Figura tra le più controverse della Body Art italiana, Giuseppe Desiato è autore di un cospicuo numero di film in 8mm e Super8 realizzati soprattutto nel corso dei Sessanta come opere a sé, formalmente autonome, benché complementari alla sua attività performativa. Come per De Filippi, Trubbiani, il Baruchello di Perforce e lo Schifano di Satellite, anche per il Desiato cineasta il fattore politico è centrale e il film diventava strumento eletto per investigare tabù inviolabili della storia socio-culturale nazionale: dalla religiosità alla famiglia, dalla sessualità alla diversità, fino ai danni prodotti dal sottosviluppo economico e culturale. Il saggio, frutto della catalogazione di questa produzione interamente visionata con l’autore, ne analizza genesi, tecnica e contenuti alla luce delle istanze espressive dell’artista, nonché in relazione al più ampio contesto del “film d’artista” e della sperimentazione degli anni Sessanta, rilevandone l’originale interpretazione critica di una antropologica “meridionalità” quale solo molto più tardi verrà portata sul grande schermo da registi come Risi, Martone e Garrone.
"La bellezza è come un fulmine". Note sulla filmografia di Giuseppe Desiato
Alessandra Migliorati
2020
Abstract
Figura tra le più controverse della Body Art italiana, Giuseppe Desiato è autore di un cospicuo numero di film in 8mm e Super8 realizzati soprattutto nel corso dei Sessanta come opere a sé, formalmente autonome, benché complementari alla sua attività performativa. Come per De Filippi, Trubbiani, il Baruchello di Perforce e lo Schifano di Satellite, anche per il Desiato cineasta il fattore politico è centrale e il film diventava strumento eletto per investigare tabù inviolabili della storia socio-culturale nazionale: dalla religiosità alla famiglia, dalla sessualità alla diversità, fino ai danni prodotti dal sottosviluppo economico e culturale. Il saggio, frutto della catalogazione di questa produzione interamente visionata con l’autore, ne analizza genesi, tecnica e contenuti alla luce delle istanze espressive dell’artista, nonché in relazione al più ampio contesto del “film d’artista” e della sperimentazione degli anni Sessanta, rilevandone l’originale interpretazione critica di una antropologica “meridionalità” quale solo molto più tardi verrà portata sul grande schermo da registi come Risi, Martone e Garrone.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.