intenzione degli estensori della decisione quadro. Va però detto che, attenendosi proprio all’articolato della decisione quadro, ed in particolare al disposto dell’art. 2, co. 1 (il mandato d’arresto europeo può essere emesso per dei fatti puniti dalle leggi dello Stato membro emittente), tale lettura “forte” può ben lasciare il campo ad una lettura “tenue”, secondo la quale si nega che il mandato d’arresto europeo voglia incidere sulla potestà punitiva e sul potere legislativo penale del singolo Stato, con la conseguenza che l’esecuzione automatica del mandato di arresto europeo presso ciascuno degli Stati ad quem riguarderebbe, nell’ambito dell’elenco comunitario, solo quei reati che, secondo l’ordinamento dello Stato a quo, sono punibili e rimessi al potere investigativo e cognitivo del proprio ordinamento giudiziario. Questa interpretazione avrebbe il pregio di non mutare i presupposti ed il raggio di azione del giudice nazionale e la decisione quadro produrrebbe, pertanto, effetti di tipo processuale piuttosto che sostanziale. In definitiva rappresenterebbe solamente un sistema per sostituire tra Stati membri tutti i precedenti strumenti in materia di estradizione, comprese le disposizioni del titolo III della convenzione d’applicazione dell’accordo di Schengen che riguardano tale materia.. In tal modo, verrebbe meno anche la preoccupazione sollevata dalla Commissione Giustizia della Camera, secondo la quale sussiste il rischio che l’elenco dei reati per i quali non è necessario il requisito della doppia incriminazione è il maggiore ostacolo al rispetto dei principi costituzionali, in particolare, di quelli di tassatività e di riserva di legge. Seguendo, infatti, l’interpretazione “tenue” della decisione quadro non dovrebbe mutare, come detto, nessun presupposto od ampiezza dell’autorità punitiva di ogni Stato membro e ne verrebbe salvaguardato il potere legislativo penale. La legge italiana che ha dato attuazione alla decisione quadro (L 22.4.2005 n. 69) ha cercato comunque di cogliere le preoccupazioni variamente sollevate introducendo, fra altro, una definizione dell’elencazione dei reati di cui alla decisione quadro con una forte attenuazione degli effetti dell’eliminazione del principio della doppia incriminazione in quanto l’Autorità giudiziaria dovrà comunque entrare nella valutazione del fatto. Non è, infatti, sufficiente, una semplice presa d’atto da parte dell’autorità giudiziaria italiana della sussistenza di un mandato d’arresto europeo; il giudice dovrà verificare tutti i presupposti necessari per farsi luogo alla esecuzione del mandato; l’analisi dovrà, in particolare, essere rivolta, da un lato, a ricondurre la definizione del reato contestato nell’ambito della elencazione delle fattispecie indicate nell’art. 8 co.1 della legge italiana di attuazione, elencazione che riproduce, con alcune importanti specificazioni, la lista dei trentadue reati di cui all’art. 2 della decisione quadro; dall’altro, ad operare il tentativo di inquadrare il fatto concreto in uno specifico reato del nostro ordinamento penale. Tutto questo se rappresenta una garanzia di rispetto di tutti i nostri principi costituzionali dettati in materia penale certamente pone dei limiti ed ostacoli alla piena funzionalità del mandato di arresto europeo che aveva la dichiarata finalità di snellimento e velocizzazione nei rapporti fra i diversi sistemi giudiziari europei. In conclusione, si può affermare che l’apprezzabile tentativo di voler fornire determinatezza ad un elenco di reati eccessivamente generico se, da un lato, garantisce una maggior tutela al soggetto richiesto, ha come contropartita il concreto pericolo di una forte limitazione della operatività del mandato d’arresto europeo, in contrasto agli orientamenti emersi a livello comunitario.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.