La presentazione del volume "Le politiche attive del lavoro nella prospettiva del bene comune", a cura di P.Grasselli e C.Montesi, Franco Angeli, Milano, 2010, spiega le motivazioni che hanno portato i curatori alla realizzazione di un volume proprio sul tema delle politiche attive del lavoro, seppur con una chiave di intepretazione innovativa. Si sottolinea infatti che le politiche del lavoro sono destinate ad assumere un’importanza crescente nelle società dei paesi occidentali: occorre infatti garantire l’occupazione effettiva e in ogni caso l’occupabilità delle forze di lavoro, anche assicurando la formazione richiesta dalle esigenze di competitività delle imprese sui mercati mondiali, oltreché sostegno reddituale a chi è in attesa di reinserimento lavorativo o alla ricerca di un primo o di un nuovo lavoro. Un mercato del lavoro che realizzi un’allocazione efficiente ed equa delle forze di lavoro è certamente una componente centrale della configurazione di bene comune individuabile per un certo territorio ad un certo tempo. Tra le politiche multi-obiettivo richieste in corrispondenza, le politiche attive del lavoro occupano una posizione di primo piano. La presentazione sintetizza brevemente la struttura del volume che è diviso in tre parti ed i contenuti dei saggi dei vari autori (vedi file indice allegato). Nella prima parte del volume sono riportati gli atti di un incontro di studio sulle politiche attive del lavoro che si è svolto a Perugia, il 15 maggio 2009, organizzato dalla Facoltà di Economia e dalla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Perugia, insieme all’Associazione culturale Leone XIII della Diocesi di Perugia (questa sezione include saggi di M.Moschini, M.Signorelli, M.Mezzanzanica, F.Caroleo, M.Tiraboschi e S.Spattini che, rispettivamente, ne hanno dato una lettura dal punto di vista filosofico, dell'economia del lavoro e dell'economia dei servizi, giuslavoristico). Nella seconda parte, quella più innovativa del libro, sono stati individuati, da parte dei curatori del volume, i requisiti in base ai quali un politica può essere considerata al servizio del «bene comune», tentando quindi di verificare se l’attuale configurazione giuridico-economica delle politiche attive italiane del lavoro (e, più in particolare, di quelle umbre) sia rispondente o meno a suddetti requisiti (schematicamente riassumibili in: attenzione multidimensionale alla singola persona; relazionalità, integrazione, condivisione degli obiettivi, concertazione tra i policy makers; sussidiarietà (orizzontale, verticale, circolare); razionalità relazionale; regolazione improntata in primis al paradigma della reciprocità; possibile coesistenza di differenti principi di regolazione; produzione di beni relazionali; possibile coesistenza tra differenti etiche (etica delle intenzioni, etica della responsabilità, etica della cura, etica delle virtù). Il vantaggio di un'analisi delle politiche attive del lavoro in chiave di bene comune può essere duplice. Infatti, sia i problemi strutturali del mercato del lavoro italiano (ed umbro) sia le criticità che emergono dalla valutazione delle politiche attive del lavoro richiedono interventi correttivi che appaiono in linea proprio con i presupposti attribuibili ad un approccio orientato al bene comune. Questo significa integrare sapientemente ammortizzatori sociali riformati (per dare, nelle fasi di criticità, sostegno al reddito anche a fini di riqualificazione) e politiche attive del lavoro (con servizi all’impiego personalizzati, sessuati, certificati ed erogati secondo un modello a rete, con una molteplicità di attori, pubblici e privati, operanti in regime di autonomia e competizione così da garantire un pluralismo di offerta), assegnando opportunamente i ruoli rispettivi ai diversi livelli di governo ed alle parti sociali, esercitando cioè sussidiarietà verticale ed orizzontale correttamente intese, tanto più che in Italia si registra la presenza di marcate differenziazioni territoriali nella produzione dei servizi all’impiego, il persistere dei divari regionali e l’inadeguatezza delle politiche attive al superamento di squilibri strutturali. Significa anche far interagire in modo sistemico sistemi scolastici, formativi, di orientamento e mondo del lavoro per fronteggiare il problema della difficile transizione tra fase formativa (scuola/università) e lavoro; significa avere una conoscenza più approfondita della realtà dei processi formativi ed occupazionali, anche attraverso una migliore disponibilità di dati longitudinali relativi ai percorsi individuali (formativi, lavorativi e retributivi) producendo statistiche di tipo sia strutturale che di cambiamento; significa coltivare un approccio integrato tra politiche per l’occupazione e politiche di welfare (formazione, lavoro, relazioni industriali, servizi sociali e di cura). Inoltre, assumere coscientemente la prospettiva del bene comune con riferimento al mercato del lavoro (che dovrebbe diventare, per tale motivo, a maggior ragione più efficiente ed equo) può essere altrettanto importante in quanto favorisce l’acquisizione della consapevolezza del comune beneficio che ne deriva ai cittadini, nonché dello spessore etico richiesto in corrispondenza. Di qui il titolo del libro che tenta innovativamente di coniugare etica e politiche attive del lavoro. Nella terza parte il libro illustra il punto di vista di alcuni operatori locali (concretamente impegnati nella progettazione e/o attuazione delle politiche attive del lavoro) sulle attuali problematiche di dette politiche, sui progressi già conseguiti e sui miglioramenti da adottare, sui promettenti sviluppi dell’adozione di una prospettiva del bene comune in tal campo: si tratta della Provincia di Perugia (saggio di A.Bei), del sindacato (saggio di U.Sbarra), delle Associazioni di Categoria (saggio di A.Campanile), del Centro di Formazione imprenditoriale della Camera di Commercio di Perugia (saggio di T.Muzi), del patronato (saggio di V.Menna). Il punto di vista teorico-normativo sulle politiche attive del lavoro nella prospettiva del bene comune della seconda parte del libro si salda così con quello pragmatico-positivo della terza parte del volume prefigurandone la concreta conciliabilità e realizzabilità.

Presentazione

MONTESI, Cristina;GRASSELLI, Pierluigi Maria
2010

Abstract

La presentazione del volume "Le politiche attive del lavoro nella prospettiva del bene comune", a cura di P.Grasselli e C.Montesi, Franco Angeli, Milano, 2010, spiega le motivazioni che hanno portato i curatori alla realizzazione di un volume proprio sul tema delle politiche attive del lavoro, seppur con una chiave di intepretazione innovativa. Si sottolinea infatti che le politiche del lavoro sono destinate ad assumere un’importanza crescente nelle società dei paesi occidentali: occorre infatti garantire l’occupazione effettiva e in ogni caso l’occupabilità delle forze di lavoro, anche assicurando la formazione richiesta dalle esigenze di competitività delle imprese sui mercati mondiali, oltreché sostegno reddituale a chi è in attesa di reinserimento lavorativo o alla ricerca di un primo o di un nuovo lavoro. Un mercato del lavoro che realizzi un’allocazione efficiente ed equa delle forze di lavoro è certamente una componente centrale della configurazione di bene comune individuabile per un certo territorio ad un certo tempo. Tra le politiche multi-obiettivo richieste in corrispondenza, le politiche attive del lavoro occupano una posizione di primo piano. La presentazione sintetizza brevemente la struttura del volume che è diviso in tre parti ed i contenuti dei saggi dei vari autori (vedi file indice allegato). Nella prima parte del volume sono riportati gli atti di un incontro di studio sulle politiche attive del lavoro che si è svolto a Perugia, il 15 maggio 2009, organizzato dalla Facoltà di Economia e dalla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Perugia, insieme all’Associazione culturale Leone XIII della Diocesi di Perugia (questa sezione include saggi di M.Moschini, M.Signorelli, M.Mezzanzanica, F.Caroleo, M.Tiraboschi e S.Spattini che, rispettivamente, ne hanno dato una lettura dal punto di vista filosofico, dell'economia del lavoro e dell'economia dei servizi, giuslavoristico). Nella seconda parte, quella più innovativa del libro, sono stati individuati, da parte dei curatori del volume, i requisiti in base ai quali un politica può essere considerata al servizio del «bene comune», tentando quindi di verificare se l’attuale configurazione giuridico-economica delle politiche attive italiane del lavoro (e, più in particolare, di quelle umbre) sia rispondente o meno a suddetti requisiti (schematicamente riassumibili in: attenzione multidimensionale alla singola persona; relazionalità, integrazione, condivisione degli obiettivi, concertazione tra i policy makers; sussidiarietà (orizzontale, verticale, circolare); razionalità relazionale; regolazione improntata in primis al paradigma della reciprocità; possibile coesistenza di differenti principi di regolazione; produzione di beni relazionali; possibile coesistenza tra differenti etiche (etica delle intenzioni, etica della responsabilità, etica della cura, etica delle virtù). Il vantaggio di un'analisi delle politiche attive del lavoro in chiave di bene comune può essere duplice. Infatti, sia i problemi strutturali del mercato del lavoro italiano (ed umbro) sia le criticità che emergono dalla valutazione delle politiche attive del lavoro richiedono interventi correttivi che appaiono in linea proprio con i presupposti attribuibili ad un approccio orientato al bene comune. Questo significa integrare sapientemente ammortizzatori sociali riformati (per dare, nelle fasi di criticità, sostegno al reddito anche a fini di riqualificazione) e politiche attive del lavoro (con servizi all’impiego personalizzati, sessuati, certificati ed erogati secondo un modello a rete, con una molteplicità di attori, pubblici e privati, operanti in regime di autonomia e competizione così da garantire un pluralismo di offerta), assegnando opportunamente i ruoli rispettivi ai diversi livelli di governo ed alle parti sociali, esercitando cioè sussidiarietà verticale ed orizzontale correttamente intese, tanto più che in Italia si registra la presenza di marcate differenziazioni territoriali nella produzione dei servizi all’impiego, il persistere dei divari regionali e l’inadeguatezza delle politiche attive al superamento di squilibri strutturali. Significa anche far interagire in modo sistemico sistemi scolastici, formativi, di orientamento e mondo del lavoro per fronteggiare il problema della difficile transizione tra fase formativa (scuola/università) e lavoro; significa avere una conoscenza più approfondita della realtà dei processi formativi ed occupazionali, anche attraverso una migliore disponibilità di dati longitudinali relativi ai percorsi individuali (formativi, lavorativi e retributivi) producendo statistiche di tipo sia strutturale che di cambiamento; significa coltivare un approccio integrato tra politiche per l’occupazione e politiche di welfare (formazione, lavoro, relazioni industriali, servizi sociali e di cura). Inoltre, assumere coscientemente la prospettiva del bene comune con riferimento al mercato del lavoro (che dovrebbe diventare, per tale motivo, a maggior ragione più efficiente ed equo) può essere altrettanto importante in quanto favorisce l’acquisizione della consapevolezza del comune beneficio che ne deriva ai cittadini, nonché dello spessore etico richiesto in corrispondenza. Di qui il titolo del libro che tenta innovativamente di coniugare etica e politiche attive del lavoro. Nella terza parte il libro illustra il punto di vista di alcuni operatori locali (concretamente impegnati nella progettazione e/o attuazione delle politiche attive del lavoro) sulle attuali problematiche di dette politiche, sui progressi già conseguiti e sui miglioramenti da adottare, sui promettenti sviluppi dell’adozione di una prospettiva del bene comune in tal campo: si tratta della Provincia di Perugia (saggio di A.Bei), del sindacato (saggio di U.Sbarra), delle Associazioni di Categoria (saggio di A.Campanile), del Centro di Formazione imprenditoriale della Camera di Commercio di Perugia (saggio di T.Muzi), del patronato (saggio di V.Menna). Il punto di vista teorico-normativo sulle politiche attive del lavoro nella prospettiva del bene comune della seconda parte del libro si salda così con quello pragmatico-positivo della terza parte del volume prefigurandone la concreta conciliabilità e realizzabilità.
2010
9788856822847
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/43845
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