Il libro, collocandosi lungo un percorso segnato ultimamente anche nel nostro contesto culturale dall’emergere di importanti contributi sul problema del male, raccoglie l’invito rivolto alcuni anni fa da Luigi Pareyson agli studiosi di filosofia a riprendere in mano, dopo un troppo lungo silenzio, la responsabilità della meditazione sull’ “abisso del male”, sia in generale sia nell’ambito specifico dell’esperienza politica. Il secolo trascorso ci ha lasciato infatti in eredità la memoria di eventi che impongono a chi coltiva questa disciplina il compito di interrogarsi sull’argomento. E anche l’esordio del nuovo secolo testimonia come e quanto il compito sia ineludibile. Il filo rosso che guida il lavoro consiste nel tentativo di dimostrare la necessità di mantenere unite la domanda sulla natura e sull’origine del male (“quid et unde malum?”) con la questione concernente le possibilità e i limiti della politica nei confronti di quella che è stata definita la “sofferenza socialmente evitabile”. La tesi di fondo del libro è che, fin dalle origini della modernità, proprio il nesso tra queste due facce del problema è andato smarrito e si è quindi progressivamente approfondito il solco tra esperienza del male e indagine filosofica, mentre parallelamente si è evidenziata la crescente dimissione dell’impegno della politica verso le varie forme del male che affliggono l’esistenza collettiva. Entro tale sfondo interpretativo e operando una selezione di autori particolarmente significativi viene svolta un’analisi critica del tema del male politico dagli esordi della modernità ad alcuni esiti più recenti tipici del “post-moderno”.
Il chiaroscuro del mondo. Il problema del male tra moderno e post-moderno
GATTI, Roberto
2002
Abstract
Il libro, collocandosi lungo un percorso segnato ultimamente anche nel nostro contesto culturale dall’emergere di importanti contributi sul problema del male, raccoglie l’invito rivolto alcuni anni fa da Luigi Pareyson agli studiosi di filosofia a riprendere in mano, dopo un troppo lungo silenzio, la responsabilità della meditazione sull’ “abisso del male”, sia in generale sia nell’ambito specifico dell’esperienza politica. Il secolo trascorso ci ha lasciato infatti in eredità la memoria di eventi che impongono a chi coltiva questa disciplina il compito di interrogarsi sull’argomento. E anche l’esordio del nuovo secolo testimonia come e quanto il compito sia ineludibile. Il filo rosso che guida il lavoro consiste nel tentativo di dimostrare la necessità di mantenere unite la domanda sulla natura e sull’origine del male (“quid et unde malum?”) con la questione concernente le possibilità e i limiti della politica nei confronti di quella che è stata definita la “sofferenza socialmente evitabile”. La tesi di fondo del libro è che, fin dalle origini della modernità, proprio il nesso tra queste due facce del problema è andato smarrito e si è quindi progressivamente approfondito il solco tra esperienza del male e indagine filosofica, mentre parallelamente si è evidenziata la crescente dimissione dell’impegno della politica verso le varie forme del male che affliggono l’esistenza collettiva. Entro tale sfondo interpretativo e operando una selezione di autori particolarmente significativi viene svolta un’analisi critica del tema del male politico dagli esordi della modernità ad alcuni esiti più recenti tipici del “post-moderno”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.