Il saggio affronta il tema della tarsia di figura nella seconda metà del Quattrocento, con particolare riferimento a quella di scuola fiorentina, precisandone gli sviluppi attraverso uno studio basato sulla visione diretta e ravvicinata di tutti i manufatti esaminati e su una apposita campagna fotografica di dettaglio in larga parte condotta dall’autore. Tale approccio ha consentito una più puntuale messa a fuoco del percorso artistico di Giuliano da Maiano in questo ambito (rispetto ai principali colleghi quali Francione, Baccio d’Agnolo, e i Canozi da Lendinara), con speciale riferimento alla sperimentazione in fatto di resa della figura e del chiaroscuro in tarsia con il procedimento del commesso alla maniera fiorentina, realizzato cioè con la giustapposizione di porzioni di legno molto minute. Una disamina che ha permesso nuove considerazioni sulle tarsie del Duomo di Pisa, sullo Studiolo di Urbino, da confermare secondo lo scrivente a Giuliano da Maiano, e sulle tarsie del Duomo di Perugia, finora in definitiva poco studiate, ma in cui Giuliano scrive l’ultimo eccezionale “capitolo” in fatto di resa dei volti in tarsia. Brani, quelli figurati, certamente in buona parte autografi, rispetto alle restanti parti lasciate a collaboratori e a Domenico del Tasso che con lui firmò il manufatto. Il contributo tratta infine di altri grandi arredi intarsiati, quali gli armadi della sacrestia del Duomo di Perugia, opera dell’eugubino Mariotto di Paolo Sensi detto il Terzuolo, e gli arredi lignei di San Domenico a Gubbio, offrendo diversi nuovi spunti di lettura.
Attorno gli studioli di Federico: spigolature sulla tarsia del secondo Quattrocento tra Umbria, Marche e Toscana
Mirko Santanicchia
2023
Abstract
Il saggio affronta il tema della tarsia di figura nella seconda metà del Quattrocento, con particolare riferimento a quella di scuola fiorentina, precisandone gli sviluppi attraverso uno studio basato sulla visione diretta e ravvicinata di tutti i manufatti esaminati e su una apposita campagna fotografica di dettaglio in larga parte condotta dall’autore. Tale approccio ha consentito una più puntuale messa a fuoco del percorso artistico di Giuliano da Maiano in questo ambito (rispetto ai principali colleghi quali Francione, Baccio d’Agnolo, e i Canozi da Lendinara), con speciale riferimento alla sperimentazione in fatto di resa della figura e del chiaroscuro in tarsia con il procedimento del commesso alla maniera fiorentina, realizzato cioè con la giustapposizione di porzioni di legno molto minute. Una disamina che ha permesso nuove considerazioni sulle tarsie del Duomo di Pisa, sullo Studiolo di Urbino, da confermare secondo lo scrivente a Giuliano da Maiano, e sulle tarsie del Duomo di Perugia, finora in definitiva poco studiate, ma in cui Giuliano scrive l’ultimo eccezionale “capitolo” in fatto di resa dei volti in tarsia. Brani, quelli figurati, certamente in buona parte autografi, rispetto alle restanti parti lasciate a collaboratori e a Domenico del Tasso che con lui firmò il manufatto. Il contributo tratta infine di altri grandi arredi intarsiati, quali gli armadi della sacrestia del Duomo di Perugia, opera dell’eugubino Mariotto di Paolo Sensi detto il Terzuolo, e gli arredi lignei di San Domenico a Gubbio, offrendo diversi nuovi spunti di lettura.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.