Lo sguardo interpretativo che si sofferma sul male politico è oggi contrassegnato da una forte tendenza alla personificazione del male, all’identificazione del male in un determinato personaggio, di cui, il più delle volte, vengono sottolineati gli aspetti di vicinanza con il demoniaco. A questa personificazione del male politico si è giunti, nel periodo storico che va dalla metà del Novecento agli anni odierni, attraverso vari passaggi, spesso commisti fra loro: all’epoca della guerra fredda, il male politico veniva individuato nel blocco e nell’ideologia contrapposta alla propria; successivamente, con il crollo del muro di Berlino e la disgregazione dei regimi comunisti dei paesi dell’Est, si afferma la propensione a identificarlo in alcuni Stati, definiti canaglia; infine, esso viene ad essere personificato in determinati protagonisti della scena politica mondiale, spesso a capo degli Stati canaglia. Ma quali sono le ragioni che hanno condotto oggi alla reviviscenza di categorie interpretative, quali quelle di male e bene politico o di amico e nemico, che, pur ripresentandosi più volte sotto diverse spoglie nel corso della storia, sembravano essere state ormai oltrepassate? In primo luogo non si può disconoscere che la personificazione del male politico sia una conseguenza degenerativa del più ampio processo di semplificazione e personalizzazione della politica. Grazie a tale processo, il confronto fra antagonisti politici si è andato sempre più incanalando in un confronto fra le qualità e le caratteristiche personali dell’uno e quelle dell’altro, più che fra differenti piattaforme programmatiche. L’inidoneità governativa dell’avversario viene ricercata più nelle sue lacune personali che nella inefficacia e nella incongruenza delle sue proposte politiche; per questa via, si può giungere a identificare l’avversario con il male. Ma vi sono anche altre ragioni. Una di queste, identificata da Derrida a proposito degli Stati canaglia, può essere trasposta anche al leader malvagio. Il riconoscere nello Stato o nel leader canaglia il male politico, altro non è che un’opera di dissimulazione del fatto che il rischio proviene oggi da ogni luogo; esso, parafrasando Foucault, è anonimo e diffuso. Va infine rilevato come la personificazione del male politico sia figlia anche del tentativo di deresponsabilizzarsi da possibile colpe inerenti la generazione del male: il male è tutto al di fuori di me, ed essendo frutto esclusivo di un’alterità malvagia non può certo discendere da qualsivoglia azione nefasta io possa aver compiuto. Certo è che per questa via non si riescono a cogliere le reali cause che hanno prodotto il male, e non si riesce nemmeno ad elaborare efficaci strategie necessarie al suo contenimento.
La personificazione del male politico
BARBIERI, GIOVANNI
2007
Abstract
Lo sguardo interpretativo che si sofferma sul male politico è oggi contrassegnato da una forte tendenza alla personificazione del male, all’identificazione del male in un determinato personaggio, di cui, il più delle volte, vengono sottolineati gli aspetti di vicinanza con il demoniaco. A questa personificazione del male politico si è giunti, nel periodo storico che va dalla metà del Novecento agli anni odierni, attraverso vari passaggi, spesso commisti fra loro: all’epoca della guerra fredda, il male politico veniva individuato nel blocco e nell’ideologia contrapposta alla propria; successivamente, con il crollo del muro di Berlino e la disgregazione dei regimi comunisti dei paesi dell’Est, si afferma la propensione a identificarlo in alcuni Stati, definiti canaglia; infine, esso viene ad essere personificato in determinati protagonisti della scena politica mondiale, spesso a capo degli Stati canaglia. Ma quali sono le ragioni che hanno condotto oggi alla reviviscenza di categorie interpretative, quali quelle di male e bene politico o di amico e nemico, che, pur ripresentandosi più volte sotto diverse spoglie nel corso della storia, sembravano essere state ormai oltrepassate? In primo luogo non si può disconoscere che la personificazione del male politico sia una conseguenza degenerativa del più ampio processo di semplificazione e personalizzazione della politica. Grazie a tale processo, il confronto fra antagonisti politici si è andato sempre più incanalando in un confronto fra le qualità e le caratteristiche personali dell’uno e quelle dell’altro, più che fra differenti piattaforme programmatiche. L’inidoneità governativa dell’avversario viene ricercata più nelle sue lacune personali che nella inefficacia e nella incongruenza delle sue proposte politiche; per questa via, si può giungere a identificare l’avversario con il male. Ma vi sono anche altre ragioni. Una di queste, identificata da Derrida a proposito degli Stati canaglia, può essere trasposta anche al leader malvagio. Il riconoscere nello Stato o nel leader canaglia il male politico, altro non è che un’opera di dissimulazione del fatto che il rischio proviene oggi da ogni luogo; esso, parafrasando Foucault, è anonimo e diffuso. Va infine rilevato come la personificazione del male politico sia figlia anche del tentativo di deresponsabilizzarsi da possibile colpe inerenti la generazione del male: il male è tutto al di fuori di me, ed essendo frutto esclusivo di un’alterità malvagia non può certo discendere da qualsivoglia azione nefasta io possa aver compiuto. Certo è che per questa via non si riescono a cogliere le reali cause che hanno prodotto il male, e non si riesce nemmeno ad elaborare efficaci strategie necessarie al suo contenimento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.