Ricerca a tappeto sui richiami a Mani e al manicheismo nell’opera di Gregorio Magno. Sebbene siano rari, per l’oggettivo tramonto del manicheismo come forma organizzata e religione concorrente nell’ambito dell’impero dell’epoca di Gregorio, tali richiami sono tuttavia presenti, sia nelle Epistulae del Registrum sia negli scritti spirituali e esegetici. Circa le Epistulae, si individuano almeno due problematiche. In primo luogo (ep. 2, 31, a. 592; ep. 5, 7, a. 594) la concreta presenza di manichei nei territori di Squillace e di Siracusa, affrontata da Gregorio secondo i mezzi specifici di una disciplina ecclesiastica che rifletteva con ogni probabilità la situazione dell’età vandalica (gli Afri manichaei vi sono associati ai rebaptizati). In secondo luogo la lettura in chiave manichea, da parte di Gregorio, dei riferimenti al messalianismo nella vicenda processuale del monaco Atanasio di Licaonia, accusato di eresia a Costantinopoli e appellatosi alla Sede romana (dossier di epistole databili agli anni 593-597): un fraintendimento possibile per la grande analogia dottrinale tra i due movimenti. L’Autrice ipotizza che il codex greco addotto come capo d’accusa contro Atanasio e fatto pervenire a Gregorio contenesse testi ascetici dello pseudo-Macario/Simeone. Circa le opere spirituali e esegetiche, espliciti riferimenti al manicheismo figurano solo nei Moralia: vengono evocati il punto cardine (dualismo) e le sue principali conseguenze (negatività del corpo, disprezzo delle nozze). Le conoscenze dottrinali di Gregorio derivano da Agostino e sono utilizzate in maniera semplificata, in armonia con il tenore non speculativo dei Moralia: tuttavia appaiono ben armonizzate nel suo sistema teologico e funzionali alla sua percezione della vita ascetica, che configura la posizione manichea come un permanente pericolo spirituale da cui l’uomo-Giobbe deve guardarsi.
Il Manicheismo nelle opere di Gregorio Magno
DI PILLA, Alessandra
2009
Abstract
Ricerca a tappeto sui richiami a Mani e al manicheismo nell’opera di Gregorio Magno. Sebbene siano rari, per l’oggettivo tramonto del manicheismo come forma organizzata e religione concorrente nell’ambito dell’impero dell’epoca di Gregorio, tali richiami sono tuttavia presenti, sia nelle Epistulae del Registrum sia negli scritti spirituali e esegetici. Circa le Epistulae, si individuano almeno due problematiche. In primo luogo (ep. 2, 31, a. 592; ep. 5, 7, a. 594) la concreta presenza di manichei nei territori di Squillace e di Siracusa, affrontata da Gregorio secondo i mezzi specifici di una disciplina ecclesiastica che rifletteva con ogni probabilità la situazione dell’età vandalica (gli Afri manichaei vi sono associati ai rebaptizati). In secondo luogo la lettura in chiave manichea, da parte di Gregorio, dei riferimenti al messalianismo nella vicenda processuale del monaco Atanasio di Licaonia, accusato di eresia a Costantinopoli e appellatosi alla Sede romana (dossier di epistole databili agli anni 593-597): un fraintendimento possibile per la grande analogia dottrinale tra i due movimenti. L’Autrice ipotizza che il codex greco addotto come capo d’accusa contro Atanasio e fatto pervenire a Gregorio contenesse testi ascetici dello pseudo-Macario/Simeone. Circa le opere spirituali e esegetiche, espliciti riferimenti al manicheismo figurano solo nei Moralia: vengono evocati il punto cardine (dualismo) e le sue principali conseguenze (negatività del corpo, disprezzo delle nozze). Le conoscenze dottrinali di Gregorio derivano da Agostino e sono utilizzate in maniera semplificata, in armonia con il tenore non speculativo dei Moralia: tuttavia appaiono ben armonizzate nel suo sistema teologico e funzionali alla sua percezione della vita ascetica, che configura la posizione manichea come un permanente pericolo spirituale da cui l’uomo-Giobbe deve guardarsi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.