Se confrontiamo la città contemporanea con il modello di città tramandatoci dalla storia emerge che la civiltà post-industriale ha sostituito le linee sicure del tessuto urbano con le discontinuità, le dislocazioni, le smagliature degli inurbamenti periferici, diventando quasi un oggetto frattale proiettato alla conquista della sua dismisura. Il territorio, disseminato di costruzioni al di fuori di ogni logica urbanistica, si è trasformato in una sorta di nuovo strato geologico in grado di occupare l'angolo più remoto della crosta terrestre. Provando ad Interpretare la realtà urbana come luogo predisposto alla comunicazione in grado di offrire qualsiasi servizio indipendentemente dalla sua localizzazione, emerge un mutamento nel rapporto utente-servizio-spazio, ma soprattutto un disarmante frastornamento di chi vorrebbe ricercare le leggi che governano lo sviluppo urbano. Se partiamo dal presupposto che conoscere un luogo significa leggere la realtà e rivelare ciò che in essa non è direttamente percepibile (scoprirne il significato ed estrarre dallo spazio quegli elementi necessari alla sua interpretazione), allora il tentativo di conoscere il discontinuo diventa un problema di difficile soluzione soprattutto quando entrano in gioco variabili di crescita dinamiche: la città perde il suo ruolo e diventa nodo di connessione all’interno di una inestricabile rete interplanetaria. L’aspetto inconoscibile (quindi non rappresentabile) per l’interpretazione della realtà nasce dalla sostituzione della linea con la rete, o meglio con il labirinto. Un primo limite interpretativo della città-labirinto è forse la scomparsa degli spazi pubblici esterni; fenomeno che ha generato la fine degli spazi dell’attraversamento: le vie, le strade, le piazze perdendo la loro funzione di connessione e di narrazione, danno vita a vuoti neutri senza qualità e denominazione. Ci si sposta da un recinto ad un altro connettendosi ad isole, a nodi di una rete fatta da tanti interni (centri commerciali, stazioni, aeroporti) che sintetizzano malamente una spazialità urbana perduta. E in questo senso che nasce un sistema territoriale con una struttura interna complessa, di ordine superiore, propria di un sistema naturale biologico, difficile da rappresentare poiché discontinuo e non lineare. Allora il compito del ricercatore diventa quello di reinterpretare il ruolo degli spazi pubblici e di cercare nuove forme di integrazione tra infrastruttura ed urbanistica.
Il disegno della città irrisolta
BIANCONI, Fabio
2001
Abstract
Se confrontiamo la città contemporanea con il modello di città tramandatoci dalla storia emerge che la civiltà post-industriale ha sostituito le linee sicure del tessuto urbano con le discontinuità, le dislocazioni, le smagliature degli inurbamenti periferici, diventando quasi un oggetto frattale proiettato alla conquista della sua dismisura. Il territorio, disseminato di costruzioni al di fuori di ogni logica urbanistica, si è trasformato in una sorta di nuovo strato geologico in grado di occupare l'angolo più remoto della crosta terrestre. Provando ad Interpretare la realtà urbana come luogo predisposto alla comunicazione in grado di offrire qualsiasi servizio indipendentemente dalla sua localizzazione, emerge un mutamento nel rapporto utente-servizio-spazio, ma soprattutto un disarmante frastornamento di chi vorrebbe ricercare le leggi che governano lo sviluppo urbano. Se partiamo dal presupposto che conoscere un luogo significa leggere la realtà e rivelare ciò che in essa non è direttamente percepibile (scoprirne il significato ed estrarre dallo spazio quegli elementi necessari alla sua interpretazione), allora il tentativo di conoscere il discontinuo diventa un problema di difficile soluzione soprattutto quando entrano in gioco variabili di crescita dinamiche: la città perde il suo ruolo e diventa nodo di connessione all’interno di una inestricabile rete interplanetaria. L’aspetto inconoscibile (quindi non rappresentabile) per l’interpretazione della realtà nasce dalla sostituzione della linea con la rete, o meglio con il labirinto. Un primo limite interpretativo della città-labirinto è forse la scomparsa degli spazi pubblici esterni; fenomeno che ha generato la fine degli spazi dell’attraversamento: le vie, le strade, le piazze perdendo la loro funzione di connessione e di narrazione, danno vita a vuoti neutri senza qualità e denominazione. Ci si sposta da un recinto ad un altro connettendosi ad isole, a nodi di una rete fatta da tanti interni (centri commerciali, stazioni, aeroporti) che sintetizzano malamente una spazialità urbana perduta. E in questo senso che nasce un sistema territoriale con una struttura interna complessa, di ordine superiore, propria di un sistema naturale biologico, difficile da rappresentare poiché discontinuo e non lineare. Allora il compito del ricercatore diventa quello di reinterpretare il ruolo degli spazi pubblici e di cercare nuove forme di integrazione tra infrastruttura ed urbanistica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.