«Sapete vedere solo l’uomo nelle mani del diavolo, mentre io vedo come vi è caduto; la causa del male è, secondo voi, la natura corrotta; ma questa stessa corruzione è un male di cui è necessario ricercare la causa. L’uomo fu creato buono: ne conveniamo, credo, entrambi [...]. Ma voi dite che egli è cattivo perche è stato cattivo, mentre io mostro le ragioni per cui ha potuto essere tale. Chi di noi due [...] risale più correttamente al principio?». Così Rousseau risponde all’arcivescovo di Parigi, Christophe de Beaumont, che lo aveva raggiunto con il suo mandement di condanna dell’Emilio, datato 20 agosto 1762, mentre Jean-Jacques era in fuga a Môtiers per sfuggire all’arresto. Tra i motivi che rendevano il libro inaccettabile per la Chiesa c’è l’interpretazione dell’origine del male, che Rousseau formula, come mostra il passo riportato, prendendo le distanze dal dogma del peccato originale. Già anni prima, ribattendo alle critiche di Charles Bordes al suo Discorso sulle scienze e sulle arti, Rousseau aveva scritto: «Ho visto il male e ho cercato di trovarne le cause». In questa ricerca, che prende le distanze dal dogma cristiano così come da tutti gli altri precedenti tentativi di risolvere il problema, Rousseau ha impegnato l’intera sua riflessione e si può dire, senza esagerare, che intorno a essa si dispone, come un filo rosso, tutta la biografia intellettuale del ginevrino. Non solo la filosofia ne viene coinvolta, ma l’esistenza stessa di Jean-Jacques, e stanno a dimostrarlo gli scritti autobiografici, dalle Confessioni ai Dialoghi alle Fantasticherie del camminatore solitario. Questo libro cerca di seguire, nell’intero arco della produzione di Rousseau, il dipanarsi di un tema sul quale nel ‘700 si è intessuto un fitto e articolato confronto, che ha trovato un importante punto di condensazione in occasione del terremoto di Lisbona, tragicamente abbattutosi sulla città il giorno di Ognissanti del 1755. Da tale confronto provengono interrogativi che ancora provocano e stimolano quella parte della filosofia che non ha rinunciato a pensare le questioni ultime della condizione umana.

Rousseau: il male e la politica

GATTI, Roberto
2012

Abstract

«Sapete vedere solo l’uomo nelle mani del diavolo, mentre io vedo come vi è caduto; la causa del male è, secondo voi, la natura corrotta; ma questa stessa corruzione è un male di cui è necessario ricercare la causa. L’uomo fu creato buono: ne conveniamo, credo, entrambi [...]. Ma voi dite che egli è cattivo perche è stato cattivo, mentre io mostro le ragioni per cui ha potuto essere tale. Chi di noi due [...] risale più correttamente al principio?». Così Rousseau risponde all’arcivescovo di Parigi, Christophe de Beaumont, che lo aveva raggiunto con il suo mandement di condanna dell’Emilio, datato 20 agosto 1762, mentre Jean-Jacques era in fuga a Môtiers per sfuggire all’arresto. Tra i motivi che rendevano il libro inaccettabile per la Chiesa c’è l’interpretazione dell’origine del male, che Rousseau formula, come mostra il passo riportato, prendendo le distanze dal dogma del peccato originale. Già anni prima, ribattendo alle critiche di Charles Bordes al suo Discorso sulle scienze e sulle arti, Rousseau aveva scritto: «Ho visto il male e ho cercato di trovarne le cause». In questa ricerca, che prende le distanze dal dogma cristiano così come da tutti gli altri precedenti tentativi di risolvere il problema, Rousseau ha impegnato l’intera sua riflessione e si può dire, senza esagerare, che intorno a essa si dispone, come un filo rosso, tutta la biografia intellettuale del ginevrino. Non solo la filosofia ne viene coinvolta, ma l’esistenza stessa di Jean-Jacques, e stanno a dimostrarlo gli scritti autobiografici, dalle Confessioni ai Dialoghi alle Fantasticherie del camminatore solitario. Questo libro cerca di seguire, nell’intero arco della produzione di Rousseau, il dipanarsi di un tema sul quale nel ‘700 si è intessuto un fitto e articolato confronto, che ha trovato un importante punto di condensazione in occasione del terremoto di Lisbona, tragicamente abbattutosi sulla città il giorno di Ognissanti del 1755. Da tale confronto provengono interrogativi che ancora provocano e stimolano quella parte della filosofia che non ha rinunciato a pensare le questioni ultime della condizione umana.
2012
9788838241598
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/914492
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