CORPORATE «SOCIAL» COMMUNICATION: WHEN CORPORATE LAW MEETS THE CONSUMER CODE

This article examines the role of institutional communication by Italian benefit corporations, with particular reference to Article 1(384) of Law No. 208 of 2015, which subjects the failure to pursue common benefit purposes to the rules on misleading advertising and unfair commercial practices. The analysis explores the coordination between corporate law and consumer protection law, focusing on the legal qualification of common benefit statements and on the conditions under which the Italian Competition Authority (AGCM) may intervene. From this perspective, the paper clarifies the circumstances in which “benefit” communication may qualify as commercial communication relevant to the protection of the market and consumers. Through a systematic and comparative approach, the article highlights the specificity of the Italian model in comparison with other legal systems, arguing that the reference to consumer law does not introduce direct protection for the beneficiaries of the common benefit, but rather delineates the legal relevance of value-based corporate disclosures as a tool to counter benefit washing and to safeguard fair competition.

Il contributo esamina il ruolo della comunicazione istituzionale delle società benefit nell’ordinamento italiano, con particolare riferimento al disposto dell’art. 1, comma 384, della legge n. 208 del 2015, che assoggetta la mancata attuazione delle finalità di beneficio comune alla disciplina in materia di pubblicità ingannevole e di pratiche commerciali scorrette. L’analisi indaga il coordinamento tra diritto societario e diritto dei consumatori, soffermandosi sulla qualificazione giuridica delle dichiarazioni di beneficio comune e sui presupposti dell’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. In tale prospettiva, il lavoro chiarisce in quali limiti la comunicazione “benefit” possa assumere rilevanza come comunicazione commerciale, rilevante ai fini della tutela del mercato e dei consumatori. Attraverso una lettura sistematica e comparata, il contributo evidenzia la specificità del modello italiano rispetto ad altri ordinamenti, sostenendo che il richiamo alla disciplina consumeristica non introduce una tutela diretta dei beneficiari del beneficio comune, ma delimita l’ambito di rilevanza giuridica delle dichiarazioni valoriali delle società benefit, quale strumento di contrasto ai fenomeni di benefit washing e di salvaguardia della correttezza concorrenziale.