Il recentissimo –e molto atteso- arresto della Corte Costituzionale dell’8 ottobre 2010, n. 293, nel dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 43 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 321 (T.U. delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità), ha posto fine alle interpretazioni giurisprudenziali che si sono incessantemente susseguite in merito alla applicazione della norma, che recava la disciplina della acquisizione coattiva del bene da parte della p.a. a seguito di illecita occupazione e ‘modificazione’ del medesimo per la realizzazione di un’opera pubblica, non consentendo al privato di ottenere la restituzione del bene, ma solo il risarcimento del danno. Nello specifico, la norma impugnata non sarebbe stata conforme ai principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretati dalla Corte di Strasburgo, che ha ritenuto in contrasto con l’art. 1, Prot. 1, la prassi della cosiddetta «espropriazione indiretta»; violando peraltro anche l’art. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), in base al quale «l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, [...] in quanto principi generali del diritto comunitario». I giudici rimettenti, infine, hanno ritenuto che l’art. 43 impugnato avrebbe recato un vulnus anche all’art. 76, Cost., in quanto sarebbe stato emanato in violazione dei criteri della legge-delega 8 marzo 1999, n. 50. La pregiudizialità logico-giuridica delle censure riferite all’art. 76 Cost., che investono il corretto esercizio della funzione legislativa, ha precluso alla Corte la disamina di ogni questione in ordine al contenuto precettivo della norma in esame. Siffatta circostanza ‘formale’ non toglie, comunque, alla pronuncia il suo peculiare spessore, in quanto, in ogni caso, è riuscita a far breccia in una delle roccaforti più ‘armate’ della espropriazione per pubblica utilità: l’occupazione acquisitiva ancorchè mascherata da acquisizione coattiva ‘sanante’.
Il de profundis della acquisizione coattiva 'sanante'... sarà vera fine?
PIERONI, Serenella
2010
Abstract
Il recentissimo –e molto atteso- arresto della Corte Costituzionale dell’8 ottobre 2010, n. 293, nel dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 43 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 321 (T.U. delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità), ha posto fine alle interpretazioni giurisprudenziali che si sono incessantemente susseguite in merito alla applicazione della norma, che recava la disciplina della acquisizione coattiva del bene da parte della p.a. a seguito di illecita occupazione e ‘modificazione’ del medesimo per la realizzazione di un’opera pubblica, non consentendo al privato di ottenere la restituzione del bene, ma solo il risarcimento del danno. Nello specifico, la norma impugnata non sarebbe stata conforme ai principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretati dalla Corte di Strasburgo, che ha ritenuto in contrasto con l’art. 1, Prot. 1, la prassi della cosiddetta «espropriazione indiretta»; violando peraltro anche l’art. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), in base al quale «l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, [...] in quanto principi generali del diritto comunitario». I giudici rimettenti, infine, hanno ritenuto che l’art. 43 impugnato avrebbe recato un vulnus anche all’art. 76, Cost., in quanto sarebbe stato emanato in violazione dei criteri della legge-delega 8 marzo 1999, n. 50. La pregiudizialità logico-giuridica delle censure riferite all’art. 76 Cost., che investono il corretto esercizio della funzione legislativa, ha precluso alla Corte la disamina di ogni questione in ordine al contenuto precettivo della norma in esame. Siffatta circostanza ‘formale’ non toglie, comunque, alla pronuncia il suo peculiare spessore, in quanto, in ogni caso, è riuscita a far breccia in una delle roccaforti più ‘armate’ della espropriazione per pubblica utilità: l’occupazione acquisitiva ancorchè mascherata da acquisizione coattiva ‘sanante’.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.