Il saggio analizza una delle risposte/riscritture poetiche al/del famoso componimento di Christopher Marlowe The passionate Sheepheard to his love: il testo della poetessa scozzese Elizabeth Melville (c.1578 – c.1640), intitolato A Call to Come to Christ. Questa risposta/riscrittura poetica esemplifica in modo chiaro la tendenza di Melville a instaurare un dialogo ambivalente con la tradizione petrarchista: l’autrice si appropria di una serie di immagini e tecniche proprie della coeva poesia d’amore e allo stesso tempo critica il presupposto stesso del Petrarchismo secolare, che riscrive in chiave sacra. Dichiarando apertamente il legame con il testo marlowiano attraverso la ripresa esatta dell’incipit originale, il testo sostituisce la voce dell’appassionato pastore con quella del Cristo amante, che, in aperta polemica con la fonte, raccomanda all’amata di non curarsi dei “falsi piaceri” terreni ma di orientare invece il suo desiderio verso i piaceri eterni che lui solo può offrirle. Il componimento di Melville si pone dunque, da un lato, come risposta polemica alla fonte marlowiana, ma dall’altro è anche imitazione e riscrittura, nel momento in cui l’io lirico riproduce sostanzialmente le dinamiche retoriche e conative della fonte: l’invito fondato sull’offerta allettante di una serie di piaceri. Tale invito, inscritto nell’orizzonte semantico dell’esperienza amorosa, trae origine dalla metafora nuziale del Cantico dei Cantici, testo che, pure ipotizzabile tra le fonti del componimento di Marlowe, può forse contribuire a spiegare la scelta, da parte di Melville, di riscrivere questo specifico testo marlowiano.

"Come live with mee, and be my love": Elizabeth Melville riscrive Christopher Marlowe

Camilla Caporicci
2025

Abstract

Il saggio analizza una delle risposte/riscritture poetiche al/del famoso componimento di Christopher Marlowe The passionate Sheepheard to his love: il testo della poetessa scozzese Elizabeth Melville (c.1578 – c.1640), intitolato A Call to Come to Christ. Questa risposta/riscrittura poetica esemplifica in modo chiaro la tendenza di Melville a instaurare un dialogo ambivalente con la tradizione petrarchista: l’autrice si appropria di una serie di immagini e tecniche proprie della coeva poesia d’amore e allo stesso tempo critica il presupposto stesso del Petrarchismo secolare, che riscrive in chiave sacra. Dichiarando apertamente il legame con il testo marlowiano attraverso la ripresa esatta dell’incipit originale, il testo sostituisce la voce dell’appassionato pastore con quella del Cristo amante, che, in aperta polemica con la fonte, raccomanda all’amata di non curarsi dei “falsi piaceri” terreni ma di orientare invece il suo desiderio verso i piaceri eterni che lui solo può offrirle. Il componimento di Melville si pone dunque, da un lato, come risposta polemica alla fonte marlowiana, ma dall’altro è anche imitazione e riscrittura, nel momento in cui l’io lirico riproduce sostanzialmente le dinamiche retoriche e conative della fonte: l’invito fondato sull’offerta allettante di una serie di piaceri. Tale invito, inscritto nell’orizzonte semantico dell’esperienza amorosa, trae origine dalla metafora nuziale del Cantico dei Cantici, testo che, pure ipotizzabile tra le fonti del componimento di Marlowe, può forse contribuire a spiegare la scelta, da parte di Melville, di riscrivere questo specifico testo marlowiano.
2025
978-88-9392-566-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1599916
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