Il saggio si ripropone di analizzare il difficile rapporto sussistente tra bene comune ed economia a causa del paradigma individualista ed egoista dell’“homo oeconomicus” su cui essa si fonda, le possibili accezioni di bene comune, l’importanza di una nozione “processuale” di bene comune al fine di non incappare nella sterile contrapposizione ideologica tra diverse concezioni (che rinvia all’apporto, per la sua costruzione, della democrazia deliberativa oltrechè rappresentativa, tramite il ricorso ad un “approccio orientato al bene comune”). Gli ingredienti fondamentali che deve avere questo particolare metodo che può consentire la costruzione collettiva di una politica di bene comune sono: attenzione multidimensionale alla singola persona; relazionalità, integrazione, condivisione degli obiettivi, concertazione tra i policy makers; sussidiarietà orizzontale, verticale e circolare; razionalità relazionale; regolazione improntata in primis al paradigma della reciprocità; possibile coesistenza di differenti principi di regolazione: scambio di mercato, reciprocità, coazione/redistribuzione; produzione di beni relazionali; possibile coesistenza tra differenti etiche: etica delle intenzioni, etica della responsabilità, etica della cura, etica delle virtù. Esaminati i requisiti caratterizzanti una politica di bene comune, il saggio dimostra che le politiche di contrasto alla povertà, specialmente quelle adottate in Italia a livello decentrato (ovvero a livello regionale e comunale) che richiedono, per la loro progettazione e riuscita, l'attivazione di un articolato network di vari attori (pubblici, privati, non profit), possono considerarsi a tutti gli effetti politiche di bene comune proprio alla luce della presenza di tali elementi. Tra le politiche di lotta alla povertà rientra anche il microcredito. L'articolo dimostra che il microcredito ideato dal Prof.M.Yunus è un esempio emblematico di politica di bene comune perchè soddisfa tuttti i requisiti reclamati da essa. Infine l'articolo cerca di dimostrare come il Prof.Yunus possa legittimamente inscriversi tra altri grandi “carismatici” che si sono impegnati nella lotta alla povertà (Chiara Lubich, S.Francesco, Madre Teresa di Calcutta), dato che egli ha tante caratteristiche di pensiero e di azione in comune con loro. I "carismatici" sono persone speciali che, illuminate dai "grandi doni" dello spirito, riescono a trovare soluzioni innovative e geniali ai grandi problemi dell'umanità. Tutti i grandi "carismatici" citati sono infatti riusciti a vedere la povertà con occhi diversi, a trasformare un problema in un'opportunità di empowerment delle persone, a fondare istituzioni innovative. Chiara Lubich ha infatti fondato l'Economia di Comunione, il Prof.Yunus ha inventato il Microcredito, Madre Teresa di Calcutta e S.Francesco hanno costituito Ordini religiosi caratterizzati da voto di povertà, ma anche impegnati nella lotta alla povertà, l'Ordine francescano ha creato i Monti di pietà. Queste nuove istituzioni non si limitano ad agire concretamente per contrastare povertà secondo schemi inconsueti, ma incarnano anche teorie economiche innovative. Il Prof.Yunus ha infatti dato cittadinanza alla categoria del lavoro autonomo nel quadro della teoria economica tradizionale ed ha rivoluzionato il modello di banca tradizionale, la Lubich ha teorizzato la possibile conciliabilità nell’impresa capitalistica di dono e profitto, gli esponenti dell’Ordine francescano che hanno fondato i primi Monti di pietà hanno riabilitato il prestito (ad un giusto interesse) come terza via tra usura ed impossibilità/condanna dell’attività creditizia; S.Francesco e Madre Teresa hanno anticipato, con la loro particolare visione dei poveri, di cui hanno percepito la “bellezza” e le potenzialità nascoste, la teoria delle “capabilites” di A.Sen.
Politiche di contrasto alla povertà come politiche di bene comune e ruolo dei grandi "carismatici" nella lotta alla povertà
MONTESI, Cristina
2011
Abstract
Il saggio si ripropone di analizzare il difficile rapporto sussistente tra bene comune ed economia a causa del paradigma individualista ed egoista dell’“homo oeconomicus” su cui essa si fonda, le possibili accezioni di bene comune, l’importanza di una nozione “processuale” di bene comune al fine di non incappare nella sterile contrapposizione ideologica tra diverse concezioni (che rinvia all’apporto, per la sua costruzione, della democrazia deliberativa oltrechè rappresentativa, tramite il ricorso ad un “approccio orientato al bene comune”). Gli ingredienti fondamentali che deve avere questo particolare metodo che può consentire la costruzione collettiva di una politica di bene comune sono: attenzione multidimensionale alla singola persona; relazionalità, integrazione, condivisione degli obiettivi, concertazione tra i policy makers; sussidiarietà orizzontale, verticale e circolare; razionalità relazionale; regolazione improntata in primis al paradigma della reciprocità; possibile coesistenza di differenti principi di regolazione: scambio di mercato, reciprocità, coazione/redistribuzione; produzione di beni relazionali; possibile coesistenza tra differenti etiche: etica delle intenzioni, etica della responsabilità, etica della cura, etica delle virtù. Esaminati i requisiti caratterizzanti una politica di bene comune, il saggio dimostra che le politiche di contrasto alla povertà, specialmente quelle adottate in Italia a livello decentrato (ovvero a livello regionale e comunale) che richiedono, per la loro progettazione e riuscita, l'attivazione di un articolato network di vari attori (pubblici, privati, non profit), possono considerarsi a tutti gli effetti politiche di bene comune proprio alla luce della presenza di tali elementi. Tra le politiche di lotta alla povertà rientra anche il microcredito. L'articolo dimostra che il microcredito ideato dal Prof.M.Yunus è un esempio emblematico di politica di bene comune perchè soddisfa tuttti i requisiti reclamati da essa. Infine l'articolo cerca di dimostrare come il Prof.Yunus possa legittimamente inscriversi tra altri grandi “carismatici” che si sono impegnati nella lotta alla povertà (Chiara Lubich, S.Francesco, Madre Teresa di Calcutta), dato che egli ha tante caratteristiche di pensiero e di azione in comune con loro. I "carismatici" sono persone speciali che, illuminate dai "grandi doni" dello spirito, riescono a trovare soluzioni innovative e geniali ai grandi problemi dell'umanità. Tutti i grandi "carismatici" citati sono infatti riusciti a vedere la povertà con occhi diversi, a trasformare un problema in un'opportunità di empowerment delle persone, a fondare istituzioni innovative. Chiara Lubich ha infatti fondato l'Economia di Comunione, il Prof.Yunus ha inventato il Microcredito, Madre Teresa di Calcutta e S.Francesco hanno costituito Ordini religiosi caratterizzati da voto di povertà, ma anche impegnati nella lotta alla povertà, l'Ordine francescano ha creato i Monti di pietà. Queste nuove istituzioni non si limitano ad agire concretamente per contrastare povertà secondo schemi inconsueti, ma incarnano anche teorie economiche innovative. Il Prof.Yunus ha infatti dato cittadinanza alla categoria del lavoro autonomo nel quadro della teoria economica tradizionale ed ha rivoluzionato il modello di banca tradizionale, la Lubich ha teorizzato la possibile conciliabilità nell’impresa capitalistica di dono e profitto, gli esponenti dell’Ordine francescano che hanno fondato i primi Monti di pietà hanno riabilitato il prestito (ad un giusto interesse) come terza via tra usura ed impossibilità/condanna dell’attività creditizia; S.Francesco e Madre Teresa hanno anticipato, con la loro particolare visione dei poveri, di cui hanno percepito la “bellezza” e le potenzialità nascoste, la teoria delle “capabilites” di A.Sen.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.