Secondo una tradizione di studi largamente consolidata, le misure prese da Graziano contro il paganesimo nel 382 avrebbero segnato una tappa decisiva verso la delegittimazione dei culti urbici: egli avrebbe rifiutato il titolo di pontifex maximus; fatto rimuovere l’altare della Vittoria dalla curia del senato; bloccato i finanziamenti per i sacrifici pubblici; abrogate le immunità fiscali per le Vestali e per gli altri collegi sacerdotali romani; confiscati i fundi dei templi. Associando gesti di portata ideale con più concrete misure di tipo legislativo, quel giovane principe avrebbe minato dalle fondamenta il sistema religioso di Roma antica. I suoi interventi in campo religioso, infatti, sono parsi aprire la via allo stadio finale di un’evoluzione che era stata avviata dalla conversione di Costantino e si sarebbe conclusa con la proclamazione del cristianesimo niceno unica religio licita di tutto l’Impero romano ad opera di Teodosio I. Tali provvedimenti sono noti essenzialmente dalla Relatio III di Quinto Aurelio Simmaco e dalle Epistulae 72 e 73 di Ambrogio di Milano, che la tradizione storiografica conosce come parte della questione de ara Victoriae. Questo contributo esamina questi ed altri testi, discutendo la natura degli interventi grazianei ivi descritti. Per fare soltanto alcuni esempi, fra le disposizioni prese da Graziano nel 382 si annovera di solito anche una generale confisca dei fundi templorum, perché una costituzione del 415 sembra offrire riscontri ad alcuni passi della Relatio III Simmaco e delle lettere di Ambrogio con quella connesse. Benché non sia affatto certo che la costituzione di Graziano richiamata in quella del 415 coincida con le misure del 382, si è sostenuto che queste ultime disposero la confisca dei templi tout court, templi che pertanto, d’allora in poi, andarono in rovina. Allo stesso modo, l’annullamento dei privilegi fiscali e delle sovvenzioni imperiali è presentato come una misura che riguardò “i sacerdoti romani, fra cui le Vestali”, con una inversione nell’ordine dei soggetti presente in Ambrogio, ma non in Simmaco, il quale parla non di sacerdotes, bensì di virgines Vestales et ministri. L’analisi condotta nel saggio porta a concludere che i provvedimenti di Graziano non furono diretti – come generalmente creduto – contro tutti i sacerdozi pagani di Roma, né provocarono la requisizione di tutti i fundi templorum, bensì ordinarono di nuovo la rimozione dell’altare dalla curia del senato e riguardarono alcuni privilegi propri delle Vestali, come lo stipendium, l’esenzione dai munera, le annonae e il diritto di quel collegio di ereditare agri in futuro. In tale ottica, le disposizioni di Graziano, lungi dal provare che il paganesimo ufficiale era morente, appaiono viceversa una testimonianza delle tensioni suscitate a Roma dal confronto tra gruppi ancora pagani e i nuovi funzionari cristiani. Nel 382, il prefetto urbano di Roma era Anicius Auchenius Bassus, proprio la persona giusta per farsi carico presso l’imperatore cristiano delle lamentele dii quanti volevano arginare gli effetti economici che un’accesa devozione verso il culto di Vesta ancora provocava in termini di lasciti e donazioni di grandi proprietà immobiliari.

Christian Emperor, Vestal Virgins, and Priestly Colleges: Reconsidering the End of Roman Paganism

LIZZI, Rita
2007

Abstract

Secondo una tradizione di studi largamente consolidata, le misure prese da Graziano contro il paganesimo nel 382 avrebbero segnato una tappa decisiva verso la delegittimazione dei culti urbici: egli avrebbe rifiutato il titolo di pontifex maximus; fatto rimuovere l’altare della Vittoria dalla curia del senato; bloccato i finanziamenti per i sacrifici pubblici; abrogate le immunità fiscali per le Vestali e per gli altri collegi sacerdotali romani; confiscati i fundi dei templi. Associando gesti di portata ideale con più concrete misure di tipo legislativo, quel giovane principe avrebbe minato dalle fondamenta il sistema religioso di Roma antica. I suoi interventi in campo religioso, infatti, sono parsi aprire la via allo stadio finale di un’evoluzione che era stata avviata dalla conversione di Costantino e si sarebbe conclusa con la proclamazione del cristianesimo niceno unica religio licita di tutto l’Impero romano ad opera di Teodosio I. Tali provvedimenti sono noti essenzialmente dalla Relatio III di Quinto Aurelio Simmaco e dalle Epistulae 72 e 73 di Ambrogio di Milano, che la tradizione storiografica conosce come parte della questione de ara Victoriae. Questo contributo esamina questi ed altri testi, discutendo la natura degli interventi grazianei ivi descritti. Per fare soltanto alcuni esempi, fra le disposizioni prese da Graziano nel 382 si annovera di solito anche una generale confisca dei fundi templorum, perché una costituzione del 415 sembra offrire riscontri ad alcuni passi della Relatio III Simmaco e delle lettere di Ambrogio con quella connesse. Benché non sia affatto certo che la costituzione di Graziano richiamata in quella del 415 coincida con le misure del 382, si è sostenuto che queste ultime disposero la confisca dei templi tout court, templi che pertanto, d’allora in poi, andarono in rovina. Allo stesso modo, l’annullamento dei privilegi fiscali e delle sovvenzioni imperiali è presentato come una misura che riguardò “i sacerdoti romani, fra cui le Vestali”, con una inversione nell’ordine dei soggetti presente in Ambrogio, ma non in Simmaco, il quale parla non di sacerdotes, bensì di virgines Vestales et ministri. L’analisi condotta nel saggio porta a concludere che i provvedimenti di Graziano non furono diretti – come generalmente creduto – contro tutti i sacerdozi pagani di Roma, né provocarono la requisizione di tutti i fundi templorum, bensì ordinarono di nuovo la rimozione dell’altare dalla curia del senato e riguardarono alcuni privilegi propri delle Vestali, come lo stipendium, l’esenzione dai munera, le annonae e il diritto di quel collegio di ereditare agri in futuro. In tale ottica, le disposizioni di Graziano, lungi dal provare che il paganesimo ufficiale era morente, appaiono viceversa una testimonianza delle tensioni suscitate a Roma dal confronto tra gruppi ancora pagani e i nuovi funzionari cristiani. Nel 382, il prefetto urbano di Roma era Anicius Auchenius Bassus, proprio la persona giusta per farsi carico presso l’imperatore cristiano delle lamentele dii quanti volevano arginare gli effetti economici che un’accesa devozione verso il culto di Vesta ancora provocava in termini di lasciti e donazioni di grandi proprietà immobiliari.
2007
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/110515
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