La rappresentazione della categoria professionale dei magistrati nella stampa italiana è divenuta negli ultimi vent’anni oggetto di narrazioni polarizzate, e politicamente strumentalizzate. Diverse testate, a seconda della propria affiliazione politica, rappresentano i magistrati come integri professionisti impegnati nella lotta all’illegalità, oppure al contrario come soggetti non imparziali, che agiscono per tornaconto politico. Attraverso l’analisi di quattro quotidiani il presente studio affronta il tema in un’ottica di genere e giustappone l’analisi della rappresentazione dei giudici Raimondo Mesiano e Ilda Boccassini nel contesto, rispettivamente, della sentenza civile che condanna Fininvest in conclusione del cosiddetto “Lodo Mondadori” (2009) e del “processo Ruby” (2011). Nei due casi l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi viene indagato, tra gli altri capi di accusa, per corruzione. Attraverso un’analisi dei frame, in ottica comparativa emergeranno delle dissimmetrie di genere nella rappresentazione dei due magistrati: i frame che costituiscono un attacco e una difesa all’operato del magistrato uomo e della magistrata donna risultano diversi, caratterizzati nel caso Boccassini da un ricorso a stereotipi di genere e a una maggiore attenzione per la vita privata della magistrata nel tentativo di screditarne la professionalità, e nel caso Mesiano da una contro-narrazione corale, più solida nella difesa del suo operato. Considerando i media come attori cruciali nella costruzione della realtà sociale e della percezione del mondo, e dunque anche dei fenomeni corruttivi, si rileva come le testate analizzate non contribuiscano alla costruzione di un fairer system, tendendo a oscurare l’importante lavoro di una donna nel contrasto alla corruzione.

Gender matters. La rappresentazione di due magistrati nella stampa italiana: Ilda Boccassini e Raimondo Mesiano

Bonerba G.
;
Verza S.
2022

Abstract

La rappresentazione della categoria professionale dei magistrati nella stampa italiana è divenuta negli ultimi vent’anni oggetto di narrazioni polarizzate, e politicamente strumentalizzate. Diverse testate, a seconda della propria affiliazione politica, rappresentano i magistrati come integri professionisti impegnati nella lotta all’illegalità, oppure al contrario come soggetti non imparziali, che agiscono per tornaconto politico. Attraverso l’analisi di quattro quotidiani il presente studio affronta il tema in un’ottica di genere e giustappone l’analisi della rappresentazione dei giudici Raimondo Mesiano e Ilda Boccassini nel contesto, rispettivamente, della sentenza civile che condanna Fininvest in conclusione del cosiddetto “Lodo Mondadori” (2009) e del “processo Ruby” (2011). Nei due casi l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi viene indagato, tra gli altri capi di accusa, per corruzione. Attraverso un’analisi dei frame, in ottica comparativa emergeranno delle dissimmetrie di genere nella rappresentazione dei due magistrati: i frame che costituiscono un attacco e una difesa all’operato del magistrato uomo e della magistrata donna risultano diversi, caratterizzati nel caso Boccassini da un ricorso a stereotipi di genere e a una maggiore attenzione per la vita privata della magistrata nel tentativo di screditarne la professionalità, e nel caso Mesiano da una contro-narrazione corale, più solida nella difesa del suo operato. Considerando i media come attori cruciali nella costruzione della realtà sociale e della percezione del mondo, e dunque anche dei fenomeni corruttivi, si rileva come le testate analizzate non contribuiscano alla costruzione di un fairer system, tendendo a oscurare l’importante lavoro di una donna nel contrasto alla corruzione.
2022
9788835144977
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