Con questo saggio ci si propone un'analisi, o meglio una ricognizione concettuale, del valore del sacrificio in prospettiva pedagogica, entro le antropologie di Simone Weil (1909-1943) e Olivier Reboul (1925-1992), entrambe riconducibili a una comune matrice, ma soprattutto a un maestro comune, Alain (pseudonimo di Emile-Auguste Chartier, 1868-1951), di cui entrambi sono “allievi”, anche se in luoghi, modi e tempi diversi. Diversi ma non distanti, anche negli esiti della loro vita e della loro opera. Entrambi sono discepoli di Alain moralista e sostenitore della libertà dell’individuo contro la tirannia dello stato; di Alain conservatore dal punto di vista pedagogico. Entrambi sono seguaci e fedeli continuatori della sua filosofia di tipo volontaristico, secondo la quale la libertà si conquista attraverso l’obbedienza alla necessità. Entrambi dimostrano una integrità di vita e di pensiero, una dirittura morale che costituisce un modello esemplare della tesi secondo cui insegnare e apprendere sono i due termini inscindibili e interagenti di un dialogo sempre aperto. Questo saggio, in particolare, offre l’opportunità di approfondire la “lettura” dell’affascinante “testo” Reboul attraverso un confronto con Simone Weil e Alain. A proposito della Weil e di Reboul, si può parlare di “metodo ermeneutico”, nell’ambito di una pedagogia che è possibile definire “umanista” [cfr. Ruiz Corbella]. Una antropologia pedagogica che si oppone a una visione parziale dell’uomo, a una sua riduzione parcellare sul piano esclusivamente scientifico o, peggio, tecnico e tecnologico. La lettura trasversale, che viene qui effettuata, tiene conto in particolare di alcune opere degli autori citati, avendo presente la scarsa sistematicità di entrambi
Il valore pedagogico del sacrificio in Simone Weil e Olivier Reboul
FARINELLI, Giovanna
2006
Abstract
Con questo saggio ci si propone un'analisi, o meglio una ricognizione concettuale, del valore del sacrificio in prospettiva pedagogica, entro le antropologie di Simone Weil (1909-1943) e Olivier Reboul (1925-1992), entrambe riconducibili a una comune matrice, ma soprattutto a un maestro comune, Alain (pseudonimo di Emile-Auguste Chartier, 1868-1951), di cui entrambi sono “allievi”, anche se in luoghi, modi e tempi diversi. Diversi ma non distanti, anche negli esiti della loro vita e della loro opera. Entrambi sono discepoli di Alain moralista e sostenitore della libertà dell’individuo contro la tirannia dello stato; di Alain conservatore dal punto di vista pedagogico. Entrambi sono seguaci e fedeli continuatori della sua filosofia di tipo volontaristico, secondo la quale la libertà si conquista attraverso l’obbedienza alla necessità. Entrambi dimostrano una integrità di vita e di pensiero, una dirittura morale che costituisce un modello esemplare della tesi secondo cui insegnare e apprendere sono i due termini inscindibili e interagenti di un dialogo sempre aperto. Questo saggio, in particolare, offre l’opportunità di approfondire la “lettura” dell’affascinante “testo” Reboul attraverso un confronto con Simone Weil e Alain. A proposito della Weil e di Reboul, si può parlare di “metodo ermeneutico”, nell’ambito di una pedagogia che è possibile definire “umanista” [cfr. Ruiz Corbella]. Una antropologia pedagogica che si oppone a una visione parziale dell’uomo, a una sua riduzione parcellare sul piano esclusivamente scientifico o, peggio, tecnico e tecnologico. La lettura trasversale, che viene qui effettuata, tiene conto in particolare di alcune opere degli autori citati, avendo presente la scarsa sistematicità di entrambiI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.