Il nonluogo è il contrario del luogo, uno spazio in cui colui che lo attraversa non può leggere nulla, né della sua identità, né dei suoi rapporti con gli altri … … un paesaggio perduto tra un passato senza traccia e un futuro senza forma. Guardando la città contemporanea vediamo che negli ultimi cinquant’anni si è venuto a creare uno stato involontario nel quale l’edilizia dilagante, l’abusivismo, le infrastrutture hanno occupato con inurbamenti sconfinati il territorio occupabile, annullando il modello di urbs e di civitas tramandatici dalla storia. La civiltà post-industriale ha sostituito le linee sicure della città moderna con discontinuità, dislocazioni, smagliature, linee spezzate, diventando un oggetto frattale che, proiettato alla conquista della sua dismisura, innesca il fenomeno della diffusione edilizia. E il territorio, al di fuori di ogni logica urbanistica, si trasforma in una sorta di nuovo strato geologico segnando l’inizio dell’era urbana. L’aspetto inconoscibile (quindi non rappresentabile), di ciò che ci circonda è tuttavia una situazione reversibile, forse ciò che è venuto a mancare sono proprio quegli elementi cardine che ci permettevano, un tempo, di interpretare la realtà e quindi di intervenire attivamente su di essa; si è venuto a sostituire alla logica della linea quella della rete, o meglio del labirinto. Un primo limite interpretativo della città-labirinto è forse la scomparsa degli spazi pubblici esterni; fenomeno che ha generato la fine degli spazi dell’attraversamento: le vie, le strade, le piazze perdendo la loro funzione di connessione e di narrazione danno vita a vuoti neutri senza qualità e denominazione.
I segni dell’estraneità
BIANCONI, Fabio
2000
Abstract
Il nonluogo è il contrario del luogo, uno spazio in cui colui che lo attraversa non può leggere nulla, né della sua identità, né dei suoi rapporti con gli altri … … un paesaggio perduto tra un passato senza traccia e un futuro senza forma. Guardando la città contemporanea vediamo che negli ultimi cinquant’anni si è venuto a creare uno stato involontario nel quale l’edilizia dilagante, l’abusivismo, le infrastrutture hanno occupato con inurbamenti sconfinati il territorio occupabile, annullando il modello di urbs e di civitas tramandatici dalla storia. La civiltà post-industriale ha sostituito le linee sicure della città moderna con discontinuità, dislocazioni, smagliature, linee spezzate, diventando un oggetto frattale che, proiettato alla conquista della sua dismisura, innesca il fenomeno della diffusione edilizia. E il territorio, al di fuori di ogni logica urbanistica, si trasforma in una sorta di nuovo strato geologico segnando l’inizio dell’era urbana. L’aspetto inconoscibile (quindi non rappresentabile), di ciò che ci circonda è tuttavia una situazione reversibile, forse ciò che è venuto a mancare sono proprio quegli elementi cardine che ci permettevano, un tempo, di interpretare la realtà e quindi di intervenire attivamente su di essa; si è venuto a sostituire alla logica della linea quella della rete, o meglio del labirinto. Un primo limite interpretativo della città-labirinto è forse la scomparsa degli spazi pubblici esterni; fenomeno che ha generato la fine degli spazi dell’attraversamento: le vie, le strade, le piazze perdendo la loro funzione di connessione e di narrazione danno vita a vuoti neutri senza qualità e denominazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.